Ci vorrebbe uno Sblocca-Renzi

ROMA – Ci spiace per lui, ma Matteo Renzi sta diventando un caso da studiare. Il titolo potrebbe essere: “Come convincere un intero Paese, ottenere un risultato strabiliante e suicidarsi”. Perché questa, a grandi linee, è la sua parabola: arrivato al governo con una manovra di palazzo degna del miglior Andreotti, ha promesso di tutto e di più (una riforma al mese, gli 80 euro in più in busta paga per chi percepisce fino a 1500 euro netti al mese, una ripresa immediata dell’Italia, un cambio di direzione in Europa e mille altri provvedimenti, con risultati che, al momento, oscillano fra il poco e il niente), ha stravinto le Europee grazie ai famosi 80 euro e si è proposto come il salvatore della Patria.

Poi è arrivata l’estate e il nostro, invece di percorrere l’unica strada davvero sensata, ossia accantonare i toni e i modi da campagna elettorale, smetterla di fare propaganda, lasciar perdere il qualunquismo alla Guglielmo Giannini (o, per essere attuali, alla Beppe Grillo) e cominciare davvero a governare un Paese allo stremo, ha continuato imperterrito lungo la stessa strada, non rendendosi evidentemente conto del fatto che il clima elettorale va bene per qualche settimana ma poi stufa e, se alle promesse non seguono i fatti, anche un capitale di fiducia come quello che ha accumulato può sfiorire nell’arco di pochi mesi.

Prendiamo, ad esempio, l’ultima settimana. In pochi giorni, il nostro eroe ha annunciato, in sequenza: una riforma rivoluzionaria della scuola (per ora, siamo alle linee guida e alla solita consultazione telematica cui, ne siamo certi, parteciperà una percentuale di persone davvero troppo esigua per avere un qualche peso e un qualche significato), una riforma globale dello Statuto dei lavoratori e del mondo del lavoro (e anche qui, per ora, non si è visto nulla), una riforma complessiva della giustizia (qualcosa si è visto, ma davvero troppo poco), lo Sblocca-Italia (troppo esile per rilanciare l’economia e l’industria di un Paese che, negli ultimi anni, ha subito una desertificazione industriale e un crollo verticale del PIL di 9 punti percentuali), una riforma dell’agricoltura (la attendiamo con ansia) e il piano per i prossimi mille giorni (con molti opinionisti e commentatori che gli hanno fatto saggiamente notare che il Paese non può aspettare più di tre-quattro mesi, non tre anni) con il sito “Passo dopo passo” che riprende il testo di una bella canzone scout ma non risponde alle innumerevoli domande che un po’ tutte le categorie hanno cominciato a porgli incessamente, nel disperato tentativo di capire dove questo giovane e abile politico voglia condurre la Nazione.

Illuminante, a tal proposito, l’intervista che gli ha realizzato ieri il direttore de “Il Sole 24 Ore”, Roberto Napoletano: un testo a metà fra lo scetticismo e l’irrisione, con un insieme di domande sempre più dure e incalzanti, in una sorta di climax ascendente che la dice lunga sull’impazienza e il senso di sfiducia che da tempo pervade un ambiente che pure aveva scommesso molto su un personaggio che si era posto come un innovatore, ricco di entusiasmo e passione civile.

E illuminanti sono anche gli editoriali che si leggono da giorni sui principali quotidiani italiani, a cominciare da quelli di area confindustriale, dove le bocciature e gli sberleffi fioccano come la neve d’inverno sulle Dolomiti e gli interrogativi divengono, giorno dopo giorno, sempre più pesanti, arrivando addirittura a lambire un tema che nessuno, finora, aveva mai osato sottolineare: ma Matteo Renzi è adatto a governare? Se lo è chiesto Lucia Annunziata su “L’Huffington Post” ed è stata subito attaccata dai pasdaran renziani, iperattivi sui social network e, ci spiace dirlo, assai poco inclini al dialogo e al confronto con chiunque osi muovere al loro idolo la benché minima critica o anche solo esprimere un punto di vista diverso.

Poi c’è la scuola, e anche qui dal premier sono giunti annunci mirabolanti, molti dei quali pienamente condivisibili: il punto è capire dove Renzi intenda andare a prendere le risorse per trasformare le promesse, le slides e le proposte in riforme concrete, tangibili e in grado di alleviare le sofferenze di un settore da anni sottoposto ad un autentico massacro, fra tagli lineari, insulti, offese, umiliazioni e una considerazione, da parte dei governi Berlusconi e Monti, prossima allo zero. 

Perché vanno bene le assunzioni, vanno bene le scuole aperte tutte il giorno e utilizzate come presidi sociali, soprattutto nei quartieri più disagiati e privi di punti d’incontro e possibilità d’aggregazione, va benissimo il merito, anche se vorremmo capire chi, come e quando dovrebbe stabilirlo e quali premi dovrebbero essere elargiti ai docenti “meritevoli”, va bene anche il rapporto sinergico fra scuola e lavoro, va bene tutto ma non abbiamo ancora capito con quali soldi Renzi pensi di attuare questa riforma. Non a caso, ci permettiamo di far notare con una punta di malizia, la fase attuativa del provvedimento è stata rimandata all’anno prossimo, sperando che il PIL torni in positivo, che riparta la crescita, che cali la disoccupazione, che lo spread scenda sotto quota cento e che gli investitori internazionali tornino a credere in un Paese del quale, finora, hanno avuto i loro ottimi motivi per non fidarsi.

Naturalmente, ce lo auguriamo tutti ma ci permettiamo di far presente al ragazzo di Rignano che tutte queste cose non avvengono per miracolo: dipendono da lui e dal suo coraggio nel portare avanti un’azione di governo che, in questi primi mesi, definire stentata è farle un complimento. E, ovviamente, dipendono anche dal coraggio che avrà nell’intervenire sulle vere piaghe che affliggono il nostro Paese, ossia corruzione ed evasione fiscale, senza andare a taglieggiare ulteriormente pensionati e ceto medio, altrimenti più che di Legge di Stabilità si dovrebbe parlare di una vera e propria carneficina sociale dalle conseguenze imponderabili.

Infine, non sarebbe male se il Premier più giovane della storia facesse sua la battaglia dei noti “gufi” Fassina e D’Attorre che, giustamente, hanno presentato alla Camera un emendamento per eliminare quella follia del pareggio di bilancio dalla Costituzione e ripristinare la formula originaria dell’articolo 81, chiudendo definitivamente la stagione del liberismo imperante di cui Mario Monti è stato l’emblema e l’interprete più convinto.

In poche parole, ci vorrebbe uno Sblocca-Renzi: un’iniezione di energia nei confronti di un personaggio che – per utilizzare una sua celebre espressione – pare avere le pile leggermente scariche, come se fosse prossimo al “game over”.

Sa, Presidente, noi noti disfattisti, che varie volte le abbiamo chiesto di fornirci un programma credibile oppure di dimettersi, abbiamo a cuore quanto e più di lei le sorti della Nazione e saremmo pronti a riporre in un cassetto la nostra scarsa simpatia nei suoi confronti se solo lei avesse l’ardimento, tanto per dirne una, di sforare il vincolo del 3 per cento ed estendere i famosi 80 euro a pensionati e incapienti. Se invece dovesse andare avanti per la sua strada, dritto come un treno come ha fatto finora, ci permettiamo solo di informarla che, al termine della strada, non c’è la Terra promessa ma un burrone e che le schiere di “laudatores” che oggi la acclamano anche quando dice “buongiorno” sarebbero i primi a sguainare il pugnale come tanti epigoni di Bruto. 

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