Italicum. L’inquietante lettera di Renzi

ROMA – Davvero fantasiosa e preoccupante la lettera del Presidente del Consiglio e Segretario del Pd ai coordinatori di circolo del Pd: interpreta la discussione e la dialettica sulle regole del gioco come questione interna al Pd, di disciplina di partito, mentre è, come dovrebbe essere evidente, questione dell’insieme del parlamento e relativa all’autonomia di ciascun parlamentare.

Tra l’altro, la disciplina di partito non era così rilevante nell’aprile del 2013, in occasione dell’elezione del Presidente della Repubblica, quando il Presidente del Consiglio fece attivamente e efficacemente campagna elettorale sui parlamentari del Pd per ostacolare l’elezione di Franco Marini, candidatura approvata dalla maggioranza dei gruppi parlamentari del Pd.  

Il segretario richiama le primarie dell’ultimo congresso del Pd, i 2 milioni di voti da lui ricevuti, come fonte di legittimazione “interna” dell’Italicum. Dimentica di ricordare che ciascun parlamentare del Pd è stato eletto su un programma elettorale, votato da 8,5 milioni di persone, che prevedeva il superamento dei parlamentari nominati che invece sono, grazie alla revisione del Senato, la totalità dei senatori e, grazie all’Italicum, una netta maggioranza dei deputati, soluzione aggravata dal collegio unico nazionale per la distribuzione dei seggi e dalle candidature multiple di capilista bloccati. Dimentica, inoltre, di ricordare che ciascun parlamentare del Pd è stato eletto su un programma elettorale, votato da 8,5 milioni di persone, che prevedeva il rilancio della centralità del parlamento, non la sua marginalizzazione con un presidenzialismo di fatto, privo delle garanzie democratiche fondamentali, in quanto la minoranza elettorale che ottiene il premio di maggioranza determina la scelta del Presidente della Repubblica e nomina i giudici della Corte Costituzionale di competenza parlamentare. Dimentica, infine, che è incompatibile con il Dna del Pd l’approvazione delle regole del gioco con il voto di fiducia i cui due precedenti nella storia italiana sono particolarmente inquietanti (la Legge Acerbo durante il fascismo e la Legge Truffa nel 1953).

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