Brexit, si rischia l’effetto domino e il ritorno al passato

ROMA – Ieri al referendum consultivo, in cui i cittadini del Regno Unito erano chiamati a pronunciarsi sulla Brexit, ha vinto il “Leave”, aprendo a scenari preoccupanti per il futuro stesso del Paese e dell’Europa tutta.

I dati diffusi dai quotidiani nazionali britannici mostrano l’evidenza di una distinzione generazionale del voto: la maggior parte delle circoscrizioni in cui il voto si è indirizzato con percentuali superiori al 50% per il “Leave” ha una popolazione costituita per più del 15% da over 65. Allo stesso modo incide il livello dell’educazione: dove la popolazione tra i 16 e i 64 anni ha una percentuale di scolarizzazione più bassa il voto è stato maggiormente indirizzato verso l’opzione del “Leave”. 

I britannici figli dell’Europa unita sono la vittima peggiore delle scelte politiche scellerate che da tempo ingabbiano l’UE e che la stanno portando alla disgregazione. La quasi totale corrispondenza tra le aree con il maggiore livello di istruzione universitaria e quelle in cui ha vinto l’opzione “Remain” è indicativa di quanto avevano già sottolineato gli opinion polls: il supporto alla permanenza nell’Unione Europea è stato maggiore laddove il livello di istruzione è più alto. Dall’altro lato, l’analisi del voto della “working class” è quella che evidenzia la maggiore responsabilità delle formazioni politiche di sinistra: la manodopera semi-qualificata, non qualificata, i lavoratori informali e i pensionati hanno votato “Leave”. Nelle circoscrizioni in cui la popolazione è maggiormente costituita da questi segmenti sociali, il sostegno al “Brexit” ha visto percentuali più elevate.

La vittoria del “Leave” sottolinea la distanza tra popoli europei e establishment dell’ Unione Europea: un’integrazione basata principalmente su meccanismi finanziari e lontana dalle necessità dei cittadini non poteva che risultare fallimentare. La legittimazione popolare dell’Unione Europea è in pericolo nel momento in cui nella discussione politica non risultano priorità tangibili nella vita delle persone: occupazione, accesso all’istruzione, welfare e lotta alle diseguaglianze. Su questo dovranno interrogarsi tutti i partiti della socialdemocrazia e della sinistra radicale europea, perché il caso inglese purtroppo non è un’anomalia isolata. È necessario sostituire i tagli, frutto delle politiche di austerità, messi in campo dai falchi europei in questi anni con dei reali investimenti che permettano la crescita economica, culturale e sociale, altrimenti il rischio è il ritorno agli Stati nazionali del ‘900 con le conseguenze che tutti noi dovremmo sapere. È necessario rifondare l’UE, partendo da principi come democrazia, solidarietà e partecipazione, per far si che si costruisca una idea collettiva di Europa. O saremo in grado di interpretare questa esigenza di cambiamento e invertire subito la rotta, o l’UE perde il suo ruolo e quindi motivo di esistere, lasciando il campo ad un tragico ritorno al passato.

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