Bracciano, un lago di bugie

Ferragosto è passato e il “caso Bracciano” è fermo li. La pioggia non arriva, l’Acea continua a mungere acqua dal lago, le autorità preposte si producono nell’antica pratica  dello scaricabarile, le rive del lago si stanno prosciugando giorno per giorno, ad approfittarne  sono i bagnanti della domenica che hanno spostato ombrelloni e sdraio sulla spiaggia sorta dove prima c’erano le boe di ormeggio delle imbarcazioni a vela.

Nel generale disinteresse, potrebbero sorgere  interi stabilimenti balneari, e qualche ristorantino per guadagnare spazio  potrebbe spostare i tavoli fino al nuovo “bord de l’eau”.  

Dopo che la camera di consiglio del Tribunale Superiore delle  Acque Pubbliche, nel pieno dei giorni di Ferragosto,  ha accolto il ricorso presentato dalla sindaca Raggi contro la decisione della Regione Lazio di sospendere il prelievo dell’acqua, non una voce si è levata in difesa del lago di Bracciano. Con la sola lodevole eccezione del  Comitato di difesa del bacino lacuale Bracciano-Martignano, che fin dall’inizio dell’emergenza si sta battendo con vigore contro il disinteresse delle autorità preposte, a partire dal Comune di Roma. 

E’ stato il Comitato a denunciare il fatto inaccettabile che nessun controllo è mai stato fatto sui prelievi d’acqua da parte dell’Acea, l’azienda comunale che la sindaca Raggi, grillina, ha sempre difeso a spada tratta, sia per andare contro la Regione Lazio, Partito Democratico, sia per attirarsi il consenso dei romani ai quali è arrivata a dire che senza l’acqua di Bracciano almeno un milione e mezzo di cittadini  sarebbero rimasti  con i rubinetti a secco. 

Solo allora si è scoperto che l’Acea preleva acqua dal lago nell’astronomica quantità di milleduecento litri al secondo, pari a un milione mezzo di litri al giorno. E questo in base ad una concessione che risale al 1990  e che consente all’azienda comunale di pagare per quel prelievo solo 740 euro all’anno. Una miseria. Mentre ben altri sono i profitti dell’azienda partecipata dal Comune di Roma, la maggior parte dei quali vanno nelle casse del Campidoglio. Ecco spiegato perché la sindaca Raggi si è sempre battuta in favore dell’Acea e contro chi denunciava la mostruosa captazione d’acqua del lago di Bracciano. E senza tener contro che il lago – come sottolinea il Comitato di Difesa – è un ecosistema inserito in un parco regionale protetto da normative europee che nessuno può disattendere, tanto meno il sindaco di Roma Capitale.

     Mente la sindaca Raggi  quando dice che l’acqua del lago serve un milione e mezzo di romani: in verità rappresenta solo l’8 per cento del fabbisogno della città. Mente il Comune di Roma quando dice che a prosciugare il lago non sono i prelievi dell’Acea ma le tubature  private scoperte dai carabinieri durante i loro controlli sulle rive del lago.  In verità – afferma il Comitato di Difesa – quei “pozzi” che servono abitazioni private, esercizi commerciali e aziende agricole, non sono affatto illegali perché a suo tempo censiti dai funzionari di Città Metropolitana di Roma Capitale, dopo essere stati autorizzati dalla Regione Lazio, particolarmente negli anni 2000-2005 quand’era presieduta da Francesco Storace e 2010-2013 quand’era presidente Renata Polverini.  Sono 1713, fra condutture grandi e piccole, ma tutte insieme succhiano acqua dal lago per tre milioni di metri cubi all’anno. L’Acea con le sue gigantesche idrovore sempre in funzione la stessa quantità d’acqua la preleva  in due giorni!

Mentono i sindaci dei comuni rivieraschi quando dicono che loro sono stati i primi a lanciare l’allarme. E’ dovuta scendere in piazza la popolazione di quei tre paesi per sensibilizzare il Comune di Roma, il quale mentendo fin dall’inizio provò a dire che il problema non era di sua competenza.

Intanto il lago continua a ridursi, già un metro se n’è andato dal livello massimo indicato  sull’idrometro.  E sarà sempre peggio, perché lo stop che la regione Lazio aveva imposto ai prelievi   riducendoli a zero a partire dal 1° settembre, con l’accoglimento del ricorso presentato dalla Raggi sarà azzerato. La sentenza del tribunale delle Acque  Interne  è  a dir poco ambigua: dà torto alla Regione e ragione al Comune con una decisione  salomonica che sembra voler salvare capra e cavoli. Devono aver pensato quei magistrati: d’accordo che l’acqua prelevata è troppa e non si potrà andare avanti così all’infinito, ma è anche vero che non si può rischiare di far mancare l’acqua ai romani. Soprattutto in piena estate torrida. In proposito la Raggi arrivò a dire: “Togliamo l’acqua agli ospedali, ai vigili del fuoco?”. Uno scenario apocalittico. O piuttosto  un lago di bugie?

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