Racconto di mezz’estate: Lago di Bracciano, Loch Ness di Virginia

Che fine ha fatto quello spicchio di riviera che dal largo appariva come quinta verde di un teatro che inscenasse una favola di fate e gnomi? L’ha ingoiato il lago o l’oblio degli uomini? Fitto il mistero, mentre il lago continua a perdere la sua acqua. 

Il lago ha un fascino innegabile. Se è circondato dai monti, ben prima del tramonto si riempie di ombre, che all’alba svaniscono con studiata lentezza. Se di origine vulcanica, la sua è acqua dolce che nel corso di ere geologiche ha riempito il cratere di un vulcano spento, intrappolata in un cono rovesciato. Avventurarsi al centro di un lago vulcanico vuol dire nuotare o veleggiare su una superfice misteriosa. 

In fondo al mare puoi trovare i resti delle navi dell’antico Egitto, dei Fenici, dei Greci, dei Romani e delle flotte degli imperi dal Cinquecento fino alle guerre mondiali, dei mercantili, dei transatlantici moderni, delle navi porta-container. In fondo ad un lago, i legni marci di un abitato preistorico, o la carcassa di un aereo militare di cui nessuno ha memoria.  In un lago puoi anche cercare, ma non trovare, un mostro preistorico, la cui nomea renderà l’intera regione un’attrazione turistica dura a morire.

Ecco il fascino del lago. Che sembra eterno: la sua gran massa d’acqua non imputridisce come una pozzanghera.  Si rinnova continuamente: tanta ne esce (per evaporazione, perché succhiata, perché provvede un emissario); tanta ne entra attraverso un immissario. Il lago può avere sorgenti sommerse, polle di acqua sorgiva in diretto collegamento con la profondità della terra. L’acqua, così naturalmente rinnovata, è cristallina, addirittura potabile. Per una città, preziosa.

Almeno così pensano gli uomini che hanno visto la propria origine legata all’acqua. Sulle sue rive le primitive popolazioni nomadi hanno fissato il punto dove fermarsi. Un’esigenza primaria, attraverso i millenni immutata. Secondo la teoria evoluzionistica, dal mare siamo usciti sulla terra e subito abbiamo cercato altra acqua, quella di un fiume che ben presto ci ha portato a un lago.

Alla base del fascino del lago c’è il mistero. Se il mare suggerisce avventura e imprese, il lago ispira discrezione, intimità, segreto. Non pochi scrittori vi hanno ambientato storie avvincenti, che prendevano le mosse da una scomparsa. Il mare con le sue onde in continuo movimento riporta alla terra molte cose. Il lago, più egoista, difficilmente restituisce quello che si è preso.  Un lago che da un’antica realtà di pescatori sia passato a una più frivola vocazione turistica ha sulle sue rive nuovi destini. Dove tutto può essere cominciato per caso, come in questa storia, il cui protagonista è un contadino che su quella riva ha il suo minuscolo appezzamento da cui ricava il necessario per vivere, un orto che dall’acqua riceve quanto gli serve per dare frutti. Il lago provvede al contadino che, pur abitandoci da sempre, non vi ha mai messo un piede per pescare o navigare.   E non se n’è mai lamentato.  Del lago apprezza la luce che cambia; il vento che nella bella stagione si leva puntuale e fa la gioia di chi prende il largo; il profumo degli alberi che, quali mangrovie, affondano le radici in acqua. 

Se l’orto dà buoni frutti, il contadino mette a frutto buoni guadagni. La casa si fa più grande, la famiglia, intorno nasce un giardino: dopo la lattuga, l’indivia, la scarola, arrivano le rose, le ortensie, gli oleandri e ancora un ciliegio, un pesco, un nespolo, un fico che diventerà grande come un baobab, sotto le cui fronde giocano le nuove generazioni.

Un giorno il contadino è dovuto partire, la Patria con la p maiuscola come usava allora, l’ha chiamato per spedirlo in un altro continente, al di là del mare, su una nuova sponda (la chiamano la quarta). La guerra l’ha segnato, come fa sempre, e all’entusiasmo gli ha sostituito la malinconia, all’intraprendenza la rassegnazione.  Parla poco adesso, più con il lago che con i parenti e amici. Il lago sembra ascoltarlo, in silenzio. Ma la realtà è cambiata, ora intorno ha ospiti paganti: una cucina da dove escono piatti invitanti, tavole apparecchiate sotto gli alberi della riva, un allegro via vai di giovani, bambini, piccole vele che passeranno la notte sull’erba del prato custodite dal cane di casa che sembra apprezzare l’allegra confusione.

Il lago è immobile nella sua maestà naturale, ma il tempo scorre e la vita cambia. Alla morte del vecchio contadino sono i figli a vivere quello spicchio di riviera. E alla morte dei figli vengono i nipoti, che si rivelano di stampo diverso. Giorno dopo giorno, le foglie morte d’autunno non sono spazzate, l’edera la fa da padrona.  Gli alberi, stanchi di frutti che nessuno più raccoglie, si sono lasciati andare.  Tutto sta sparendo, o forse è già sparito. 

“Chi si fosse trovato a passare…” per dirla con il Manzoni, su quel tratto di riva del lago stenta a orientarsi: ma non era qui che c’era…? Non è possibile che sia tutto sparito! Forse era più in là, forse più di qua? Puoi chiedere ai vicini, ma ti diranno che “sì, c’era ma ora non c’è più”. E più in là: un ristorante diventato centro velico, il centro velico tramutato in discoteca. Potresti chiedere ai cigni che navigano alteri sull’acqua bassa o ai germani reali che li seguono come sudditi, ma sono testimoni che non parlano.

     L’unico segno di disagio, il lago lo manifesta quando ad alterne stagioni vede il suo livello salire oltre il normale o al contrario scendere pericolosamente fino a far affiorare scogli e banchi di sabbia, come non se ne vedevano da tempo. E se la siccità e le altre cause che incidono sulla profondità dell’acqua sono particolarmente acute, allora mostra i tesori nascosti.  Fra questi, alcuni ruderi preziosi fanno la gioia degli archeologi e scatenano l’istinto del saccheggio nei turisti incolti: i resti di una villa romana, che ora mostra al sole i mille riflessi del mosaico dei suoi pavimenti.  Accanto, una sorgente termale già nota ben prima della Roma imperiale dimostra come il livello del lago fosse, duemila anni fa, più alto di oggi e lascia sperare che alla fine torni come allora. Chi oggi si azzarda a staccare le tessere policrome del mosaico, un giorno sarà trattenuto, non tanto dai carabinieri quanto dalla naturale autodifesa lacustre che, recuperato il livello, sommergerà il tesoro. 

Oggi l’anello di verde urbanizzato che circonda l’immobile specchio d’acqua non è più lo stesso, non offre punti di riferimento. La sparizione rimane inspiegabile. Dicono gli ingegneri che in fisica, (in verità anche in politica, come dimostrano i rivolgimenti di partiti e partitini) ogni vuoto tende a essere riempito. Forse anche quello spicchio sgombro di riva si stenta a trovarlo perché è stato riempito. Un passetto alla volta la natura, ma forse più gli uomini, si sono presi quello spazio che nessuno reclama.  E’ successo poco a poco, forse di notte, certo d’inverno quando muto testimone della metamorfosi è soltanto il lago. 

           2017. Estate torrida, non piove da mesi, la vicina metropoli continua a succhiare la sua acqua con potenti idrovore: una ferita come non accadeva da secoli. Prima dell’allarme degli uomini è suonato quello della natura: sono affiorati sassi dove c’era morbida sabbia, i pesci hanno risentito dell’abnorme abbassarsi dell’acqua, cigni e germani reali hanno disertato le spiaggette.  E’ stato come vuotare una piscina a fine stagione: levato il tappo l’acqua se n’è andata in silenzio.

Il lago non è una piscina, non deve finire. E quando finalmente l’uomo si è accorto del disastro e ha lanciato l’allarme, solo allora è cominciato il balletto dell’assurdo e la tragedia ha rischiato di scadere in commedia.  Per un sindaco che gridava nel deserto: “Aiuto! Il lago sta morendo!”, un altro cercava di smentirlo: “Non è vero! E’ una polemica politica”. Se un ente pubblico lanciava accuse precise, una società privata negava ogni responsabilità. Le autorità che avrebbero dovuto essere competenti, si sono dimostrate incapaci di decidere.

Come succede in casi anche meno gravi di questo, la gente è scesa in piazza.   Una protesta civile, pacifica: per una volta quei dimostranti non hanno trovato la polizia a disperderli con gli idranti.  Perché la causa della rivolta è proprio l’acqua tolta fraudolentemente, non se ne poteva sprecare altra. E così, mentre il livello del lago continua a scendere, la tensione sale: si sono rischiate crisi politiche, qualche sindaco e qualche assessore ha sentito la poltrona traballare, alle parole sono seguite le parole, i tradizionali fiumi di inchiostro. Tutti contro tutti, ma l’opinione pubblica è sempre stata dalla parte del lago. Per tentare di dirottarne l’orientamento il sindaco della grande città ha giocato sporco minacciando di assetare milioni di cittadini se si fosse posto fine al salasso dal lago. “Volete i rubinetti di casa a secco? Volete i turni come in tempo di guerra?” ha aggredito i suoi amministrati.

L’estate torrida ha ancora molte frecce al suo arco di fuoco. E le tanto attese piogge autunnali saranno da sole in grado di restituire l’acqua che è stata tolta a tradimento?  Verrà il giorno in cui il segreto si chiuderà su se stesso? E quel giorno il mistero del lago sarà compiuto, indecifrabile, destinato solo all’oblio degli uomini. Un delitto senza colpevoli.

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