Walter Rossi: avere vent’anni nel tempo dell’orrore

Non era per nulla semplice avere vent’anni nella Roma del ’77, specie se, al pari di Walter Rossi, si militava in Lotta Continua e si era animati da una passione civile e politica senza confini.  Walter cadde il 30 settembre 1977, appena ventenne, nel corso di un volantinaggio antifascista in viale delle Medaglie d’Oro, colpito da un proiettile alla nuca, abbattuto dalla barbarie di un nemico sempre presente nel tessuto profondo del nostro Paese, assassinato da una mano fascista di cui purtroppo non è mai stata chiarita l’identità.

Walter Rossi stava volantinando per protestare contro il ferimento di Elena Pacinelli, una studentessa di diciannove anni che venne colpita il giorno prima da tre proiettili esplosi da una Mini Minor bianca mentre si trovava, insieme ad altri esponenti del Movimento Lavoratori per il Socialismo, di fronte ad una casa occupata in piazza Igea, nel quartiere Monte Mario. 

Erano gli anni della violenza bruta e indiscriminata, della politica ridotta a branco, a barbarie, a faida, con una passione civile ormai degenerata e trasformatasi in qualcosa di assurdo, di eccessivo, di spaventosamente violento, di disumano e di assolutamente indegno, come se non ci fosse spazio per la pietà, per la dignità umana, per il benché minimo rispetto nei confronti degli avversari. 

Del resto, anche noi abbiamo utilizzato, e non certo per caso, il termine “nemico”, in quanto il fascismo, come asseriva il presidente Pertini,non è un’opinione ma un crimine, un qualcosa di anti-costituzionale, un’ombra che aleggia costantemente sulla nostra fragile democrazia e ne mina le prospettive; fatto sta che all’epoca assistemmo ad una vera e propria guerra, con gli opposti estremismi letteralmente scatenati e le forze della sinistra extraparlamentare sempre più schiacciate e identificate con la violenza brigatista.

Nel caso specifico dell’omicidio di Rossi, è doveroso ricordare anche il sospetto di acquiescenza da parte delle forze dell’ordine verso il gruppo di missini lanciatisi all’assalto dei militanti di Lotta Continua: guai a generalizzare e ad emettere qualsivoglia condanna, specie in assenza di prove; tuttavia, non c’è dubbio che basti il sospetto che la polizia non abbia fatto tutto il possibile per arginare quell’orda ferina per coprire di fango un’istituzione tra le più nobili ed importanti del nostro Paese.

Una spirale d’odio senza fine, dunque, con la vendetta dei militanti di Lotta Continua che l’indomani, 1° ottobre 1977, si materializzò nel lancio di alcune molotov contro il locale “Angelo Azzurro” di Tornino, causando la morte di Roberto Crescenzio, uno studente lavoratore la cui unica colpa fu quella di trovarsi nel posto sbagliato nel momento sbagliato e di tentare ingenuamente di trovare riparo in bagno, rimanendo così intrappolato tra le fiamme che avvolgevano il bar-discoteca.

Un orrore continuo dopo il quale, con il delitto di Casalegno in novembre, rimase solo il terrorismo, culmine della reazione di sinistra alla Strategia della tensione, alle stragi di Stato e alla ferocia fascista dei NAR che avrebbe avuto nella mattanza della stazione di Bologna il proprio apice. 

Con l’omicidio di Walter Rossi, di fatto, si concluse nel peggiore dei modi il ’77 dei movimenti e delle lotte studentesche, lasciando dietro di sé una scia di sangue, morte e disincanto che è stata senz’altro fra le responsabili principali del riflusso che ha poi avvelenato i due decenni successivi. 

Con lui finì una stagione e ne iniziò un’altra, in parte meno cruenta ma forse ancora più drammatica, in quanto i morti distesi sul selciato furono sostituiti da una serie di ragazzi vivi e vegeti ma di fatto ignari di esserlo, travolti dal vuoto, dalla miseria morale e dall’individualismo sfrenato di una fase storica che all’inizio apparve entusiasmante e colma di libertà ma che presto si rivelò per ciò che era realmente: una tirannia mediatica, caratterizzata dal monopolio dell’apparenza e dell’immagine.

Condividi sui social

Articoli correlati