Adriano Celentano: ottant’anni che non ci si crede

Ottant’anni che non ci si crede, caro Adriano Celentano! Il celebre Molleggiato raggiunge questo nobile traguardo e ci sembra incredibile pensare che sia diventato quasi vecchio un personaggio che per noi rimarrà eternamente giovane, legato com’è alla giovinezza di una Nazione che in quegli anni era ancora capace di sognare e di credere in qualcosa.

Eppure non pensiate che Celentano abbia un carattere accomodante perché è vero l’esatto contrario. Il popolare Adriano, tanto per dirne una, è stato fra i primi a sostenere la battaglia ambientalista contro il consumo indiscriminato di suolo, fra i primi ad opporsi al consumismo sfrenato, fra i primi a denunciare le derive della politica e fra i primi, e non è un merito da poco, a pretendere un radicale mutamento dei costumi in una società che considera, ormai da troppo tempo, degenerata. 

Celentano e la sua denuncia: pacata ma ferma, intensa, a tratti anche ironica, vicina a quello spirito del “Derby”, tipicamente milanese e purtroppo figlio di una stagione che non c’è più, in una Milano che poteva ancora permettersi i guizzi di irriverenza dei vari Gaber, Fo, Jannacci, dello stesso Celentano, di Cochi e Renato, di un giovane Teocoli e di quella meravigliosa società civile impegnata che tante lotte ha condotto in prima persona e tanti diritti ha saputo garantirci nell’ultimo mezzo secolo. 

Alla vigilia di uno dei suoi spettacoli televisivi più riusciti e di maggior qualità, il Molleggiato disse di sentirsi circondato dalle cazzate e ad esse volle dedicare addirittura il titolo della sua trasmissione, esagerando, pensai all’epoca, nel numero, 125 milioni, ma dovendomi poi ricredere per difetto, in quanto oggi mi appaiono molte di più e forse lo erano anche allora, solo che l’ingenuità dell’infanzia mi induceva a tingere di rosa ciò che, al contrario, era già nero. 

Celentano, l’uomo della divisione della società e dei suoi elementi cardine in rock e lento, in una sorta di giudizio universale catodico che nell’autunno del 2005 tenne milioni di spettatori incollati davanti al televisore, in attesa che questo novello tribuno pronunciasse il proprio verdetto. 

Celentano precursore e amico di Beppe Grillo, con la loro irriverenza, la loro follia comunicativa, il loro essere artisti contro, la loro capacità di cantare sempre fuori dal coro e di costituire un’auspicabile stecca fra le false voci bianche del conformismo che è da sempre uno dei nostri peggiori vizi. 

Celentano e il rifiuto di ogni ipocrisia, Celentano e la sua recente battaglia in difesa dell’acqua pubblica, Celentano che, ogni volta che parla, fa notizia, Celentano mattatore e protagonista: per scelta o suo malgrado, tanta è la personalità e il carisma del personaggio. 

Del resto, non c’è da sorprendersi: basta conoscerne la biografia per sapere che, fin dai tempi del Clan, il nostro ha sfidato a duello l’ordine costituito, opponendosi alle verità è alle narrazioni ufficiali, ai giudizi che non tengono conto delle molteplici sfaccettature della realtà e ad un’informazione, televisiva e non solo, sempre troppo paludata e filo-governativa. 

Non è stato un ribelle ma di sicuro è stato un rivoluzionario, non è stato un anti-potere ma di sicuro il potere non lo ha mai amato, non è stato un uomo facile ma di sicuro non si è mai piegato, andando spesso in direzione ostinata e contraria rispetto ai dettami di un certo perbenismo e alle norme imposte dalla buoncostume dei partiti. 

Non si può dire che sia di destra né che sia di sinistra, non oserei definirlo nemmeno grillino, anche se l’impronta, per certi versi, è quella: Celentano è Celentano e semmai sono sempre stati gli altri a doversi confrontare con lui, mai viceversa. 

E ora che ne festeggia ottanta, ora che entra ufficialmente nella categoria degli ex giovani, ora che difficilmente lo vedremo più mulinare le gambe come faceva da ragazzo, ora mi domando cosa resterà della nostra età migliore, quando persino un apolide politico come lui poteva avere una propria dimensione e un proprio spazio nel palinsesto RAI, grazie anche alla saggezza di un ultra-democristiano che però capiva di tv come Ettore Bernabei. 

Ora che di quell’universo intellettuale, valoriale e satirico è rimasto poco o nulla, ci aggrappiamo ad uno degli ultimi superstiti di un mondo che, in fondo, rimpiangono persino coloro che non l’hanno vissuto: non perché fosse migliore, tutt’altro, ma perché era meno falso, meno cinico e più a misura d’uomo. Il Molleggiato lo criticava selvaggiamente e aveva le sue ottime ragioni per farlo: sarei, tuttavia, curioso di sapere cosa ne pensi di quello attuale, anche se posso facilmente immaginarlo. Nel frattempo, auguri di cuore!

P.S. Sincere condoglianze alla famiglia di Maria Ripa di Meana: un’altra figura che ha sempre preso a schiaffi il conformismo e della quale, dunque, avvertiremo non poco la mancanza. 

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