Vaccini Genetici: Una tecnologia da tenere d’occhio

La rivista di divulgazione “Scientific American” ha incluso i vaccini genetici nelle “Dieci tecnologie da tenere d’occhio”. La ricerca di nuove strategie di vaccinazione deve tenere in considerazione non solo l’efficacia, ma anche fattori pratici come facilità di produzione, conservazione e costi: il DNA soddisfa la maggior parte di questi criteri ed è quindi un buon candidato per la generazione di vaccini contro le malattie infettive o il cancro.

Il principio di ogni vaccinazione è quello di introdurre una sostanza estranea nell’organismo, in modo da “istruire” il sistema immunitario a riconoscere il nemico, senza causare la malattia. Le cellule immunitarie “ricorderanno” quella sostanza e si attiveranno rapidamente ad ogni successivo incontro. I vaccini standard contengono l’intero agente patogeno morto o attenuato o più frequentemente parti di esso, come proteine o peptidi; ma possono anche essere composti dai geni che codificano le proteine di interesse.

Che senso ha usare i vaccini a DNA?

Le proteine sono solo i prodotti finali, ma il punto di partenza è il DNA. Il genoma contiene le istruzioni per la sintesi delle proteine e, viceversa, ogni proteina è generata da una sequenza genetica distinta. Quando un virus (o qualsiasi altro agente patogeno intracellulare) infetta una cellula, per prima cosa inizia a replicare il proprio genoma. Il DNA genera le proteine virali, che vengono processate in piccoli frammenti ed esposte sulla membrana della cellula ospite. Questa operazione rende le cellule infette “visibili” al sistema immunitario, intrinsecamente programmato per riconoscere e attaccare ciò che è “non-self”.
Questo è il segnale: c’è un’infezione in corso e l’organismo si mobilita per reagire. Lo fa per mezzo di una forte risposta citotossica, in cui cellule immunitarie chiamati linfociti T CD8 rilasciano enzimi litici che distruggono le cellule infette. Lo stesso tipo di risposta viene attivato anche contro una varietà di proteine tumorali, sintetizzate nel citoplasma cellulare a partire da sequenze di DNA mutate o espresse in modo anomalo e quindi diverse dalle controparti sane.
È proprio questo il senso di usare vaccini a DNA: la somministrazione di materiale genetico, che viene poi tradottoin proteina quando è già dentro la cellula, mima lo stesso processo ed è potenzialmente in grado di sollecitare lo stesso tipo di risposta immunitaria citotossica delle proteine sintetizzate da agenti patogeni intracellulari o cellule tumorali. In altre parole, i vaccini del DNA sono i candidati ideali per mobilitare i nostri migliori soldati immunitari contro i bersagli intracellulari.

 

Gli altri punti di forza sono facilità di manipolazione e produzione su larga scala, costi, biocompatibilità e bassa tossicità. Un singolo vaccino può contenere i geni che codificano per moltepliciproteine e essere rapidamente modificato nel caso di agenti patogeni mutanti o per includere nuove caratteristiche.
C’è da dire che sugli esseri umani i risultati per ora non sono stati proprio soddisfacenti. Ma c’è un enorme margine di miglioramento e i ricercatori stanno studiando dei metodi per aumentare l’immunogenicità dei vaccini genomici, sperimentando nuovi adiuvanti, fusioni con sequenze immunomodulatorie e diverse strategie di somministrazione.

Condividi sui social

Articoli correlati