Una cornacchia nel giardino. Riflessioni sul principio d’inclusione in tempi di Dad

Un giorno, d’improvviso, ti svegli, solita colazione, soliti vestiti, soliti mamma e papà che ti accompagnano in macchina a scuola. Entri dal cancello principale, intorno a te, sul piazzale della scuola, il deserto. Neppure un compagno in vista.

Anche la campanella non suona più, la bidella ti dà il buongiorno e accanto al suo tavolo c’è Lucia che ti aspetta, la tua prof. di sostegno.  Insieme saliamo le scale, i passi rimbombano nell’androne, il corridoio è una pista da pattinaggio vuota. Terza porta a destra c’è la 2C, entriamo. Non c’è nessuno, tutti assenti anche oggi, siamo io e la prof. Lucia. Un computer sulla cattedra, le sedie sui banchi, l’odore di amuchina nell’aria. La voce metallica del computer si mescola alle nostre voci che rimbombano nell’aula. 

“Resta salva la possibilità di svolgere attività in presenza qualora sia necessario l’uso di laboratori o in ragione di mantenere una relazione educativa che realizzi l’effettiva inclusione scolastica degli alunni con disabilità e con bisogni educativi speciali”. 

La relazione tra me e Lucia, la mia insegnante di sostegno. Perché altro non c’è qui a scuola, non ci sono i compagni, non ci sono i miei prof, gli altri, quelli di tutti. Ah! In giardino però è rimasta la solita cornacchia che cerca disperata pezzi di merende e pure quelle sono sparite!

“Le istituzioni scolastiche sono tenute ad un’attenta valutazione dei singoli casi, contemperando le esigenze formative dell’alunno declinate nello specifico percorso educativo individualizzato o percorso didattico personalizzato con le fondamentali misure di sicurezza richieste dal citato dPCM a tutela del diritto alla salute.” 

Eh, no. Io non me la sento proprio. Le esigenze formative di uno, due alunni per classe, l’importanza di mantenere un piccolo gruppo classe per sostenere le relazioni sociali e l’apprendimento sono inconciliabili con la necessità e l’urgenza del momento di contenere gli assembramenti. Come dirigente non me la sento. Chiediamo soltanto ai genitori degli alunni con Bes chi vuole venire in presenza e basta.

“Laddove per il singolo caso ricorrano le condizioni tracciate nel citato articolo 43 le stesse istituzioni scolastiche non dovranno limitarsi a consentire la frequenza solo agli alunni e agli studenti in parola, ma al fine di rendere effettivo il principio di inclusione valuteranno di coinvolgere nelle attività in presenza anche altri alunni appartenenti alla stessa sezione o gruppo classe – secondo metodi e strumenti autonomamente stabiliti e che ne consentano la completa rotazione in un tempo definito – con i quali gli studenti BES possano continuare a sperimentare l’adeguata relazione nel gruppo dei pari, in costante rapporto educativo con il personale docente e non docente presente a scuola”.

Senti Lucia, in 2C non vuole venire nessuno in presenza, né i Dsa, né gli altri Bes, figuriamoci tutti gli altri. Perché non dici ai genitori di Marco che è preferibile tenerlo a casa e farlo seguire dal computer? Se continua a venire a scuola va a finire che poi tutti dobbiamo venire a fare Dad in presenza e io ho i figli a casa, mio padre non sta bene, devo scendere giù dai miei, io non posso starci. 

Da oggi anche la cornacchia in giardino non c’è più.

Condividi sui social

Articoli correlati