Una madre assassina e suicida. Il punto di vista di Gabriella Terenzi, Psicologa e Psicoterapeuta

FIDENZA (PARMA) – Quando accadono tragedie di questo genere è come se il modo si rivoltasse su se stesso. Non c’è ragione al mondo che possa spiegare ragionevolmente fatti così efferati come questo di una madre che uccide i figli, un bambino di dodici anni e una bambina di soli nove mesi, e poi si uccide.

Naturalmente prendiamo queste notizie da quanto hanno raccontato i carabinieri che danno quasi per certa la testimonianza del marito unico sopravvissuto alla tragedia famigliare. Domani ci saranno gli esami degli esperti che toglieranno ogni dubbio sulle dinamiche del duplice omicidio e del probabile suicidio accaduti nella notte tra il sette e l’otto gennaio di gennaio a Fidenza, comune del parmense.
I fatti raccontati dalla guardia giurata Salvatore Manfredi, di 44 anni, marito di Paola Caltabiano, 42 anni, ai carabinieri: attorno alle 2,30 la moglie, si sarebbe alzata dal letto dove dormiva con il marito e i due figli, avrebbe aperto lo sgabuzzino dove il marito conservava l’arma di servizio, e si sarebbe impossessata di una Smith and Wesson semiautomatica. Tornata nella stanza dove dormivano i familiari avrebbe sparato un colpo al petto dei due figli e, poi, il colpo alla propria tempia. L’uomo, secondo quanto ha raccontato agli inquirenti, si sarebbe stato svegliato dagli spari e a quel punto non avrebbe potuto far altro che chiamare il 118. Quando sono arrivate le ambulanze per i figli e la moglie non c’era più nulla da fare.

Paola Caltabiano, secondo i primi riscontri, soffriva da tempo di depressione ed era assistita al Dipartimento salute mentale di una AUSL di Fidenza uno psicologo, per problemi precedenti all’ultima gravidanza, cioè fobie e manie di persecuzione di cui pare si lamentasse. In passato aveva assunto psicofarmaci ma da quanto risulta erano stati sospesi per la gravidanza e il successivo allattamento. Il marito ha raccontato che la nascita del secondo figlio sembrava però avere portato serenità nel nucleo familiare.
I carabinieri stanno lavorando attentamente sul revolver di servizio dell’uomo, una Smith & Wesson semiautomatica, un’arma non facile da usare con quella destrezza e con quella velocità che la donna ha usato. L’arma contrariamente alla legge che prevede la custodia della stessa scarica e in un luogo da non poter essere accessibile ed utilizzabile da nessuno è stata quasi messa nelle mani della donna.
Insomma in questo caso vi sono strane contraddizioni nella dinamica dei fatti raccontati. Ci sono altre cose poco chiare anche dal punto psichiatrico che cerchiamo di capire insieme alla Dott.ssa Gabriella Terenzi, da trent’anni Psicologa e Psicoterapeuta alla SPDC AUSL di Roma.

Dottoressa vi sono modalità strane del presunto omicidio-suicidio, di Fidenza. Non capita mai che una donna usi un’arma da fuoco per uccidere e/o per uccidersi. Queste ‘stranezze’ le fanno pensare a qualcosa di ‘innaturale’ nello svolgimento dei fatti riportati? Inoltre il marito non aveva custodito a termini di legge l’arma consegnandola di fatto nelle mani della moglie.
E’ molto difficile capire a distanza la dinamica di un gravissimo pluriomicidio-suicidio familiare come quello riportato dalle odierne notizie di cronaca di Fidenza. E’ quantomeno strano che una donna con un disturbo di personalità, depressione,  fobie e manie di persecuzione diagnosticate dal Dipartimento salute mentale di una AUSL, abbia avuto possibilità di accesso ad un’arma di ordinanza.
Non le sembra strano che il marito di una donna, che uccide due figli e poi si suicida, racconti che lui la vedeva ‘serena’? Come è possibile che un uomo che dorme nello stesso letto di una donna così malata da uccidere e uccidersi non si accorga minimamente di uno stato mentale alterato della moglie?

Oltre alla profonda insensibilità affettiva del marito, molto probabilmente c’è stata una disinformazione e una sottovalutazione sullo stato di salute della signora.
Sembrerebbe che la mamma stessa, convivente con il nucleo familiare dopo la nascita della seconda figlia, si era allontanata da qualche giorno per tornare, in occasione delle feste, in Campania. Né lei, né il marito hanno colto dietro la ‘calma’ apparente, l’alterazione del pensiero che, in aggiunta al profondo malessere, ‘autorizza’ una donna a togliere la vita a sé e ai propri figli.

Sembra, dai primi riscontri, che l’infanticida, assumesse farmaci prima della gravidanza “In passato aveva assunto psicofarmaci ma da quanto risulta erano stati sospesi per la gravidanza e il successivo allattamento.” Questa interruzione dei psicofarmaci potrebbe essere la causa della tragedia? E se lo fosse, lo psicologo che l’aveva in cura non è colpevole di averla lasciata senza strumenti di fronte a una evidente malattia mentale,  togliendole i farmaci e magari non faccendone neppure una psicoterapia? Inoltre gli psicologi non possono prescrivere gli  psicofarmaci, vero?

Secondo la cronaca la signora non era più in cura alla AUSL dall’agosto 2009, cioè da quando era rimasta incinta della figlia di 9 mesi, per cui la grande e grave disattenzione è stata quella di averle sospeso e sottratto un rapporto di psicoterapia. Se è pur vero che gli psicologi non prescrivono farmaci, nei Dipartimenti di salute mentale quando necessario, essi lavorano in collaborazione con psichiatri che li prescrivono.
Nel corso della mia trentennale esperienza ho potuto osservare che nei servizi pubblici e  spesso anche negli ambulatori privati, prevalgono nei colleghi un pensiero e una cultura che, anche in casi di patologie psichiatriche,  favoriscono una gravidanza ‘biologica’ in sostituzione della cura psicoterapica. Personalmente ritengo, ed ho studiato, che senza il raggiungimento di una realizzazione e nascita psichica, è inutile, anzi dannoso proporre una gravidanza fisica.
Nella cultura attuale, il  noto psichiatra Massimo Fagioli ha ben illustrato in “Istinto di morte e conoscenza” e in altri testi, come sia impossibile ad una donna che non realizza una propria nascita interna accettare l’esistenza, lo sviluppo e la vitalità del neonato.

Insomma, da come appaiono le cose sulla stampa sembra che nessuno si sia accorto della gravità della malattia di questa donna che sembra stata abbandonata sia dalle persone che avrebbero dovuto starle vicino, sia dagli psicologi che l’avevano in cura. Eppure una ‘depressione’ accompagnata da fobie e manie di persecuzione non è certo un disturbo leggero e non visibile.
Sono assolutamente d’accordo ed è grave perché una paziente che si accorge che la gravidanza e la nascita di un bambino, non risolvono lo stato di alterazione e di profondo malessere, realizza un pensiero di disperazione totale.

Condividi sui social

Articoli correlati

Università

Poesia

Note fuori le righe