“La mia vita è morta”. Il grido disperato dell’esclusione sociale

ROMA – La storia di Antonio Trapani ha il sapore amaro di una sconfitta.

Con questa frase emblematica avevamo iniziato nel settembre del 2009  a raccontare la vicenda di un uomo e della madre anziana e gravemente malata. Abbandonati da tutto e da tutti, in primis dalle istituzioni e dai media  l’odissea di Antonio Trapani, oggi 50 anni, non ha ancora trovato pace. Anzi è addirittura peggiorata visto che recentemente la madre si è spenta per arresto cardiaco il 7 gennaio alle 10,26,  ed ora è rimasto ancora più solo di prima.

“La mia vita è morta” continua a ripetersi “il principe dei poveri”, come si definisce quasi sarcasticamente Antonio, che nel 2004 era stato costretto ad abbandonare  il suo lavoro per accudire  l’anziana donna, alla quale non era stata garantita nessuna assistenza domiciliare per le molteplici patologie che presentava e che la costringevano a letto giorno e notte. Madre e figlio hanno così sopravvissuto per anni in uno stato di assoluta precarietà, appesi ad un filo, con la pensione minima di lei e il contributo previsto per l’accompagno. Circa 900 euro mensili, dei quali 780 versati ogni 30 giorni per un appartamento nel quartiere  di Torpignattara. Antonio nonostante i pianti e la rabbia non si è mai perso d’animo, si è rivolto praticamente a tutti per chiedere un piccolo aiuto alle istituzioni, prima per far fronte all’assistenza della madre e poi per ottenere un alloggio popolare che potesse garantirgli quel minimo di sicurezza. Dagli uffici della sua circoscrizione, al comune di Roma, alla Provincia, alla Regione, ha perfino scritto al Presidente della Repubblica. Tante belle risposte e troppe porte chiuse che alla fine  non hanno portato alla soluzione dei suoi drammatici problemi.

Il 12 gennaio del 2009 siamo ritornati a parlare di Antonio e della madre, in quanto la proprietaria dell’immobile in cui vivono dal 1998 li aveva sfrattati, aumentando l’affitto a ben 870 euro. Insomma un dramma sul dramma. Nel frattempo la sua vicenda è riuscita ad approdare anche nei grandi media. La sua storia appare anche in qualche quotidiano importante,  addirittura la trasmissione “Cominciamo bene estate”” di Rai Tre condotta da Michele Mirabella lo intervista nel giugno del 2010 mettendo in luce con grande intensità la drammaticità di questa esistenza segnata dall’esclusione sociale. In quel frangente, osservando le immagini mandate in onda, molti ospiti presenti al programma  restano ammutoliti, perplessi, impotenti di fronte al dramma che racchiude questa  storia costellata da un clima di pura esasperazione, di una verità che fa paura,  esente da qualsiasi forma di solidarietà e senza risposte da parte delle istituzioni. Una realtà inaccettabile,  indegna per un paese ritenuto tra i più industrializzati al mondo.

“Andrò a finire sotto un ponte” ci dice con il groppo alla gola Antonio. Perchè lui di soldi non ne ha più. Non ce li ha per pagare l’esoso canone di un appartamento in uno dei quartieri popolari di Roma, non ce li ha  neppure per garantirsi un pasto dignitoso al giorno e nemmeno – se mai dovesse averne bisogno – per far fronte a qualsiasi spesa  inaspettata benchè esigua.

“Ho chiesto la reversibilità della pensione di mia madre”  – ci ha confidato il principe dei poveri – , ma la questione è fuori discussione per l’Inps, visto che non rientra nella modalità stabilita dalla legge. I servizi sociali gli avevano promesso 400 euro, ma per ora anche questa promessa rimane tale. E poi per un alloggio popolare si prevedono tempi biblici, visto la situazione disastrosa in cui versa la capitale, dove ormai la casa è diventata un bene per pochi eletti. “Per questo mese – ci confida ancora Antonio – l’affitto è pagato, ma dal prossimo non sarò più in grado di sborsare 870 euro e non perchè non voglio, ma perchè semplicemente non ce li ho”.
Antonio in questi ultimi anni  è finito ben due volte in ospedale per uno stato di ansia depressiva. Inutile chiedersi le ragioni perchè quando un dramma così intenso  non trova nessuna risposta viene cancellata la dignità e la paura di vivere prende il sopravvento . Tuttavia la situazione di Antonio rappresenta  solo la punta dell’iceberg di un problema che tocca centinaia di persone e se  confrontato con le recenti rivelazioni intrecciate ad una politica istituzionale, costellata da festine e soldi facili per aiutare prorompenti ragazzine, ci fa davvero vergognare di essere italiani.

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