Fitch declassa l’Italia. Prestiti ancora giù

ROMA – Arriva il temuto taglio del rating, la prima a muoversi è la Fitch che passa la valutazione del credito nazionale dell’Italia da ‘A-‘ a ‘BBB+’ sulla scia degli ultimi dati sul Pil e dell’esito ‘inconcludente’ delle recenti elezioni politiche.

Il credito in Italia resta un punto estremamente dolente, con i prestiti che secondo i dati della Banca d’Italia continuano a diminuire e le sofferenze che continuano ad aumentare. Anche il Centro Studi di Confindustria lancia l’allarme sui rischi derivanti da una ulteriore ondata di restrizione del credito che comporterebbe l’ulteriore prosecuzione di quel “circolo vizioso” che tiene l’economia nostrana tuttora in recessione.
Dagli Stati Uniti arrivano notizie confortanti con la disoccupazione in calo che ritorna sui livelli più bassi da fine 2008 e notizie egualmente confortanti arrivano da Eurolandia che ha fatto segnare un attivo record della bilancia dei pagamenti e l’Unione a 27 che torna in attivo nel commercio merci.
Singolare infine la sintonia venutasi a creare tra il Governatore della Banca d’Italia ed il Codacons sulla richiesta di un maggior controllo sulle politiche di remunerazione del top management.

L’agenzia di rating: Nessun Governo è possibile

L’agenzia di rating Fitch ha tagliato la valutazione sul debito sovrano dell’Italia abbassandolo da ‘A-‘ a ‘BBB+’.
Ad influenzare la decisione i dati sul Pil e l’esito considerato ‘inconcludente’ delle recenti elezioni politiche.
Secondo l’agenzia di rating è infatti  ‘improbabile’ che si riesca a formare un qualsiasi governo stabile nelle prossime settimane e comunque in queste condizioni un eventuale esecutivo ‘potrebbe essere più lento e meno efficace nel rispondere agli shock’.
Fitch sottolinea infine che il dato sul Pil del 4* trimestre conferma che l’Italia ‘e’ in profonda recessione’.

Banca d’Italia. Niente soldi a famiglie e imprese
La Banca d’Italia ha diffuso oggi le tabelle relative alle principali voci dei bilanci bancari confrontando gennaio 2013 e dicembre 2012.
Desolante la foto dell’Italia che emerge. A gennaio crescono infatti i depositi bancari, calano i prestiti e aumentano le sofferenze. In sintesi chi ha un po’ di soldi se li tiene stretti, contribuendo alla contrazione dell’economia, e chi vorrebbe investire nella propria impresa ha difficoltà a finanziarsi, anche in questo caso danneggiando l’economia.
In particolare i prestiti al settore privato hanno registrato a gennaio una contrazione dell’1,6% su base annua (-0,9% a dicembre) con i prestiti alle famiglie che sono scesi dello 0,6% sui dodici mesi (-0,5% a dicembre) e quelli alle società non finanziarie del 2,8% (-2,2% a dicembre).
Si conferma in salita il tasso di crescita sui dodici mesi dei depositi del settore privato che è aumentato al 7,7% (7% a dicembre 2012). Meno brillante la crescita sui dodici mesi della raccolta obbligazionaria, che è scesa al 2,2% (4,8% nel mese precedente).

Sofferenze bancarie in grossa salita. Stabili i tassi
Il tasso di crescita sui dodici mesi delle sofferenze è aumentato al 17,5%, faceva segnare il 16,6% nel mese precedente. I tassi di interesse sui finanziamenti erogati nel mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni sono rimasti invariati al 3,92%; quelli sulle nuove erogazioni di credito al consumo sono aumentati al 9,59% (9,08 a dicembre).
I tassi passivi sul complesso dei depositi in essere sono diminuiti all’1,17% (1,25% a dicembre).

L’allarme del Centro Studi Confindustria
Il Centro Studi di Confindustria punta il dito sui debiti della Pubblica Amministrazione nei confronti delle imprese. Lo stock totale ammontava nel 2011 a 71 miliardi, secondo stime della Banca d’Italia.
Si tratta, si legge nella nota, di debiti accumulati a causa dell’abnorme aumento dei tempi di pagamento della PA: 180 giorni in Italia nel 2012, contro gli appena 36 giorni in Germania.
“Questa restituzione di liquidità darebbe ossigeno a molte aziende” afferma il Centro Studi che prosegue affermando che  “oggi è in atto un circolo vizioso” per il quale “le banche sono caute nell’erogare prestiti, dato il timore per il contesto recessivo che fa crescere le sofferenze”.
E per le sofferenze si può parlare di vera impennata visto il passaggio a 126 miliardi di euro in Italia a gennaio (di cui 84 su prestiti alle imprese) mentre erano 41 miliardi a fine 2008. In rapporto ai prestiti sono al 6,4%.
Secondo Confindustria “Le perdite su crediti che ne possono scaturire (e gli accantonamenti necessari a coprire le perdite attese) erodono il capitale delle banche e abbassano ulteriormente la loro redditività. Questa è già scesa negli ultimi anni ai minimi storici: l’utile netto era al -0,60% dell’attivo nel 2011, da 0,85% nel 2006”.
L’economia italiana è quindi bloccata dalla mancanza di credito con lo stock erogato, sempre secondo Confindustria, che si è ridotto di 46 miliardi di euro: un evento senza precedenti nel dopoguerra”. In assenza di un intervento rischia così di “partire la terza ondata di credit-crunch, dopo quelle del 2007-2009 e quella del 2011-2012”. Una misura che potrebbe sbloccare lo stallo del credito e dell’economia conclude il Centro Studi di Confindustria, sarebbe “il pagamento immediato alle imprese di 48 miliardi di euro di debiti commerciali della PA”.

Buone notizie dall’estero. Usa disoccupati in calo, UE bilancia in attivo
Secondo i dati diffusi da Eurostat nel quarto trimestre 2012 la bilancia dei pagamenti dell’eurozona fa segnare un attivo record di 59,5 miliardi di euro (pari al 2,5 per cento del Pil), mentre nell’Ue-27 il surplus e’ di 34,1 miliardi con il ritorno all’attivo del commercio delle merci (+5,1 miliardi, era -15,6 miliardi nel quarto trimestre 2011). A crescere soprattutto il commercio delle merci.
Segnali incoraggianti arrivano dal mercato del lavoro degli Stati Uniti dove il tasso di disoccupazione è  sceso a febbraio al 7,7%, facendo segnare il livello pù basso dalla fine del 2008. era al 7,9% a gennaio.
Battute le previsioni con 236mila posti di lavoro creati nel mese contro l’attesa che puntava a 160.000 nuove posizioni.

Consumatori (e governatore di Banca d’Italia). Stop ai compensi d’oro
Il Governatore di Banca d’Italia ha invitato a rivedere gli stipendi del top management. Per il Governatore “Le politiche di remunerazione vanno riviste, al fine di allineare meglio i compensi ai risultati reddituali di lungo periodo corretti per il rischio e di evitare gestioni miopi o inutilmente rischiose”
Il Codacons ha intanto diffuso un comunicato in cui invita il nuovo Governo ad applicare “il recente referendum svizzero, bloccando i compensi d’oro ed i super bonus dei banchieri e dei top manager in genere”.
La richiesta del Codacons viene avanzata proprio alla luce dei dati resi noti oggi da Bankitalia in merito alla contrazione dei prestiti.
Per il Codacons questi dati possono significare due sole cose: “o che gli italiani stanno tutti bene e la crisi non c’è mai stata, per cui nessuno ha bisogno di chiedere prestiti, oppure che le banche hanno smesso di fare il loro mestiere di prestare soldi e far circolare la moneta”.
”E’ sacrosanto – conclude quindi l’associazione – che siano gli azionisti e non i consigli di amministrazione a decidere sui compensi dei manager e che siano vietati bonus in caso di acquisizioni e vendite, onde evitare conflitti di interessi”.

Condividi sui social

Articoli correlati