Il Lavoro Mobilita. Tutti in piazza il 9 aprile

RAVENNA – “Precario: dal latino precarium “ottenuto con preghiere”; derivato da prex, precis “preghiera”. Nella sua rozzezza di lingua da guerrieri, in barba alle sottigliezze del “volgare” che con il termine “precario” indica più l’instabilità, il disequilibrio, la temporaneità, il latino non edulcora, non tranquillizza e, soprattutto, non si preoccupa di nascondere il concetto e con crudezza manifesta tutto il valore di “concessione”, di “favore” che, in realtà, il lemma sottintende.

Del resto, in un mondo in cui il lavoro di fatica era spesso legato alla condizione di schiavitù, ai potenti di allora poco importava di celare dietro perifrasi, mimesi, rotazioni vocaliche e scivolamenti semantici i concetti veri che le parole esprimevano e, ahi noi, continuano ad esprimere nonostante l’inutile (per il miglioramento delle coscienze e della civiltà) rincorrersi dei secoli.

è, quindi, per ribellarsi a questo inesorabile trascorrere del tempo, a questa condizione di “oranti del lavoro”, di “postulanti della vita” che, rispondendo all’appello – lanciato in rete da un gruppo di precari e ripreso da 19 associazioni – domani, 9 aprile, migliaia di “sfruttati senza presente” si mobiliteranno in 29 città d’Italia per affermare il loro diritto al presente.

L’Appello: “Il nostro tempo è adesso, la vita non aspetta”
“Siamo stanchi di questa vita insostenibile – scrivono i promotori della manifestazione – ma scegliamo di restare. Questo grido è un appello a tutti a scendere in piazza: a chi ha lavori precari o sottopagati, a chi non riesce a pagare l’affitto, a chi è stanco di chiedere soldi ai genitori, a chi chiede un mutuo e non glielo danno, a chi il lavoro non lo trova e a chi passa da uno stage all’altro, alle studentesse e agli studenti che hanno scosso l’Italia, a chi studia e a chi non lo può fare, a tutti coloro che la precarietà non la vivono in prima persona e a quelli che la “pagano” ai loro figli.
Lo chiediamo – conclude il testo dell’appello – a tutti quelli che hanno intenzione di riprendersi questo tempo, di scommettere sul presente ancor prima che sul futuro, e che hanno intenzione di farlo adesso”.

Nell’appello manca, assolutamente, qualsiasi forma di analisi sul perché un fenomeno di tale portata si sia potuto compiere. Non una parola è spesa per tentare di capire quale rapporto ci sia tra precarietà e nuove modalità di contrattazione; tra rifiuto del Sindacato delle sue prassi, delle sue conquiste (per quanto minimali) e remissione-cancellazione dei diritti.

Il documento, ancora, si attarda in un attacco, sterile quanto inutile, in un paese come questo, “a privilegi e disuguaglianze” (non meglio definite) dedicando all’infrangersi “dell’illusione della salvezza individuale”, da molti coltivata, soltanto una riga prima di lanciare il grido alla riscossa per “passare all’azione… in un’azione comune. Per raccontare chi siamo e non essere raccontati, per vivere e non sopravvivere, per stare insieme e non da soli”.

Il silenzio delle forze politiche
Un’analisi, insomma, ingenua e disarmante nella sua ingenuità, che non si pone il problema di spiegare il perché questo nuovo sistema di produzione (e, conseguentemente sociale) stia mettendo ai margini due generazioni intere di persone limitandosi, soltanto, a raccontare le facce, le vite, gli inciampi delle persone che in questa precarietà ci vivono.

Un appello, però, che sarebbe ingiusto e ingiustificato lasciar cadere nel vuoto o riservargli, come fanno i “grandi” del PD, un silenzio assordante quanto colpevole: per la correità nelle scelte esiziali – in nome del “meglio precario che niente” – dei decreti sul lavoro interinale come sulla mancata abrogazione della Legge Biagi, per arrivare alle ultime prese di posizione di molti “notabili” sulle “NewCo” di Pomigliano o sul referendum al Lingotto.

Così, “sperando di avere in piazza – dice Luca De Zolt, uno degli organizzatori dell’evento romano –  tutti i leader politici sensibili al tema” (ad ora sembra abbiano aderito, oltre alla Camusso, solo “giovani” del PD, alcuni deputati di Idv e Nichi Vendola), la risposta della società civile, degli intellettuali e degli artisti e uomini di cultura non si è fatta attendere.

La partecipazione degli intellettuali
Oltre ad Ascanio Celestini, Moni Ovadia, David Riondino, Dario Vergassola e Daniele Silvestri che hanno prestato voce e volto all’appello che gira in rete  per lanciare la mobilitazione, alla manifestazione di Roma, che partirà alle 15 da Piazza della Repubblica, hanno già assicurato la loro adesione: tutto il cast del film “Boris” con Pietro Sermonti, Alessandro Tiberi, Caterina Guzzanti e Ninni Bruschetta che saranno in piazza insieme a Valerio Mastandrea, Dario Fo e Franca Rame, il Trio Medusa, Sabina Guzzanti, Margherita Hack, la scrittrice Silvia Avallone e molti altri.

Ai precari italiani, inoltre, che da Milano, a Torino, Palermo, Bari, Firenze e in altre 24 città si mobiliteranno per dire basta a questo spreco di energie, si uniranno “i cervelli che sono dovuti scappare” che scenderanno in piazza a Bruxelles, Washington e Barcellona.

Le cifre dell’emergenza
Un pò di numeri. In Italia, con la crisi il tasso di disoccupazione giovanile è tornato a crescere: a dicembre 2010: 29,8 per cento per gli uomini e 29,4 per cento per le donne (con un picco del 40.6 per cento per le giovani del Mezzogiorno).

Ogni anno sono 45 mila i laureati che lasciano l’Italia, il loro disamore per il nostro Paese costa annualmente – stima l’Ocse – 6 milioni di dollari.

I più tartassati tra i precari sono gli stagisti che, per la loro attività, percepiscono nemmeno un euro di rimborso spese. Solo 11 su 100, poi, saranno realmente assunti: a vario titolo e con qualsiasi tipologia contrattuale.

Il precariato, intanto, sembra essere una piaga che ha contagiato anche il mondo del giornalismo dove i precari delle redazioni (co. co. co) guadagnano anche 5 euro per un pezzo pubblicato sulla “carta” e, addirittura sul web il compenso può scendere anche più della metà.

29 per cento è la quota più alta dal 2004, segnalata dall’Istat, di giovani – tra i 15 e i 24 – che non studiano, non hanno un lavoro o che forse non lo hanno neppure iniziato a cercare.

Generazione 800 Euro
Per la serie: “non c’è limite al peggio”, il dato più terrificante è quello fornito dall’agenzia di recruitment “Bachelor” secondo cui il salario medio dei neo laureati, quelli del 2010 assunti, cioè,  l’altro ieri, al di la delle diverse tipologie contrattuali, è calato – rispetto al 2008 – di oltre trecento euro passando da 1.100 euro a poco più di 800 (827 per la precisione) confermando, in tal modo, la “profezia” di Ascanio Celestini secondo cui: “Se tu accetti oggi che ti tolgano il 20 per cento dello stipendio, domani te lo taglieranno del 50; se tu accetti oggi che ti tolgano un quarto d’ora di pausa, domani te la toglieranno tutta”.

 

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