Il tracollo delle borse e l’incubo di Weimar

ROMA – Panico sui mercati, borse in altalena, crolli a raffica da una sponda all’altra dell’Atlantico, terrore anche sui mercati asiatici, petrolio ai minimi da anni, incertezza e instabilità internazionale: davvero un pessimo avvio d’anno per il mondo finanziario e, di conseguenza, vista la stretta connessione fra ciò che avviene nei luoghi delle contrattazioni sui titoli e ciò che avviene nell’economia reale, per la società nel suo complesso.

No, così non si può andare avanti. All’inizio si poteva pensare a un fisiologico ribasso al termine di un 2015 sostanzialmente positivo, anche per quanto riguarda Piazza Affari, ma ormai, dopo quattro settimane di tracolli continui, durante le quali la sola Milano ha perso circa il 12 per cento, in un contesto di volatilità globale e con un quadro politico mai così fragile e mutevole, è evidente che è in atto il ritorno in scena della speculazione che nel 2011 rischiò di condurre al default intere nazioni, fra cui l’Italia.

È chiaro che l’attacco speculativo ai danni dei nostri istituti di credito cela un desiderio di scalata ostile, con rischi imponderabili per il futuro del Paese, trattandosi di forzieri come il Monte dei Paschi, Unicredit, Intesa San Paolo e altri scrigni dai quali dipende il futuro di milioni di persone, di famiglie e di imprese. 

È chiaro che stiamo assistendo a un tentativo di condizionare e piegare i singoli governi ai desiderata di entità oscure, mai elette da nessuno, le quali stanno sferrando un autentico assalto alle nostre democrazie e ai valori costitutivi dell’Occidente: una guerra in piena regola la cui gravità e pericolosità è stata finora colpevolmente sottovalutata.

È chiaro che l’Italia è nell’occhio del ciclone anche a causa del pasticciaccio andato in onda nei mesi scorsi su Banca Etruria e sulle popolari, con investitori e risparmiatori disperati per aver perso, in alcuni casi, il patrimonio accumulato in una vita.

È chiaro che le responsabilità di questo disastro non sono riconducibili direttamente al governo, anche se l’atteggiamento tenuto nelle ultime settimane dal ministro Padoan non solo non ci convince ma ci induce a pensare che le stesse trattative con l’Unione Europea per quanto concerne le sofferenze delle singole banche e la necessita di dar vita a una bad bank nella quale far confluire le scorie degli istituti in sofferenza, al netto dell’accordo raggiunto qualche giorno fa, non siano state condotte nel migliore dei modi.

In conclusione, una cosa è certa: con la Cina che frena per il bisogno fisiologico di arrestare una crescita disumana e insostenibile dal punto di vista ambientale, climatico e sociale, con gli Stati Uniti incapaci di esercitare una leadership compiuta in un contesto multipolare e con un’Europa in guerra con se stessa, squassata dalla crisi e succube del populismo più becero, la prospettiva di una Weimar mondiale purtroppo non si può più escludere. E la democrazia, da settant’anni a questa parte, non è mai stata così debole e impopolare.

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