Terrorismo. L’Italia a rischio, l’ombra di nuove minacce

ROMA –  “L’Italia appare sempre più ‘esposta’” al rischio di attacchi terroristici. A lanciare l’allarme è la ‘Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza’, consegnata oggi alle Camere.

Nella valutazione del comparto sicurezza si legge come il nostro paese sia “target potenzialmente privilegiato sotto un profilo politico e simbolico/religioso, anche in relazione alla congiuntura del Giubileo straordinario; terreno di coltura di nuove generazioni di aspiranti mujahidin, che vivono nel mito del ritorno al califfato e che, aderendo alla campagna offensiva promossa da Daesh, potrebbero decidere di agire entro i nostri confini”. Nella relazione dell’Intelligence, di oltre 130 pagine, si legge, inoltre, come vadano “valutati con estrema attenzione i crescenti  segnali di consenso verso l’ideologia jihadista emersi nei circuiti radicali on-line, frequentati da soggetti residenti in Italia o italofoni”. 

“Si tratta di individui anche molto giovani – continua il testo – , generalmente privi di uno specifico background, permeabili ad opinioni ‘di cordata’ o all’influenza di figure carismatiche e resi più recettivi al ‘credo’ jihadista da crisi identitarie, condizioni di emarginazione e visioni paranoiche delle regole sociali, talora frutto della frequentazione di ambienti della microdelinquenza, dello spaccio e delle carceri”. “La minaccia, che può concretizzarsi per mano di un novero diversificato di attori, rende il ‘rischio zero’ oggettivamente impossibile”, sottolineano i servizi di informazione e sicurezza. 

Aumentano anche in Italia i foreign fighters

Non a caso, si legge che “anche in Italia, il fenomeno dei foreign fighters, inizialmente con numeri più contenuti rispetto alla media europea, è risultato in costante crescita, evidenziando, quale aspetto di particolare criticità, l’auto-reclutamento di elementi giovanissimi, al termine di processi di radicalizzazione spesso  consumati in tempi molto rapidi e ad insaputa della stessa cerchia familiare”. I recenti attentati in Francia hanno “verosimilmente inaugurato una strategia di attacco all’Occidente destinata a consolidarsi, anche nelle modalità attuative: forme di coordinamento orizzontale flessibile – seppure stabile e continuativo grazie anche alle  comunicazioni su social network e chat criptate – tra una ‘direzione centrale’, presente in territorio siriano o iracheno, e cellule delocalizzate, chiamate a gestire in autonomia i dettagli della pianificazione operativa, calibrando logistica, obiettivi, tempi e luoghi secondo capacità ed opportunità”.

L’ombra delle Br

E non è tutto. Anche “sul versante degli ambienti di matrice brigatista continuano ad essere presenti – sebbene in un orizzonte temporale di medio-lungo periodo – potenziali rischi di una ripresa del fenomeno eversivo, legati ad alcuni aspetti non del tutto ricostruiti dalle indagini sull’ultima stagione terroristica”. La Relazione  segnala come “i circuiti di ispirazione marxista-leninista rivoluzionaria, per quanto ridotti, hanno mantenuto l’impegno, specie attraverso alcune iniziative editoriali, a preservare e tramandare la memoria delle organizzazioni combattenti degli anni ’70-’80, con l’evidente intento di divulgare, soprattutto presso le nuove generazioni, un’esperienza ritenuta esemplare per i suoi contenuti politici dichiaratamente volti al radicale sovvertimento del sistema costituito. Tale attivita’ propagandistica e’ pertanto funzionale al proselitismo e alla formazione di nuove leve, nonche’ a progetti, per ora velleitari, di ricostruzione e unificazione delle forze rivoluzionarie residue”. 

Secondo la nostra intelligence, inoltre, “ha continuato a cogliersi una certa influenza del cosiddetto ‘carcerario’ che, sebbene non generalizzata come negli scorsi decenni, ma ormai limitata all’iniziativa di un ristretto nucleo di detenuti politici storici, ha tentato di indirizzare sul piano ideologico l’impegno delle formazioni attive fuori dal carcere. In proposito, l’attenzione dei militanti e’ stata orientata sia verso il tradizionale mondo del lavoro (senza che tuttavia siano stati conseguiti risultati di rilievo in merito al tentativo di inserimento strumen¬tale nelle vertenze in atto), sia verso le manifestazioni piu’ significative della protesta sociale, con l’obiettivo di conferire loro una prospettiva politica che le porti a superare la dimensione meramente rivendicativa; inoltre, gli eventi internazionali e il fenomeno migratorio hanno sollecitato un rinnovato interesse per il complesso scenario estero, cui si e’ tentato di fornire una lettura di classe e antimperialista”. 

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