L’ingiustizia colpisce i più deboli. Il principe dei poveri chiede aiuto

ROMA –  Avete mai provato quello stato d’animo di angoscia profonda che vi impedisce di ragionare con una certa lucidità? 

Quella sensazione bruttissima, al limite di un attacco di panico, dove tutto sembra crollarvi addosso irrimediabilmente, dove giunti a fine certa non è più possibile intravedere una piccola via di fuga dallo stato d’animo che rompe la linea regolare dei nostri pensieri. Ebbene, queste sono le sensazioni che accompagnano  da anni, tra docce gelate e speranze disattese, la vita di un uomo qualunque; sicuramente un po’ più sfortunato, ma non per questo indegno di vivere la sua vita a testa alta, con quel minimo di dignità che in uno stato di diritto dovrebbe essere garantito ad ogni singolo cittadino.
Utopia? Affatto.
Quest’uomo si chiama Antonio Trapani, e probabilmente noi di Dazebao siamo stati i primi ad occuparci della sua triste vicenda.
“Roma, servizi sociali inesistenti. La storia di Antonio, un grido disperato d’aiuto”

Questo fu il titolo del primo articolo che riportò la vergognosa vicenda di Antonio. Una storia che si trascinava già da alcuni anni e che finalmente il 14 settembre del 2009 finì nella grande calderone del web.

Qualcosa si mosse, certo. Qualcuno s’interessò al suo caso, dimostrò un po’ di interesse con quella sufficienza che si usa in certi frangenti. Poi il silenzio. Insomma, le cose fondamentalmente non mutarono di una virgola. Antonio era stato costretto a lasciare il suo  lavoro a Belluno per rientrare a Roma ed assistere la madre rimasta sola e gravemente malata. I due sopravvivevano con la pensione dell’anziana donna, 900 euro, in un appartamento nel quartiere popolare di Torpignattara, dove sborsano una cifra davvero insostenibile, 780.

Ma la storia di Antonio continua e qualche mese più tardi  contatta ancora la nostra redazione per informarci che la situazione è rimasta tale, nonostante i solleciti alle istituzioni competenti.
Ancora una volta ci armiamo di penna: “Disoccupato e sfrattato per assistere la madre. Storia di ordinaria ingiustizia“, con la speranza che questa volta l’opinione pubblica, gli enti preposti possano volgere lo sguardo verso una persona in grosse difficoltà. Ma non successe assolutamente nulla. Anzi si sprecarono tante parole al vento. Parole di circostanza, quelle che apparentemente incarnano quella subdola vicinanza al problema, ma che di fatto evitano di affrontarla. Insomma è una scena già vista. E’ come camminare  per la strada incontrando improvvisamente un disgraziato che chiede l’elemosina e fare finta che non ci sia. Volgere lo sguardo altrove, come fosse il gesto dettato dall’istinto della sopravvivenza. La paura di guardare la bruttezza sociale che ci circonda potrebbe infettare i pensieri, specie di fronte a un dramma così lacerante.

Antonio è sempre più solo, con una madre inferma da accudire e uno sfratto in corso e scrive, scrive, non smette mai di farlo. Scrive la sua disperazione, la sua angoscia, le sue speranze disattese, chiede aiuto come meglio può. Invia lettere al Comune, al sindaco Gianni Alemanno, a Piero Marrazzo, all’epoca governatore del Lazio, dove nel sito della Regione campeggiava la scritta “Dillo a Marrazzo”, quasi volesse farci credere che la sua trasmissione televisiva si era trasferita nei palazzi della Giunta. Scrive addirittura al Presidente del Consiglio a quello della Repubblica, ai servizi sociali. Ma, ahimè, il risultato non cambia.

E l’odissea di Antonio non finisce qui. Siamo solo all’inizio. Il 7 gennaio alle 10,26 il cuore della madre smette di battere per sempre e Antonio è ancora più solo.  Abbandonato anche economicamente visto che non c’è reversibilità che tenga. E così mentre la pensione della madre si volatilizza, anche la casa rimane un punto interrogativo, visto che dovrà lasciarla entro il 31 agosto del 2011, come minaccia il proprietario  che dice di essere in possesso di una sentenza di sfratto già pronta e firmata da un giudice. Ancora ci occupammo del caso Trapani.  “La mia vita è morta”. Il grido disperato dell’esclusione sociale”.

Era il 24 gennaio del 2011.
Antonio, ormai ribattezzato il principe dei poveri continua a scrivere alle istituzioni. Dopo il can can mediatico lo invitano perfino a qualche trasmissione televisiva in Rai. Tanto sdegno e sgomento suscita nei presenti la sua storia. Ma le cose non cambiano. Nessuno muove un solo passo per aiutarlo. Tante pacche sulle spalle, quelle non mancano: “Dai vedrai che tutto si sistemerà. Fatti coraggio,”. Ma nella vicenda di Antonio le cose non si sono mai aggiustate, anzi, sono andate sempre peggio,  tanto da toccare più volte il fondo del barile.
Oggi per l’ennesima volta vogliamo parlare ancora della storia disperata di un uomo,  diventata l’emblema di un problema, che senza false retoriche, ci tocca tutti da vicino: la mancanza di servizi sociali adeguati come garantisce la nostra Costituzione, ma anche la scomparsa di quella solidarietà tra uomini e donne che  nel bene e nel male attraversano lo stesso percorso di vita, senza nessuna differenza, se non quella dell’apparenza ingannatrice.
Noi continueremo a scrivere questa storia perchè racchiude un’ingiustizia profonda, inaccettabile,  nella consapevolezza che se cambia la vita di Antonio anche la nostra potrà essere migliore.

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