Riprendiamoci la città. Le occupazioni a Roma contro il disagio abitativo

Due casi concreti sulla Tiburtina e in via Antonio Musa. La città si mobilita contro la speculazione edilizia

ROMA – La casa è un diritto e appartiene a tutti, sia a chi si può permettersi spese folli per una abitazione ( e a Roma i costi di un appartamento sono arrivati a livelli insensati), sia per chi non ha i mezzi e chiede un luogo pulito e dignitoso dove poter progettare un futuro. Questo è il senso profondo che ha spinto precari, disoccupati, stranieri, gente qualunque con lo slogan “Riprendiamoci la Città” ad occupare uno stabile vuoto nei pressi del Centro Commerciale Panorama in via Tiburtina. Organizzati attorno alla sigla Blocchi Precari Metropolitani e in coordinamento con le altre occupazioni che si sono verificate nei giorni scorsi in tutta Roma, non si tratta di delinquenti o spacciatori come la solita stampa e informazione di parte ama dipingere ogni persona che partecipa a tali esperienze, ma un gruppo eterogeneo di individui, stranieri e italiani, che ne hanno abbastanza di una città che non offre nulla e che ha lasciato in mano agli speculatori edilizi la costruzione di case che vendono a peso d’oro devastando il territorio romano e dimenticandosi volutamente di fornire servizi essenziali alla cittadinanza quali strade, illuminazione, collegamenti funzionali con il centro, scuole, parchi, centri di assistenza e di pronto intervento e altro ancora.

Abbiamo incontrato Yosef, uno dei responsabili dell’occupazione che si raccoglie attorno al gruppo dei Blocchi Precari Metropolitani, che ci ha spiegato come stanno veramente le cose: “Vanno respinte tutte le falsità che sono state scritte sui giornali e da persone poco informate degli accadimenti. Noi siamo persone, famiglie intere, che rivendicano il diritto all’abitare come tutti gli altri, un diritto che non può essere negato da nessuno. Abbiamo occupato questo stabile sulla Tiburtina perché era vuoto da anni e perché alle nostre rivendicazioni, ai nostri bisogni il Comune di Roma non ha mia risposto. Io, ad esempio, sono dieci anni che aspetto l’assegnazione di una casa popolare, le pare una cosa possibile? E così sono in tanti come me e non ce la facciamo più. Non possiamo permetterci gli affitti altissimi delle case e tanto meno comprarle. Qui a Roma non si fa più edilizia popolare, tutto è lasciato in mano ai palazzinari che fanno affari sulla pelle della gente e noi ci vogliamo opporre a tale ingiustizia. Siamo in tanti, italiani e stranieri, molti con famiglie al seguito e insieme a noi ci sono quaranta bambini e dieci donne incinta. Siamo una comunità e vogliamo trasformare questa struttura in un Residence abitativo in attesa di soluzioni dignitose e concrete per tutti noi”. Molti giornali hanno parlato di un gruppo di esagitati, di ubriaconi e di spacciatori, di micro-deliquenza, ma Yosef respinge sdegnato tutte le accuse: “Siamo persone normali, gente comune, teniamo tutto pulito e abbiamo persino un nostro regolamento interno. Nessuno può andarsene in giro all’interno dello stabile con una birra in mano e chi è violento o fa violenze, viene subito allontanato e sbattuto fuori. Vogliamo solo il rispetto dei nostri diritti ma per ora, a parte la Digos e i carabinieri, non è venuto nessuno. Vogliamo parlare con le istituzioni e trovare una soluzione allo stato di disagio che stiamo vivendo, ma per ora non abbiamo intenzione di andarcene. Siamo organizzati, abbiamo luce, acqua e abbiamo un regolamento per far funzionare le cose con turni di pulizia dello stabile e di vigilanza. Non è giusto attendere anni, decenni per l’assegnazione della casa o peggio dover pagare per ottenere un posto in un Residence. Resteremo e continueremo la nostra battaglia nonostante tutti i tentativi di sgombero”.

In via Antonio Musa, in uno stabile di pregio nei pressi di villa Torlonia di proprietà della Provincia di Roma, anch’esso vuoto da anni e cartolarizzato di recente per fare cassa e acquistare il mega-palazzone al Torrino (dei costruttori Parnasi) dove spostare in massa i dipendenti di un ente in dismissione, si sono organizzati in occupazione trentacinque studenti dell’Università di Roma per trasformare lo stabile in una Casa dello Studente funzionale e che possa dare risposte concrete alla fame di posti dove poter studiare e dormire in una città che offre a mala pena 2000 posti letto a fronte di una richiesta complessiva di 200.000 mila. Una vera vergogna che ci pone all’ultimo posto tra le capitali europee. Gli studenti sono organizzati nel “Progetto Degage” e si coordinano con Action, Blocchi Precari Metropolitani e con tutto quel movimento che è unito da una sola semplice e fondamentale frase “Casa per tutti”. Abbiamo parlato con Pietro, uno dei responsabili dell’occupazione di via Musa che ci ha tenuto a sgomberare ogni equivoco: “Non siamo scalmanati, né teppisti, né delinquenti, come vogliono etichettarci la stampa e una certa parte politica, siamo studenti stanchi di subire una città che non offre nulla e vogliamo riprenderci tutti gli spazi abitativi che ci spettano. Ci sono centinaia di stabili abbandonati che possono essere recuperati e restituiti alla cittadinanza sotto forma di servizi, di case, di strutture funzionali che vadano a vantaggio della collettività. Sono esperienze già tentate in tutta Italia e che hanno avuto successo. Anche qui, a Roma, si devono avviare situazioni simili per metter l’accento, come abbiamo fatto anche in passato, sulla precarietà dello studente, sull’assenza di alloggi per lo studio e sulla mancanza totale di politiche abitative e di edilizia popolare”. Alla domanda se hanno avuto contatti con le istituzioni, Pietro ci tiene a sottolineare che “c’è stata la piena solidarietà per le nostre rivendicazioni da parte del Municipio dove si trova via  Antonio Musa e abbiamo avviato un tavolo di confronto con il governatore Nicola Zingaretti che ha basato la sua campagna elettorale proprio sull’emergenza abitativa e sulle necessità di dare risposte concrete al caro alloggi per gli studenti. Lo scandalo della casa dello Studente a Ponte di Nona, irraggiungibile, scomodo, distante da tutto e da tutti, dove nessuno ci abita e che è vuoto, non deve più accadere. Ci aspettiamo la coerenza della politica che a parole si fa paladina dei problemi della gente, ma che nei fatti fino ad ora ha realizzato ben poco”.

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