La scuola non è un’azienda. Docenti autoconvocati contro i misfatti di luglio

 

GENOVA – Sala gremita all’Assemblea Scuola movimento 14 luglio tenutasi  a Palazzo Fieschi. Una partecipazione che ricorda la scuola attiva degli anni ’70. Presto uscirà la rete stilerà un  comunicato con delle proposte  da condividere con la rete nazionale dei docenti che si stanno autoconvocando in tutto il Paese contro i tagli indiscriminati alla scuola.

Una serie di interventi di altissimo livello, un taglio del tutto nuovo, l’idea di dare continuità al movimento oltre il breve termine. Sono emersi temi che il Ministero della Pubblica Istruzione ignora o finge di ignorare e che non sono entrati nelle proposte del ministro. I docenti al di là e oltre le azioni di lotta a partire da subito per contrastare in tutti i modi i “misfatti di luglio”, hanno in mente un’idea di scuola che vogliono far conoscere e che può funzionare. 

Ecco uno stralcio del documento proposto firmato dal gruppo promotore Elena Guaraglia, Daniela Malini e Eleonora Marletta:  “In sintonia con quanto disposto dal decreto Aprea-Ghizzon, il ddl si configura come un vero e proprio taglio di spesa, sulla pelle di famiglie, studenti e sugli insegnanti. Si configura altresì come un rafforzamento della scuola vista come un’azienda dove le priorità sono quelle di dare superpoteri ai dirigenti scolastici, annullare le pratiche di collegialità che hanno caratterizzato la scuola italiana, dare priorità all’insieme delle valutazioni: della scuola, dei docenti, degli allievi e infine persino dei dirigenti scolastici secondo la logica dell’invalsizzazione! Ancora una volta un governo che si presenta come di centrosinistra è quello che attua una riforma che neppure Monti e Berlusconi erano riusciti a fare. Il provvedimento cala, come al solito dall’alto e senza dibattito, una serie di misure che tutto hanno in mente meno quella di riformare davvero la scuola, se mai di riordinarla e riorganizzarla per meglio seguire e adeguarsi a logiche aziendali di efficientismo e risparmio di cassa. Noi siamo per una scuola che conosce i nomi dei ragazzi e le loro storie, non una scuola che li riduce a numeri. Una scuola che lavora per i ragazzi e con i ragazzi sullo sviluppo delle capacità critiche, non una scuola dei quiz. Una scuola che tenga in massimo conto da dove sono partiti, i progressi che hanno fatto, le competenze raggiunte, quelle disciplinari e interdisciplinari certo, ma anche quelle di cittadinanza e di socialità. Una scuola inclusiva, democratica, che metta al centro le relazioni tra allievi e allievi, tra docenti e allievi, tra docenti e docenti. Perché solo da relazioni significative nasce e si sviluppa la motivazione all’apprendimento, la fiducia nella possibilità di costruirsi un futuro. Una scuola dove vi sia il tempo per parlare e per parlarsi, per decidere insieme, non una scuola verticistica con tutti i poteri nelle mani del dirigente scolastico. Siamo per una scuola che dialoghi con il territorio, non che sia un semplice contenitore di iniziative di privati. Per tutto questo chiediamo che si possa procedere a un dibattito serio con le istituzioni su quello che realmente serve alla scuola. E per fare ciò è imprescindibile discuterne con chi in essa lavora e vive: i docenti, gli studenti, le famiglie. Non è forse ora che finalmente nel nostro paese si proceda a un piano di investimento culturale e finanziario per l’istruzione? Ci vuole un’idea di scuola, alla base, e le risorse per realizzarla”.

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