Juventus: dalla leggenda a Cardiff

Uno dei motivi principali per cui sono diventato juventino, peraltro nell’anno in cui la Vecchia Signora venne privata di due scudetti vinti con pieno merito sul campo, elargendo ben otto giocatori alla finale del Mondiale tedesco, non riguarda tanto il fatto che sia la squadra più vincente d’Italia quanto il fatto che sappia vincere con uno stile inimitabile. 

Aveva ragione, dunque, Italo Pietra quando asseriva che “la Juventus è uno stile di vita”. Tifare Juve, infatti, significa gioire per un risultato oggettivamente leggendario come quello conquistato ieri allo Stadium contro il Crotone, festeggiare il giusto e poi rivolgere lo sguardo alla finale di Cardiff contro un Real Madrid che, sempre ieri, ha conquistato la sua trentatreesima Liga. Tifare Juve significa, inoltre, avere una concezione storica del calcio, visto che oggi ricorre il quarantesimo anniversario dello scudetto del ’77, vinto dalla corazzata del Trap con 51 punti contro i 50 del Torino, al termine di un derby lungo quanto un campionato e di una sfida con i granata di Gigi Radice che tutt’oggi fa venire la pelle d’oca. 

Tifare Juve significa, ancora, non dimenticare che ricorre anche il quarantesimo anniversario del primo trionfo europeo di Madama: la Coppa UEFA conquistata a Bilbao contro un Athletic scatenato, in una Spagna in piena transizione e nella quale l’orgoglio basco si faceva sentire eccome. 

Tifare Juve significa, in poche parole, saper vincere con sobrietà e guardare sempre avanti, anche perché altrimenti i risultati conseguiti a partire dal 2011 sarebbero stati impossibili da raggiungere. 

La Juve vince e guarda già al futuro, con Marotta che valuta le occasioni offerte dal calcio-mercato, ben cosciente del fatto che questa rosa, per quanto straordinaria, abbia bisogno di alcuni ritocchi, visto che la carta d’identità dei suoi punti di riferimento comincia a farsi sentire. 

La Juve vince ma non umilia gli avversari; vince ma non si culla sugli allori; vince ma sa bene che lo scudetto e la Coppa Italia, per quanto notevoli e tutt’altro che semplici da raggiungere, costituiscono comunque traguardi inferiori rispetto all’ossessione dei tifosi bianconeri circa quella coppa dalle grandi orecchie che sfugge ormai dal ’96.

La Juve vince, poi, perché sa rigenerare dei fuoriclasse che altrove avevano dato per finiti (Pirlo e Dani Alves, tanto per fare due nomi) e perché sa valorizzare i migliori talenti in circolazione, a cominciare dai giovani azzurri che anche il commissario tecnico Ventura sta finalmente lanciando e rendendo protagonisti.  Tifare Juve oggi vuol dire commuoversi insieme al “principino” Claudio Marchisio: uno che di scudetti ne ha vinti sei di fila ma non ha certo smesso di avere fame.  Tifare Juve significa pensare che oggi la difesa è presidiata da Buffon, Barzagli, Bonucci e Chiellini ma domani ci sarà un degno erede di SuperGigi (impresa ardua, visto ciò che rappresenta Buffon per la Juve e per il calcio italiano in generale) e poi Rugani, Caldara, Spinazzola e, forse, De Sciglio, pertanto il futuro è assicurato. 

Tifare Juve, infine, significa soprattutto ricordarsi da dove sono e da dove siamo partiti: da una Serie B straziante in cui la squadra che affrontò il Crotone battendolo per 3 a 0 allo Scida e per 5 a 0 in casa, se giocasse contro la compagine attuale, perderebbe in maniera roboante. 

Dieci anni e un cammino per rinascere e guardare avanti. Tifare Juve significa anche e soprattutto questo: non arrendersi mai. È una bella lezione anche per il Paese.

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