Matteo Chiesa, ex velocista anni 86-89: 48”0 sui 400, 21”5 sui 200, 10”8 sui 100

Fare uno sport significa, oltre all’attività fisica, conoscere gente, loro storie, anche fare lo psicologo dello sport significa conoscere persone, loro storie, apprendere da loro

ROMA – Ad ogni gara nuove conoscenze. Ho conosciuto Matteo Chiesa, ex velocita ed appassionato di sport, alla una staffetta mappamondo, una corsa di solidarietà dove 24 elementi di una squadra corrono ciascuno mezz’ora in pista di 400 metri, per un totale di 12 ore complessive, dalle 8 di mattina alle 20 di sera e vince la squadra che totalizza più giri di pista e quindi più chilometri.

Vi presento Matteo Chiesa attraverso le risposte al questionario utile per il mio prossimo libro che parlerà del punto di vista di atleti ed allenatori, rispetto a motivazioni, loro caratteristiche, aspetti che ti fanno mollare o che ti fanno diventare campione.

Qual è stato il tuo percorso per diventare un Atleta? “Ho cominciato con il nuoto a 10 anni per scelta dei miei genitori che lo definivano ‘sport completo’. Mi è sempre piaciuto anche il basket, definito dai miei ‘sport asimmetrico’, dopo di che ho scelto l’atletica grazie ai professori del liceo. Il mio allenatore, per 14 anni, è stato il mio professore del liceo. Ho cominciato a correre i 400 partecipando ai giochi della gioventù con la finale a Roma nel 1980; da allora, fino ai primi anni 90 ho fatto atletica in pista dando il meglio negli anni 86-89 (48”0 sui 400, 21”5 sui 200, 10”8 sui 100). Mi sono allenato a Genova con Francesca Carbone che è stata campionessa italiana e ha partecipato alle olimpiadi sui 400 negli anni 90e ho terminato a Roma con la Palatino. Ho praticato anche sci e windsurf. Attualmente, oltre a correre, pratico Kitesurf, Paddel tennis e mi diverto con la mountain bike e lo snowboard. Ho provato anche il parapendio, non disdegno la pratica per diletto di ciclismo, nuoto, scuba diving, beach tennis, go kart; ho smesso di giocare a calcetto con gli amici il lunedì per preservarmi per gli altri sport.”

Che dire! Matteo Chiesa è l’uomo sport, è stato davvero un campione grazie alle sue doti ma anche, evidentemente grazie sia ai suoi genitori che l’anno indirizzato a fare sport giocando, sperimentando, senza pretese, e grazie anche ai professori di educazione fisica che ha incontrato fortunatamente lungo il suo percorso di vita scolastico. Bella esperienza formativa diventa a volte l o sport, conosci atleti olimpionici che ti trasmettono insegnamenti fondamentali.

Hai dovuto scegliere nella tua vita di prendere o lasciare uno sport a causa di una carriera scolastica o lavorativa? “Ho Smesso di fare atletica seriamente sia per motivi di lavoro, di età e per acciacchi fisici (ernia inguinale). Ho smesso di giocare a calcetto a 40 anni per poter fare gli altri sport senza farmi male.”

A seguito delle tue esperienze che consiglio ti andrebbe di dare a coloro che si trovano a dover fare scelte importanti nello sport? “Lo sport lo vedo principalmente come elemento ludico e di divertimento che aiuta socializzare e a stare in salute. Quando mi allenavo ‘seriamente’, andare al campo era un modo di spegnere il cervello ed entrare in un’altra dimensione, mi stancavo fisicamente ma allentavo la tensione mentale (studiavo al liceo e poi ingegneria).”

Come ha contribuito lo sport al tuo benessere e quali sono i fattori che hanno contribuito al tuo benessere o alla tua performance? “Io senza l’atletica non sarei diventato Ingegnere. I risultati ottenuti sono dovuti solo alla programmazione e al lavoro. Lo sport aiuta a programmare e a impegnarsi, divertendosi. Aiuta l’autostima e a socializzare.”

Riesci ad immaginare una vita senza lo sport? “Ancora adesso a 54 anni, non posso farne a meno; ho vari gruppi di amici: della ‘corsa’, di ‘kite’, di ‘paddel’ con più di una chat ognuno su Whatsup. Supporto Sport senza frontiere per aiutare i bambini in difficoltà a praticare sport.”

Quale alimentazione segui prima, durante e dopo una gara? Usi farmaci, integratori? Per quale motivo? “Quando ero atleta curavo molto l’alimentazione, ma con regole semplici: Carboidrati prima e Proteine dopo, no alchool, nemmeno la birra e tanta acqua. Adesso cerco di seguire le stesse regole, ma non in modo maniacale anche perché l’unica gara vera (con me stesso), e che uso come scusa per allenarmi è la Roma-Ostia. Integratori: i soliti sali dopo l’attività fisica intensa che ho cominciato ad usare sempre da qualche anno.”

Chi ha contribuito al tuo benessere nello sport o alla tua performance? “Principalmente me stesso! All’epoca il mio allenatore (Arturo Fedi).”

Qual è stata la gara della tua vita, dove hai dato il meglio di te o dove hai sperimentato le emozioni più belle? “Finale 4×400 Campionati Italiani Assoluti Stadio Olimpico 1987; ultimo frazionista della staffetta con la Snia di Milano (Rizzardi, Frigerio, Lazzati, Chiesa); siamo arrivati terzi! Mi è stato dato il testimone da Marco Lazzati in seconda posizione, davanti a me solo le Fiamme Oro ma nel cambio ho perso una posizione e mi sono trovato Ernesto Nocco (Fiamme Gialle) davanti per tutta la curva, sono stato dietro a lui fino ai 150 poi sono passato e lui, molto più alto di me mi ha tenuto largo alzando il gomito che mi ha colpito la spalla sinistra. Ho fatto la curva vedendo l’atreta delle Fiamme Oro a 15-20 metri davanti a me imprendibile, entrato in rettilineo mi sono allargato per evitare il rientro di Nocco, sul rettilineo però Roberto Bonetti (Carabinieri) mi ha superato all’interno negli ultimi dieci metri. Terzi. 3’10”64 !!! Non sono salito sul podio perché sono corso a prendere il treno per tornare a Genova da mio padre che poi è morto qualche giorno dopo di asbestosi.”

Qual è una tua esperienza che ti possa dare la sicurezza, la convinzione, che ce la puoi fare nello sport o nella vita? “Pianificazione, Umiltà e Lavoro (Fatica) e con un po’ di talento si diventa campioni nello sport.”

Cosa pensano i tuoi famigliari ed amici della tua attività sportiva tesa al benessere o alla performance? “Mi considerano uno ‘sportivo in forma’ in grado di fare ogni sport per divertimento. Quando ero un atleta l’allenamento era una priorità alta, adesso non lo è; diciamo che mi alleno se non c’è vento (per praticare il kitesurf – anche d’inverno) e quando non ho impegni famigliari. La corsa permette di allenarsi o alla mattina presto, o alla sera dopo il lavoro.”

Ti va di descrivere un episodio curioso o divertente della tua attività sportiva? “L’unica volta che ho ‘preso qualcosa’ per aiutarmi nella prestazione…. Facevo il militare con l’Aeronautica Militare, era estate e siamo andati a partecipare ad un 400 a Rieti. Durante il viaggio in furgoncino qualcuno ha tirato fuori un tubetto di Supradyn che ci siamo divisi come se fosse la pozione magica. Per fortuna il sorteggio mi ha assegnato la corsia esterna (6 o 8) perché al colpo di pistola della partenza ho avuto un attacco di diarrea istantaneo e fortissimo. Sono partito dai blocchi e dopo 20 metri sono uscito dalla pista e con le chiodate sono andato direttamente al bagno. Unica esperienza di ‘doping’ domestico con un integratore salino e comunque mi sentivo in colpa per ‘aver preso’ qualcosa simile ad un medicinale con l’intento di migliorare la prestazione.

Due anni fa mi sono accorto che detenevo ancora, dopo più 30 anni, i record sociali dei 400 indoor e all’aperto della mia storica società di atletica (Trionfo Ligure di Genova); ho telefonato al presidente ho messo un premio per chi avesse battuto i miei record sociali. In due anni tutti i miei record sono stati battuti da un ragazzo di origini africane Adeshola Ayotade grande atleta innamorato dell’atletica leggera e che studia ingegneria.”

Cosa hai scoperto del tuo carattere nel diventare atleta? “Benessere: Costanza, allegria, socializzazione, altruismo (fa molto bene al cuore), divertimento, autoironia.”

Quali i meccanismi psicologici ritieni ti abbiano aiutano nello sport al tuo benessere o alla tua performance? “Performance: (di un tempo) determinazione, auto stima, umiltà, rispetto delle regole e dell’avversario, conoscenza di se stessi.”

Quali sono le tue capacità, risorse, caratteristiche, qualità che hai dimostrato di possedere? “Costanza, dedizione, autoironia.”

Che significa per te partecipare ad una gara sportiva, hai sperimentato l’esperienza del limite nelle tue gare? “Nei 400 il limite l’ho raggiunto spessissimo ed era l’effetto dell’acido lattico negli ultimi 30-20 metri, quando i comandi mandati alle gambe di ‘girare’ non hanno nessun effetto, anzi il comportamento del corpo è l’esatto contrario, le ginocchia non vengono su, il busto va indietro e sembra di rimbalzare sulla pista senza avanzare, l’avvicinamento alla linea di arrivo rallenta inesorabilmente, il suono dell’ambiente diventa ovattato.”

Quali sono o sono state le tue sensazioni che sperimenti facendo sport pregara, in gara, post gara? “La tensione pre-gara la smorzo occupandomi del check del proprio corpo e dell’attrezzatura per poi in gara non avere intralci (bere, fare pipi, controllare le stringhe, etc…), visualizzare il percorso e la gara, in gara parto e vado a sensazione liberando la testa con un grosso sbuffo; post gara rilassamento totale assoluto.”

Ha maturato tanta esperienza Matteo chiesa nel corso degli anni, da quando faceva atletica a livello assoluto ed ora sa come controllare e gestire le sue sensazioni pregara riconoscendole e facendo tanta attenzione a tutte le fasi pregara.

Quali sono i tuoi pensieri? Pensare al traguardo, pensare a tutto quello che si è investito per la gara, in termini di allenamenti, di preparazione atletica, mentale? “Penso solo a cosa devo fare e come devo farlo. Nei 400 ricordo che pensavo alla partenza… come quella dei 200m, una volta preso il ritmo fare girare le gambe e ‘sentire i piedi’, fare il rettilineo e inizio seconda curva composto, uscita seconda curva e inizio rettilineo in spinta quasi al massimo…finire al massimo, ma con parte superiore del corpo ‘sciolta’. In meno di un minuto non c’è molto da pensare… Oggi nelle corse da ‘amatore’ penso a come devo affrontare la salita (a cosa dice Calcaterra ‘la crisi prima o poi passa così come la salita che prima o poi finisce’ e a rilassarmi e lasciare andare le gambe in discesa. In crisi mi do un obiettivo del tipo arrivo al palo della luce, poi a quello dopo, etc.”

Ha imparato nel corso degli anni Matteo Chiesa a sentire le proprie sensazioni, a fare attenzione, a visualizzare le fasi della gara, le più importanti, ed usa delle strategie per gestire eventuali difficoltà momento per momento focalizzandosi sul momento presente.

Quali sono le varie difficoltà, i rischi, a cosa devi fare attenzione nella tua disciplina? “Conoscere e Sentire il proprio corpo è fondamentale, ma molto difficile. Il recupero è parte integrante dell’allenamento e della programmazione, così come lo stretching. I traumi avvengono spesso per sovrasforzo (sovrallenamento); la programmazione va rivista nel caso di affaticamento muscolare o tendineo. Mi è capitato di non terminare l’allenamento (ultima ripetuta), ma non l’ho mai letta come una resa, semmai come preventiva… Se mi sono ritirato alle gare (da atleta) è stato solo per problemi fisici muscolari.  Oggi mi è capitato solo una volta di non terminare una gara di 10k senza la giusta concentrazione e convinzione e allenamento.”

Cosa ti ha fatto mollare o cosa ti fa continuare a fare sport? Come hai superato eventuali crisi, sconfitte, infortuni? “Mi sono infortunato due volte: strappo al bicipite femorale durante un 200m. Recuperato e migliorato il personale l’hanno successivo. Tendinite durante il servizio militare a causa degli scarponi, ho avuto difficoltà nel recuperare in quanto è stato un lento recupero. Ho terminato l’attività di atleta nei primi anni 90 quando ho cominciato a viaggiare per lavoro; a Roma i campi di Atletica sono pochi e chiudono molto preso la sera (19-19-30) senza la possibilità di allenarmi costantemente; l’evento decisivo è stato la doppia operazione di ernia inguinale.

Ho continuato a praticare il windsurf e poi il kitesurf, tentando di mantenere la forma praticando il jogging leggero una volta a settimana alternato a sedute leggere di palestra o piscina. Ho ripreso a correre costantemente da 4-5 anni. Continuerò a fare sport finchè potrò (magari non agonistico) in quanto è una parte essenziale del mio essere. Io sono quello che sono perché faccio sport.” 

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Ti è capitato di avere la sensazione che ti cascasse il modo addosso, se di come sei riuscito a toglierti la polvere di dosso e continuare dritto? “Mi è capitato alla partenza della mia frazione della staffetta 4×400. Ho sentito la responsabilità di portare a termine la gara e di fare il risultato che gli altri si aspettavano da me, di non potermi tirare indietro, di non poter assolutamente fallire, di dover dare tutto. Di non sprecare il lavoro fatto dai miei compagni, in tre sono arrivati fin qui per farmi partire nella posizione migliore…Non devo deludere allenatore e dirigenti. Le gambe molli, le pulsazioni alle stelle, salivazione assente, mentre mi sistemo sulla linea dell’inizio area cambio in fila con gli altri avversari… seguo il compagno che fa la curva, in rettilineo si affianca agli avversari … arriva e gli urlo ‘dai, forza non mollare’ lo cerco, mi sposto per mettermici davanti…allungo il braccio quando è a meno di 8-7 metri e comincio a correre col braccio teso e so sguardo fisso al testimone, appena prendo il testimone con la sinistra lo scambio di mano, le gambe molli si sono trasformate in pistoni con i piedi che cominciano a  schiacciare e a mangiare la pista …e la testa comincia a fare i soliti ragionamenti di gara.. ‘recupera il gap e mettiti in coda in curva …rilassato e supera in rettilineo’ etc.”

Quale può essere un tuo messaggio rivolto ai ragazzi per avvicinarsi ad uno sport che può essere fatto di fatica, impegno, sudore, sofferenze? “Leggere i libri di Mennea! Non cercare scorciatoie. I risultati e le soddisfazioni arrivano solo col lavoro e il sudore e i più bei risultati sono quelli più sofferti. Se sono facili non li apprezziamo.”

C’è stato il rischio di incorrere nel doping nella tua carriera sportiva? “Non mi è mai interessato fare risultati con scorciatoie o pratiche astruse. L’episodio del Supradin è stato il mio punto più vicino al ‘doping’, io stesso e l’ambiente che ho frequentato (Allenatore, dirigenti, medici e compagni di allenamento) era ed è eticamente corretto e contrario a ogni pratica di supporto alla prestazione che non fosse allenamento, alimentazione e fisioterapia. L’allenatore e l’ambiente sportivo deve essere un ambiente educativo dove prima si impara a rispettare gli altri e le regole e poi a giocare e ad allenarsi.”

Qual è un messaggio che vorresti dare per sconsigliare l’uso del doping e per fare uno sport teso al benessere o alla performance? “Il piacere e l’orgoglio di aver ottenuto un risultato a seguito di allenamenti e fatica è parte del piacere di fare lo sport. Ogni scorciatoia è barare. Non capisco quelli che tagliano le curve nelle gare lunghe; loro lo sanno che hanno percorso 10-20 metri in meno degli altri, ma sono contenti di leggere la classifica e di stare davanti.”

Ritieni utile la figura dello psicologo dello sport, se si per quali aspetti ed in quali fasi dell’attività sportiva? “Si, anche se non ne ho mai usufruito. Penso sia utile agli atleti “professionisti” proprio per affrontare le gare dando sempre il massimo.”

Se potessi tornare indietro cosa faresti? O non faresti? “Avrei potuto cercare di fare più gare nel periodo in cui ero in formissima per scendere sotto i 48” che sapevo di valere, ma probabilmente avevo anche degli esami da dare…quindi va bene così.”

Ci sono sempre delle priorità, il momento presente è quello dove bisogna scegliere; Matteo è riuscito a fare sport a livelli altissimi individualmente e di squadra affiancando atleti validissimi e contribuendo alla performance della squadra, allo stesso tempo è riuscito a portare avanti gli studi e ad avere una posizione lavorativa soddisfacente.

Quali sono i sogni che hai realizzato e quali quelli da realizzare? “Correre con Mennea (a Pisa sui 400 anche se eravamo in due batterie diverse); da realizzare: forse … correre una maratona (già scriverlo è un bel passo avanti).”

Tanti atleti velocisti hanno avuto Mennea come idolo ed alcuni hanno avuto l’opportunità di conoscerlo, tanti altri hanno il sogno di correre una maratona, Matteo Chiesa è a metà dell’opera.

 

 

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