Rugby, 6 Nazioni. Inizia male per l’Italia

ROMA – Brutto e difficile esordio dell’Italia del rugby sabato 7 Febbraio all’Olimpico contro l’Irlanda, nella prima partita del Torneo 6 Nazioni del 2015. In una giornata fredda, densa di pioggia, anche il clima intorno alla partita è sembrato triste.

A partire dal villaggio intorno all’Olimpico dove prima della partita non si sono potute tenere tutte quelle iniziative che rendono il Torneo un occasione di incontro, di gioco, di scambi di culture, a causa della pioggia a dirotto che ha bloccato tutte le manifestazioni annunciate dalla Fir. E forse anche per il cattivo tempo che lo stadio non si è riempito come di solito accade con le partite della Nazionale, anche se a pensarci bene il popolo del rugby non si era fermato neanche di fronte alla nevicata di tre anni fa che aveva bloccato Roma. C’è sotto qualcos’altro, perché aldilà dei boati di affetto che accolgono l’annuncio della nostra formazione in campo ( con qualche nota più alta per Capitan Parisse e Castrogiovanni) l’entusiasmo del pubblico si frantuma e si spegne quando fin dai primi minuti di gioco l’Italia dimostra di essere in enorme difficoltà. Brutti placcaggi, passaggi inesistenti, errori in difesa, errori in avanzamento, si perdono palloni, non c’è grinta, gioco, l’Italia è grigia esattamente come il tempo e alla fine il risultato è 26 a 3 per l’Irlanda. La cosa che più mi ha impressionato ieri allo stadio, non è il fatto che l’Italia sia stata sconfitta, perché non è la prima volta che questo accade, anzi, ha perso anche in modo più rovinoso, ricordo ancora nel 2009 un Italia sconfitta dalla Francia al Flaminio con 50 punti di differenza, e nonostante queste debacle eclatanti il pubblico ha sempre sostenuto la sua Nazionale, sgolandosi con cori e canti per darle coraggio. Ieri per la prima volta dal 2007, da quando seguo da giornalista ( non sportiva ma di costume, ci tengo a precisare) la Nazionale Italiana, ho sentito l’affetto e il sostegno del pubblico, venire meno, spegnersi. Fuori dallo stadio sentivo i commenti dei tifosi profondamente delusi. Fino ad oggi tutto questo, anche le spese per venire a vedere l’Italia, erano state in qualche modo ricompensate da una squadra che perdeva, ma aveva carisma, grinta, forza, aveva giocatori che facevano la differenza, quasi tutti campioni contesi dai più importanti club internazionali, i fratelli Bergamasco, Marco Bortolami, Gonzalo Canale, Andrea LoCicero, oltre a Sergio Parisse, Martin Castrogiovanni, Andrea Masi per non andare ancora più indietro con Dell’Apè, Fabio Ongaro, Totò Perugini, e via cosi e tra l’altro era una squadra che arrivava anche ad un passo dalla vittoria o a vincere come è successo con la Francia, con la Scozia e con l’Irlanda. Questo affetto non può essere più sostenibile, perché l’Italia che abbiamo visto ieri contro l’Irlanda è davvero inguardabile, è una squadra che non si può amare, né giustificare. Probabilmente dipende dal fatto che oggi gran parte dei giocatori della nazionale sono giovani che militano in squadre italiane e non hanno esperienza internazionale, ma questo dopo 15 anni che siamo entrati nel Torneo 6 Nazioni, non dovrebbe essere più un problema, né una scusa. Il movimento del rugby in questi anni è enormemente cresciuto, tantissimi sono i ragazzi che cominciano a giocare a otto anni, fioriscono le iscrizioni ai club in tutta Italia, com’è possibile che non si riesca ancora ad eccellere? C’è qualcosa che non va, evidentemente. Abbiamo deluso talmente il pubblico che, sulla pagina Facebook della Federazione Italiana Rugby che invita a sostenere l’Italia sabato 14 Febbraio contro l’Inghilterra, fioccano centinaia di commenti duri, pesanti, contro giocatori, staff e dirigenza. Anche questo è un campanello d’allarme che dovrebbe far meditare lo staff della Nazionale, e i giocatori stessi abituati invece ad essere così seguiti e amati a prescindere. Non si può tirare troppo la corda, perché succede come in tutte le relazioni, quando l’amore e la dedizione arriva solo da una parte, dopo un po’ l’amore finisce,  e finisce amaramente. 

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