La Cosa. Base vs dirigenza, da Nanni Moretti ad Occupy Pd

Ogni Paese ha il suo regista di sinistra. Uno strillone delle gesta e dei drammi di uno spezzone di società. Michael Moore negli Stati Uniti holliwoodiani, Ken Loach nell’Inghilterra della regina e noi stretti attorno a Nanni. Un uomo dalla voce nasale, la cadenza lenta.

Sempre demodé. Giacchetta di velluto, camicia di flanella, barba incolta, capelli lunghi, ma non troppo, con la riga da una parte. Apparentemente noioso, ma che ha filmato tutto. Un girotondo, il suo, che ha fatto girare la testa agli intellettuali francesi, al Caimano e ai nostri dirigenti. Ha una sola pecca. Nel tirare la coperta, ha seguito il lembo, sempre più a destra. E non ha lasciato la telecamera fissa. A sinistra.
Tonino mi aveva dato un compito per casa. Vedere “La Cosa”.  

Il commesso del videonoleggio mi ha subito riconosciuto.
-A piddino, lascia perde sto mattone. Rilassate, dà n’occhiata a quarche commedia americana!
Ma Tonino mi aveva rassicurato.
-A quei tempi Moretti era de sinistra, nun s’era ancora infighettito! Nun te preoccupà! Lui nun appare mai. E’ na specie de documentario. Sezione pe’ sezione ha messo la telecamera sui militanti e ha ripreso quello che c’avevano da dì. Cò discrezione.
Il patto era semplice, io mi bevevo il film e poi all’indomani sarei sceso al bar per fargli ammettere che i militanti di allora erano come i militanti di oggi. Forse anche più colpevoli.

I giorni prima della morte del Pci, il dibattito attorno alla Bolognina, al cambio del nome del Partito, si muoveva attorno alle parole di Occhetto.
-Condivido il tormento dei compagni, ma prima viene la cosa e poi il nome. E la cosa è la costruzione in Italia di una nuova forza politica.

Stamattina l’incubo. Leggo le nuove dichiarazioni di Letta.
-Questo governo può durare fino al 2018.
Corro al bar, ma vorrei tornare in sezione, per spaccare tutto.
Il vecchio è sempre al suo tavolino col suo lambrusco.
-Allora piddì, che se dice? L’hai capito perché se chiama la Cosa?
-Perché c’era un dibattito in corso.
-Te vedo preparato. Er guaio è che sto dibattito, n’ha mai portato a ‘n cazzo.
Capisco che ho fatto bene a non tornare in sezione, ora mi infinocchierebbero per ben benino.
-Mi è piaciuto ascoltare i compagni dei tuoi tempi. Ci credevano. Erano quasi poetici, nei loro interventi. Uno diceva addirittura che per essere militante si era dovuto separare dalla moglie perché tante cose insieme non si possono fare. Scherzava, ma non so fino a che punto. Oggi sto soffrendo…
-Erano gajardi, loro. Mò te lo dico pubblicamente, nun eravamo tanto differenti. Er problema è la struttura der partito. Noi semo la base e nun contamo un cazzo.
Nel film c’è un signore della sezione di Roma che centra il problema. E raccoglie il mio stato d’animo e forse quello di Tonino. Dice:
-C’ho voja de fa’ politica, ma nun la faccio più. I compagni de sezione so’ persone dolcissime, ma venì qua nun c’ha senso. Se discute tra di noi, ma poi? Io c’ho un sacco de cazzi nella mia vita privata e sapé che c’è gente che la pensa come me, me po’ fa piacere. Però io so’ comunista. Coi socialdemocratici nun c’ho da spartì niente. Il mio obbiettivo è l’abolizione della proprietà privata. Quanno ero ragazzetto, cò artri compagni, pensavamo alla dittatura del proletariato. In buona fede. Pensavamo che la classe operaia andasse al potere. Er partito invece è strutturato che chi va ar potere, poi va a governare come je pare a lui e quindi non è più libero… A uno come me, se stavamo sotto la Russia, je facevano un bucio de culo così! Perché cago er cazzo! Vojo che er partito sia strutturato in modo diverso. Me vojo tutelare. Vojo poter parlare e vojo contare! Non vojo più che alla fine d’en dibattito, m’arriva quarcuno e me tira le conclusioni. Come qua, in sta sezione, cor compromesso storico. Ma che conclusioni hanno tirato se eravamo tutti contrari?
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Penso a Occupy Pd.
-Tonì, i miei coetanei chiedono di essere ascoltati, dicono di aver occupato le sezioni. Chiedono un congresso aperto, la testa dei dirigenti e che il governissimo finisca presto. Ma io non me la sento. Mi sento preso in giro a prescindere.
-E’ normale, c’è troppo poca carne ar foco.
Gli stessi di Occupy Pd non volevano Napolitano. Non volevano accordi con Berlusconi. Sono contrari alle correnti, ma non ce l’hanno fatta.
Continua Tonino.
-Er Patatrac s’è fatto ai tempi mia. A differenza vostra noi c’avevamo n’idea d’identità. La vera cosa, il Pci, era già na cosa diversa nella nostra testa. Era da modificà, da provà. Ma ce l’avevamo. Se semo dati ‘na mazzata ‘n faccia prima ancora de guardasse allo specchio. La Bolognina ha messo ‘na croce sopra ‘n sogno.

Nell’opera di Moretti c’è l’intervento di una militante che chiede di aprire una discussione, non di chiuderla. Di capire dove e perché si è sbagliato, prima di fare tabula rasa.
Penso alle mancate risposte dell’attuale dirigenza alle richieste di chiarimenti dei giovani occupanti, di quelli che continuano ad affermare con un messaggio sulle loro magliette: “Siamo più di 101”. Niente, i nostri capi girano la testa. Non vogliono proprio assumersi le loro responsabiltà. Non vogliono nemmeno motivare le loro scelte. Se la base è contro la dirigenza, lei non si pone problemi. Lascia il vuoto destabilizzante e tira dritto. Confidando nel tempo. Perché si sa, in Italia il tempo cancella le cose.
Nel documentario un altro militante della sezione di Genova non sente il bisogno di parlare della Cosa. Della Cosa nuova, l’allora prossimo Pds, ma della Cosa vecchia sì. Che era lì, utopica.
“Ma è mai stato realizzato il comunismo? Si doveva passare dal socialismo per arrivare al comunismo… Nell’est non si è arrivati nemmeno alla legalità della prima fase. S’è solo raggiunti il capitalismo di Stato.  E noi dopo 70 anni decretiamo la fine d’un’utopia…”
Come a dire: ma chi l’ha mai conosciuto il comunismo?
Alcuni erano favorevoli alla svolta, solo il 27.7% dei militanti secondo un sondaggio fatto a quei tempi dal settimanale L’Epoca. Ma dicevano:
-Resteremo nel nuovo partito affinché al suo interno ci siano dei comunisti.
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Tonino capisce la mia confusione.
-Lo so, vorresti fa’ quarcosa, ma nun sai do’ sbatte la testa. E’ che allora io ero maggioranza e nun me ascortava nessuno. Ora tu sei pure minoranza…
Forse è così. Agli altri giovani non importa di che corrente sono. Ma poi se gli si chiede se sono comunisti, compagni, o semplicemente di sinistra anche loro si spaccano. Ed io rischio di rimanere uno dei pochi a credere in quello in cui credo. Quello di oggi non è solo un semplice scontro generazionale.
-Tonino, da allora ad oggi, abbiamo fatto pochi passi avanti. Il dibattito sul comunismo o se meglio vogliamo, visti i tempi, sull’essere di sinistra, non è stato fatto. E quello sulla Cosa non è mai partito.
-C’è de peggio, mio giovane piddino. La dirigenza è sempre quella e in più s’è riempita de democristiani. C’è n’artro firm de Moretti, “Palombella rossa”. A ‘n certo punto je s’avvicina Simone, un cattolico. Lo corteggia, je dice che ‘n fondo ‘n fondo sò uguali. Sò simili, sò compatibili. Moretti je dice che se ricorda d’esse’ ateo e materialista. Comunista. A Simone va bene lo stesso. Gli dice che è contento che lui esista. Moretti sbotta e je dice che non è contento lui, che esista gente come Simone. Ecco, quello è ‘n film, ma ce sta dentro tanto. Ce sta dentro er fatto che quanno perdi la tua identità nun la poi andà a cercà pe’ fratte. Ce sarà quarcosa che t’appartiene e quarcosa che con te nun c’ha niente a che vedé. O che pe’ lo meno nun poi usà pe’ ripartì. Cor Pds c’hanno detto che quello ch’avevamo inseguito pe’ tanti anni nun andava bene. Nun c’hanno fatto capì perché. A voi v’hanno appiccicato dei pezzetti d’artre cose e v’hanno detto ch’eravate ‘na cosa sola. Ma che cosa? Nun se sa.

Penso che per dare un senso al mio Pd occorra fare due cose: recuperare quelli come me e quelli come Tonino. Recuperare i dispersi a sinistra e i suoi giovani militanti.
Ho visto anche Palombella Rossa e ho capito che anche questa volta aveva ragione Tonino: Moretti è il mio cantastorie. Ognuno ha quel che si merita. Michele Apicella, il funzionario del Pci interpretato da Nanni, di fronte alle telecamere, scansa i fogli che gli vengono passati da un suggeritore. Se ne frega dei sondaggi e afferma:
-Cosa deve fare il Pci per andare al governo? Cosa dobbiamo fare ancora? Cosa c’è che non va? Il programma? Cosa c’è che non va? Dobbiamo aprire le porte del partito a tutti. Ai giovani, alle donne, ai lavoratori, ai movimenti. Dobbiamo dire: venite nel partito, prendetelo. Vediamo insieme cosa si può fare.
Poi canta la canzone di Battiato: “E ti vengo a cercare”.

Verrà mai il giorno in cui un funzionario del Pd ci verrà a cercare?

Continua con “Le diaspore a sinistra. Dal Pci al Pd si sono persi tanti pezzi”.

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