Mamma Prodi e papà Veltroni. La nascita del Pd, il figlio che doveva essere

ROMA – E’ un po’ che non vedo il vecchio. Mi sono dato da fare, ho inviato una settantina di curricula, ho rispolverato l’agenda delle vecchie fiamme e ho rivisto Caterina.

Mi sono sentito un ragazzo normale. Disintossicato dal Partito.
Siamo andati al pub, poi è venuta a casa mia, abbiamo fatto l’amore sotto il poster di Antonio Gramsci. Tutto bene fino a quando, verso le tre di notte, lei mi chiede:
-Secondo te ha ancora senso dire che una cosa è di destra e un’altra è di sinistra? Non ti ho più visto in sezione. Proprio ora che siamo tutti con Matteo. Proprio ora che il governo sta per cadere, che abbiamo la vittoria servita sul piatto d’argento! Hanno condannato pure Berlusconi…

Mi si è gelato il sangue, ammosciato il cazzo e di colpo mi si sono drizzati i peli sulle braccia.

Lei mi vede cambiare, mettere il muso.
-Ancora con i pregiudizi su Renzi! Ma chi sei tu per dare il patentino di compagno alle persone? Sei rimasto ai tempi della Rivoluzione Francese!
Vorrei cacciarla di casa, dirle che non ha capito niente. Che il governo è ancora saldo. Che non tutto è oro quello che luccica, che Epifani bluffa, che Letta e Renzi sono la stessa cosa, invece respiro forte e mi preparo qualche frase ad effetto presa in prestito da Tonino. Appena riesco ad emettere un suono, è lei che mi chiede di farla finita. Mi spalma sul letto e rifacciamo l’amore. Si riveste e se ne va.
-Chiamami domani!
La saluto e mi affretto a cancellare il suo numero di telefono.

Non sono un’amante dei concetti, ma odio profondamente chi lavora per cancellarli, senza interpretarli, senza chiedersi se hanno un’importanza oggi. La mia laurea in Lettere e Filosofia non sarà servita a nulla, ma a capire questo sì. Dire che oggi il concetto di libertà non esiste perché non si è liberi nemmeno a casa propria paradossalmente ha un senso. E’un grido di allarme, una richiesta di reinterpretazione dell’oggi. Dire che non esiste la destra e non esiste la sinistra e farlo senza allarmarsi è un atto di una superficialità inaudita. Sarò un malato della politica, ma, senza dialettica tra parti differenti, mi darei ai reality show e voterei per simpatia personale…

In sezione non rimetterò piede. Che cada o meno il governo Letta mi sento tradito. I governi, ma soprattutto i Partiti non si fanno senza dibattiti con l’elettorato. Non avrò la possibilità di dare patentini, ma nemmeno loro, i nostri dirigenti, i nostri giornalisti, hanno il potere di decidere per me. Aspettavo il congresso, me l’hanno negato. Posticipandolo a dicembre. Aspettavo delle proposte, le hanno rimandate. Ed ora che Silvio si dovrebbe fare quattro anni, si fa finta di niente, si dice a telecamere accese che le sentenze devono essere rispettate e poi si chiude la Camera dei deputati per oltre un mese e si va in vacanza a bracceto con gli alleati…

Nemmeno la legge sul taglio ai rimborsi elettorali… Cento giorni di Letta e solo qualche toppa qua e là, oltre ad un decreto legge (del Fare) che mira ad aumentare la precarizzazione, ad aumentare la confusione sui dati della disoccupazione giovanile. E la legge elettorale?

Scendo al bar. Finalmente.
Abbraccio Tonino e gli domando:
-Non ha senso parlare di sinistra col Pd?
-Che cazzo de domanda è? Ce lo dovrebbe avé, ma… To’o ricordi com’è nato sto Partito?
-Dall’esperienza dell’Ulivo. Dal Partito Democratico di Sinistra, poi Ds…
-Bravo, dal Partito Democratico di Sinistra! Allora nun se pijamo per culo. Fermamose n’attimo qua. Da’a Bolognina avemo già parlato.  Era difficile fa’ de peggio, ce semo riusciti, ancora ‘na vorta. Ma nei piani nun c’era solo eliminà la parola Sinistra. ‘N signorotto, ‘n professore, zitto zitto aveva fatto er culo a Sirvio. ‘O chiamaveno Mortadella, ‘o prennevano per culo pe’ la flemma, ma ‘sto signore era riuscito a mette ‘nsieme er centrosinistra. Milioni de’ partitini, da Mastella a Bertinotti. Era come ‘n Mister che fa spojatojo. Poi ce sta che s’enciampa ‘n quarche cazzata. Allora s’è capito che bisognava fa quarcosa ‘n più de ‘na coalizione, p’esse più credibili, più performanti. Se doveva sta più stretti. Se doveva fonnà ‘n quarcosa che contenesse più cose. ‘Na specie de federazione-partito. Pe’ vince mejo, pe’ resta ner tempo. Qua se forzò la mano e a riunisse furono solo Ds e Margherita. Subentrò er sogno americano. ‘A follia d’en maggioritario puro, tra du’ forze sole. Salì a cavallo der Pd Veltroni, che servì solo a tirà la caretta pe’ la resurrezione berlusconiana. Fece ‘na campagna elettorale pe’ l’estinzione dei partitini de sinistra, come se fosse mejo votà Pdl che difende ‘na causa persa. Er risultato fu che perdemmo le elezioni, l’estrema sinistra pe’ la prima vorta nun entrò in parlamento, se svuotarono le piazze e ‘na vorta passata la moda maggioritaria se semo ritrovati co’n partito pieno de exmargheritiani, democratico, ma che se domanda: c’ha ‘n senso esse’ pure de sinistra? Aggiungice er fatto che mò le alleanze so’ tutto, e che Walter fece tera bruciata. Ancora ‘na vorta ce se ripropone ‘a questione: ‘ndo guardamo? A sinistra, verso Vendola e quarche grillino, o a destra? Per ora avemo scerto la destra, è normale che nun fa più comodo a nessuno sentì parlà de distinzione tra destra e sinistra.

Il sogno del “partito orgiastico” ha una storia lunga un ventennio, già nel 1993 era stato chiesto dal gruppo di Alleanza Democratica e poi nel 2003 da Salvati, deputato del Pds, che anticipò il concetto, ripreso ora da Fabrizio Barca, di un partito che raccolga al suo interno rappresentanti della cultura social-democratica, di quella cristiano-sociale e socio-liberale.

Nei fatti tutto iniziò con Romano Prodi: organnizzò il movimento “L’Ulivo” per le elezioni del 1996, vinte con l’appoggio esterno di Rifondazione. Fece il listone “Uniti per l’Ulivo” alle europee del 2003 e la “Federazione dell’ Ulivo” che portò alla coalizione “L’Unione” alle politiche del 2006.

La grande partecipazione alle primarie pro Professore, 4.300.000 persone, e i risultati elettorali entusiasmarono l’opinione pubblica. Nel 2006 si lavorò alla stesura del manifesto del P.D., sancendone la collocazione in ambito europeo, in sinergia col Pse, e si tenne il Quarto congresso dei Ds, quello in cui l’allora fresco segretario Fassino diceva: “Il nuovo partito raccoglierà tutti i valori storici per cui la sinistra è nata e è viva”.

Nel 2007 si costituì il “Comitato 14 ottobre”, 45 cervelli impegnati a promuovere il PD fino alla sua assemblea costituente. Alla fine del 2007 Ds e Margherita non c’erano già più, si erano congiunti nel Pd, mantenendo i loro dirigenti all’interno della nuova dirigenza.

Le primarie del 2008 incoronarono Veltroni nuovo candidato Premier e nel 2009, alle elezioni, avvenne il risveglio. Volevamo correre da soli. Convinti di mangiare i pesci piccoli, subimmo una batosta inaudita: più di nove punti percentuali in meno rispetto alla coalizione di centrodestra. Nonostante un’alleanza sia stata fatta, con l’Idv, nonostante Walter fosse stato precedentemente un buon sindaco di Roma.

Domando a Toninio cosa c’è che non è andato bene.
Lui butta giù il suo lambrusco.
-Tra avecce alleanze che se reggono co’ uno sputo a fa ‘n megapartito unico ce ne passa! Se poteva continuà co ‘na federazione, co’ l’alleanze de programma. Magari mettendo dei paletti, alla Bersani, ma con più grinta, ‘n fondo Berlusca è riuscito a tené bono la Lega pe’ ‘n ber pezzo… E poi sta fusione co’a Margherita n’è stata mai fatta der tutto. Oggi i pesi delle parti so’ rimasti quelli d’allora, ma, me chiedo io, se ce fossero du’ partiti distinti, chi la voterebbe oggi la Margherita?

Penso a Rutelli, leader della vecchia Margherita, che prima delle scorse elezioni aveva fatto una nuova lista, l’Api, che avrebbe dovuto correre accanto a Monti e all’Udc. Usciti i primi sondaggi l’ha subito ritirata, la davano sotto l’1%.

-Scusa Tonino, ma allora che cosa salvi del progetto Pd?
-All’inizio ‘sto Partito doveva esse ‘n partito della base. Doveva vortà pagina colle macchinose strutture de ‘na vorta. I referendum interni, l’assemblee, le primarie, dovevano dà voce ai pori cristi. Gli elettori nun dovevano esse costretti a pagà pe’ annà ‘n sezione. Pe’ esse’ attivi ner Pd bastava contribuì liberamente ar progetto. I dirigenti ce dovevano avé le mani legate, nun avrebbero dovuto fa’ cose de testa loro. ‘E corenti dovevano esse’ messe ar bando. Tutto doveva partì dar basso. ‘N poche parole se pensava a’n soggetto politico dove la direzione la dovevano dà gli elettori… ‘Na specie de Movimento Cinque Stelle co’ na storia e ‘na coscienza, più serio però, e de sinistra o centrosinistra, come se usa dì mo’. To’o ricordi Adinolfi? Quello co’ a faccia da nerd che se diceva blogger. Lui aveva corso alle primarie co’ Veltroni, a quei tempi se diceva, ‘n quarche modo, che uno vale uno. E sì, pure ner Pd… Che tutti se potevano candidà. Che le porte erano aperte. Che er cambio generazionale doveva esse’ fatto. Ma come tra i grillini, queste rimasero solo parole. E ortretutto Marione se scoprì meno militante e più mestierante. ‘N trasformista. ‘N campagna elettorale se disse pro-Monti, mò è dichiarato renziano.

Non so che cosa mi voglia dire Tonino, il Pd mi sembra figlio di due genitori differenti. Una madre permissiva, che lascia libero il proprio figlio di fare quello che vuole, anche di andargli contro, e un padre immaturo, che proietta sul figlio tutte le aspettative che lui aveva da ragazzino. Così accade che poco fa lo stesso figlio abbia impallinato la madre all’elezione del Presidente della Repubblica e che il modello americano abbia spazzato via dal Bel Paese prima quel che era rimasto del comunismo ed ora della sinistra, con il papà decapitato al primo esordio ed ora costretto a fare l’occhiolino ad un fiorentino che forse un po’ gli somiglia.

-Per avere un salto di qualità bastava registrare i meccanismi delle primarie, allargarle ai programmi, alle idee…
-Ragazzì, ce stavano du’ modi pe’ fa ‘l partito, mette da parte tutto er vecchiume e ricomincià da zero, oppure esse’ rigidi ner modello federativo e aperti e trasparenti ‘n quello consultivo. Er peccato originale sta ner Comitato 14 ottobre, a distanza de quarche anno, quasi tutti i promotori fanno parte de ‘na corente differente.  Se so’ dette tante cose: ce sarebbe voluto ‘n Vertroni più de sinistra o ‘n Prodi più carismatico. Ce vole più trasparenza. Er cambiamento, l’arternativa de governo… N’è cambiato ‘n cazzo! Mo’ ce vorrebbe ‘n Bersani più carismatico o ‘n Renzi più de sinistra. Ce vojono comunque le palle. Io me sarei accontentato d’en partito che parla co’la gente. Che l’ascorta e corregge er tiro.

Le origini del Pd vedono Prodi primo Presidente del Partito, Veltroni primo candidato Premier, e tra i membri del Comitato promotore: Rosy Bindi, Bersani, Dini, D’Alema, lo stesso Veltroni, Fassino, Rutelli, Amato, Antonio Bassolino, la Jervolino, Del Turco, la Finocchiaro, Fioroni, Follini, Franceschini, Gentiloni, D’Alema ed Enrico Letta.

Sono passati sei anni da quel 14 ottobre, allora ero un ragazzo e il Partito lo sentivo mio. Ora sono un uomo che non ha mai votato Silvio, ma non sa per chi si è battuto. Sono un uomo di sinistra con la tessera appesa al chiodo.

P.s.
In risposta ad alcuni commenti alle precedenti puntate… Prossimamente gli ultimi due racconti di “Pd. In fondo a destra”:
-Cosa è la sinistra. Il Pd che poteva essere;
-Morte del Pd. Il Pd. In fondo a destra.

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