Un mondo connesso e vaccinato

ROMA – Internet o vaccini? Questo l’aut-aut imposto a tutti dopo lo scontro tra Bill Gates, fondatore di Microsoft e Mark Zuckerberg, co-fondatore di Facebook. Tutto è nato dalla convinzione del giovane informatico di poter cambiare e migliorare la vita di tutti una volta connesse le cinque miliardi di persone che ancora non possono o non vogliono avere internet.

Il saggio Bill Gates ritiene ciò una follia ed esclama “è uno scherzo! [..] quando si tratta di migliorare le vite, si ha a che fare con cose più basiche, come la sopravvivenza e l’alimentazione dei bambini”. Difatti, il fondatore della Microsoft è ormai dal 1997, anno di fondazione della “Bill e e Melinda Gates Foundation” che devolve quasi quattro miliardi di dollari l’anno alla lotta alla povertà, impegnato nella difesa dei più deboli. 

Quello che vuole fare ora è invece una critica a tutto il mondo della “Silicon Valley”, a tutto il mondo dei grandi miliardari americani che, pur avendo la possibilità di combattere e debellare le grandi piaghe dell’umanità, sfruttano la loro ricchezza solo per inseguire sogni lontani, come quello del ricchissimo Elon Musk, programmatore del sistema PayPal e fondatore della Tesla Motors, e che ora spera, grazie alla sua compagnia “SpaceX”, di portare l’uomo su Marte entro pochi anni. 

Lo scontro tra i due colossi informatici ha fatto tremare tutti i social network, dando il via a una serie infinita di dibattiti e commenti online. Sembra però esserci, andando a leggere qua e là, una posizione dominante, quella di Gates, condivisa dalla maggior parte delle persone. È ovvio infatti preferire un vaccino contro la malaria ad un post su facebook. Tuttavia, credo che questo aut-aut, questa scelta, sia il frutto di un fraintendimento. Le due cose non si possono paragonare e pertanto non è possibile scegliere, soprattutto dal momento che, come ha mostrato Gates, si possono fare entrambe. Allora è questo il monito che viene lanciato alla “Silicon Valley”: dovete poiché potete.

Zuckerberg ha definito la sua impresa “una delle più grosse sfide della nostra generazione”. Certo non ci si può aspettare molto da un uomo che ha comprato tutte le case dei vicini per 30 milioni di dollari solo per avere più privacy. Tuttavia, sull’importanza della connettività ha fatto centro. Un mondo completamente in connessione sarebbe certamente diverso da quello di oggi. Facebook, come del resto l’intero Internet, è un mezzo di comunicazione né più né meno, e tale deve rimanere. 

La potenzialità di un mondo in connessione sta proprio nello scambio continuo di informazioni. Questo può poi evolversi praticamente nella prevenzione  delle malattie, in un confronto culturale, nella libertà e possibilità d’espressione e in molto altro. Vuol dire poter parlare con il mondo e ascoltare le infinite risposte.

Appare allora ovvio che non solo Zuckerberg aveva ragione, ma anche che il suo sogno non è altro che il complementare di quello di Gates, il suo passaggio successivo. 

Infatti non si potrà mai avere un mondo connesso finché esisterà un divario culturale e tecnologico così ampio tra i due emisferi, tra oriente e occidente, o anche solo tra due paesi. Ad esempio nella maggior parte dei paesi del Medio Oriente i governi controllano la comunicazione e i media di informazione. Sia la stampa sia la radio-televisione sono controllati dai governi e pesantemente censurati. Tuttavia la maggior parte dei paesi ha aderito velocemente a internet, con solo poche eccezioni. In Egitto sono registrati su Facebook gli stessi utenti di tutta l’Australia

Rilevante anche il caso di qualche anno fa, che ha visto come protagonisti ragazzi israeliani e libanesi, che attraverso internet si sono potuti parlare, confortare e hanno potuto cercare insieme di capire il perché della guerra e dei numerosi bombardamenti. Un internet che si rivela come una finestra per dialogare anche con chi è così distante in una situazione così pericolosa e drammatica.

Bisogna lavorare per colmare questo divario allora, seguendo l’insegnamento di Gates. I grandi ricchi, come i mecenati di un tempo, hanno il dovere etico di investire una parte della loro ricchezza per il mondo, per creare quelle grandi opere che altrimenti non sarebbero mai state fatte.

Così una volta smascherate le vere potenzialità del web, della multimedialità, dell’interattività e di tutte le nuove tecnologie, si arriva a capire quanto poco stiamo sfruttando questa opportunità. Da mezzi di informazione, Facebook e tutto Internet, stanno diventando, mezzi di espressione. Tele bianche per artisti nascosti e sconosciuti, ma incapaci di dipingere. In generale, la banalità del quotidiano ha invaso questi mezzi e ne è ormai sovrana. Bisogna riscoprire l’importanza della comunicazione.

È come trovarsi davanti ad un folla, dicendo le banalità con un microfono e trasmettendo i veri cambiamenti sussurrando.  

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