Se vince Renzi… poveri studenti!

ROMA – È tempo di primarie per il Partito Democratico e come un segugio affamato di popolarità, Matteo Renzi segue le tracce del populismo per restare in testa ai sondaggi. Vuole un nuovo partito, una nuova politica, una nuova Italia, e per arrivarci parte dalle scuole e dall’istruzione.

“Tutti hanno provato a riformare la scuola, nessuno l’ha mai fatto ascoltando chi nella scuola ci vive ogni giorno”, scrive sulla pagina di Facebook e annuncia così una grande campagna d’ascolto, che partirà dall’inizio del 2014. In effetti il sindaco di Firenze deve rimediare al “gap” di coscienza politica con i suoi avversari, e quale modo migliore se non andare a prendere idee dal popolo? Appare così a prima vista questa grande campagna, una grande messa in scena mediatica. Nella speranza di avere l’impressione sbagliata, aspettiamo. A prova di questo però, c’è una proposta che il sindaco condivide con il ministro dell’istruzione Maria Chiara Carrozza, la riduzione degli anni di frequenza delle scuole superiori da cinque a quattro. “É una richiesta che viene dal basso, dalla scuola stessa, la riduzione di un anno non deve essere vista come una minaccia ma come un’opportunità” afferma il ministro. Certo mi piacerebbe sapere chi sia il coraggioso consigliere. Ad ogni modo, questa riforma sembra guardare molto al modello tedesco o americano, un modello cioè che permetta di inserire giovani maturati nel mercato del lavoro già a 17 anni. Lo scopo della riforma è quindi quello di diventare più competitivi a livello europeo. Un ritornello che si sente da anni in Italia, ma la competitività non si fa certo con i numeri.   

 

Una riforma che da quest’anno è in prova in poche università private, ma, come lascia intuire il ministro, varrà in futuro anche per quelle pubbliche. “Utilizzare un metodo che privilegia la didattica per competenze, laboratoriale e fortemente integrata. Se da un lato si incrementa l’apprendimento in tempi inferiori, dall’altro si migliora la qualità, riducendo la quantità, facendo meglio in meno tempo e consentendo agli allievi di concentrarsi sugli obiettivi educativi e didattici volti a sviluppare al meglio i loro talenti” afferma il dirigente del liceo Carli di Brescia, dove è in atto la sperimentazione. Resta da capire ora, come sia possibile migliorare la formazione di uno studente limitando ancora di più il suo percorso formativo. Ovviamente per come stanno le cose ora è impossibile. Per realizzare seriamente una riforma del genere, non ci si può limitare a togliere un anno, bisogna bensì rivoluzionare tutto il sistema scolastico italiano. Una rivoluzione importante e a mio avviso necessaria per il futuro dell’Italia, che deve partire però dal ruolo dell’insegnante, dalla sua preparazione e capacità d’insegnamento, una rivoluzione che deve trovare un modo efficace per valutare l’insegnante. Solo dopo aver fatto questo, si deve pensare alla creazione di un percorso formativo più omogeneo e che permetta di elevare il livello medio culturale dello studente, la creazione di quello che viene chiamato il “biennio unitario” per puntare così ad una scuola universale. Solo alla fine ci si può porre il problema della durata di questo percorso. Così invece cambiamo la durata ma non il percorso e possiamo solo peggiorare le cose.

 

Forse questa riforma non intende migliorare la scuola, allora cosa fa? Secondo i conti fatti dalla FLC-CGIL questa riforma andrebbe a sopprimere circo 40mila cattedre, facendo risparmiare allo stato quasi 1.380 milioni di euro l’anno. Ecco che le belle parole nascondono di nuovo l’avidità e l’incompetenza di uno stato, che comportandosi un po’ come un Robin Hood impazzito, ruba al futuro degli studenti per non togliere a chi più ha. Non si può che rimanere scioccati e confusi, l’economia vince sempre.

 

Nel documento congressuale per la sua candidatura a segretario, Matteo Renzi scrive riguardo alla scuola e al ruolo dell’insegnante: “quando eravamo piccoli una professoressa sentiva su di sé il calore e l’affetto di una comunità che riconosceva il suo ruolo civile […] non è solo una questione economica – e tengo a sottolineare questa frase – ma proprio di autorevolezza sociale. […] l’insegnante era  un punto di riferimento”. 

Come è possibile dire queste cose e sostenere poi la riforma della Carrozza e impegnarsi in una così palesemente fasulla campagna d’ascolto? Penso che questo sia un enorme paradosso, che mette in luce il vero scopo del candidato segretario, e che si può benissimo racchiudere nel titolo di un capitolo, sempre dello stesso documento, “Si vince recuperando consensi in tutte le direzioni: centrodestra, Grillo, astensioni”. Ciò significa dimenticare di avere e di costruire un’identità forte. Quando l’identità è assente, emerge la miopia del candidato privo di visione, anche se continua a sostenere che la sua è una battaglia per l’Italia dei prossimi vent’anni. Già, i prossimi vent’anni: è per questa ragione che nel documento di Renzi non vi è traccia di un ragionamento sull’Università e la Ricerca, e la crisi che esse vivono in Italia? Insomma, più che come una nebulosa, la traccia sull’Istruzione nel documento di Renzi appare proprio come il vuoto cosmico, come qualcosa che andava detto, per non scontentare nessuno, incredibile demagogia. Se queste sono le premesse per le posizioni future del Partito Democratico sull’Istruzione, attendiamoci forme di conflitto degli studenti contro il Pd, perché i loro bisogni, le loro aspettative, i loro sogni non avranno più alcun orecchio sensibile ad ascoltarli.

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