Giornalismo e razzismo: commento alle Linee guida sulla Carta di Roma

ROMA – Ecco le “Linee-guida per l’applicazione di Carta di Roma – Strumenti di lavoro per un’informazione corretta sui temi  dell’immigrazione e dell’asilo”.

Il documento è nato in seguito a una serie di incontri con direttori, caporedattori e giornalisti che FNSI e Redattore Sociale hanno organizzato nell’ambito di progetti UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) dedicati al tema: Incontri FNSI/UNAR di Bari (13 gennaio 2012), Crotone (6 marzo 2012), Caserta (16 aprile 2012 ) e Sicilia  (maggio 2012). Seminari formativi organizzati da Redattore Sociale a Milano (17 aprile 2012), Roma (18 aprile) e Napoli (19 aprile). Le linee-guida sono da intendersi, secondo gli autori delle stesse, come strumento di lavoro e in quanto tale integrabili e migliorabili con il concorso di tutti gli operatori dell’informazione che condividono la necessità di una maggiore cura e attenzione nella pratica professionale sui temi dell’immigrazione e dell’asilo. Roberto Malini, co-presidente del Gruppo EveryOne, ha fornito alcuni suggerimenti nell’àmbito di un gruppo di giornalisti ed esperti di comunicazione che si stanno interrogando sui contenuti – già pubblicati – del documento. Ecco i più importanti:

Quesito: “Badante” e “vu cumprà” sono termini offensivi, da sostituire nel dizionario del giornalista? Zingaro significa realmente “sporco”, “che non si può toccare”?  E’ un insulto?

Roberto Malini: Bisogna essere molto accorti nel falcidiare il dizionario per dimostrare di non fare uso di vocaboli “razzisti”. Il termine “zingaro” ha un’origine antica e l’etimologia proposta, ovvero che esso derivi dalla casta indiana degli “intoccabili”, non è l’unica, perché altre ipotesi riguardano l’aggettivo “egiziano” nonché una località dell’India. Il significato spregiativo dipende dal contesto in cui lo si usa. Se è vero che alcuni studiosi Rom lo hanno in avversione, è anche vero che non è sgradito alla maggior parte delle persone Rom. Come è avvenuto all’estero per il termine “Gypsy”, esso è lasciato quale opzione alla sensibilità dell’autore. Oggi, purtroppo, anche la parola “Rom” sta assumendo significati offensivi a causa dell’uso che ne viene fatto e per colpa dei media e dei politici. I giovanissimi la usano come insulto, mentre hanno abbandonato il termine “zingaro”.  “Badante” (colei che ha in cura) è una parola accettabile, utilizzata anche per governanti italiane. Non saranno battaglie lessicali – specie se condotte con criteri discutibili –  purtroppo, a migliorare l’attuale situazione delle minoranze etniche e razziali, ma un impegno serio e continuativo per cambiare la cultura dominante e la politica, nonché per smontare una montagna di pregiudizi.

Quesito: Quanta importanza ha, nella funzione sociale dei media, la questione del linguaggio appropriato?

Roberto Malini: Ritengo che si debba stare attenti a non sostituire alle istanze per una corretta informazione, lontana da razzismo e altri pregiudizi, una forma di ipocrisia “politicamente corretta”. A meno che non si ricorra a parole “magiche”, non mi risulta che sostituendo un termine all’altro, il prodotto discriminatorio possa cambiare. Certo, leggeremo “Rom” (ma forse arriveremo addirittura a “Rom, Sinti e Camminanti”) anziché “nomadi” e “zingari”;  “lavoratori illegali” anziché “clandestini” (di male in peggio!) e “assistenti agli anziani” piuttosto che “badanti”. Additeremo l’intolleranza dei giornalisti rei di far uso del termine “vu cumprà”, preferendogli “venditori abusivi”, ma la sostanza sarà la stessa. In Italia la maggior parte dei media sono proni a questa o quella forza politica e siccome tanto dal centro-destra quanto dal centro-sinistra si mettono in atto politiche improntate al rifiuto del migrante, del Rom, della razza altra, la censura e la deformazione delle notizie riguardanti tali gruppi sociali non sarà modificata da un protocollo. Il problema è proprio nell’onestà dell’informazione, che se venisse recuperata, potrebbe contribuire – accanto al lavoro della società civile e soprattutto dei difensori dei diritti umani – a una trasformazione realmente virtuosa. Se si escludono termini offensivi, la cultura della tolleranza non ha paura delle parole, ma degli eventi che colpiscono chi è diverso, vulnerabile e in minoranza. Se non si comprende questo fatto,  il futuro ci riserva un giornalismo attento alla forma, ma ancora privo di valori morali e civili.

Quesito: Quali sarebbero i valori morali e civili cui il giornalista dovrebbe attenersi?

Roberto Malini: Per esprimere meglio il concetto di “valori morali e civili” del giornalismo, fornisco un esempio verificatosi proprio oggi. Tutto è cominciato alcuni giorni fa, con l’annuncio da parte del sindaco di Firenze di recarsi in Sudafrica per consegnare un premio municipale a Nelson Mandela. La città di Firenze riceve da tempo pesanti critiche da parte della società civile e dell’Ue per le politiche discriminatorie e di Apartheid nei confronti del popolo Rom… e anche qui, grande censura da parte della stampa locale! Che colpo, per il primo cittadino, poter annunciare di essere “pappa e ciccia” con il simbolo stesso della lotta contro l’Aparheid! Ed ecco infatti la notizia sulla Nazione (il redattore, il caporedattore e il direttore sembrano non sapere che Mandela accetta raramente premi di questo tipo, temendone la strumentalizazzione):

 

Dopo aver letto il pezzo su un quotidiano tanto attendibile, la cittadinanza è ancora più convinta che non vi siano Apartheid né razzismo a Firenze. Eh no! Il sindaco, al contrario, è entrato nell’orbita di Mandela!

A noi del Gruppo EveryOne e a Nazione Rom sembra strano questo fatto, anche perché Nelson Mandela, prima di ricevere ufficialmente una personalità politica, controlla attentamente se essa sia al centro di eventi lontani dai suoi ideali e dell’esempio della sua vita. Abbiamo chiesto lumi ed ecco la pronta risposta (datata 21 aprile 2012) da parte del Centro Mandela:

Dear Messrs Malini and Zuinisi
 
Thank you for this communication.  We are not aware of the City of Florence’s intention to award a prize to Mr Mandela.  Very few awards are accepted by Mr Mandela these days, and all approaches that come through us are subjected to intense scrutiny.
 
Sincerely
 
Verne Harris
Head: Memory Programming
Nelson Mandela Centre of Memory
at the Nelson Mandela Foundation
Tel: +27-11-5475636
Fax: +27-11-7281111
www.nelsonmandela.org

Nessun ulteriore commento. Politica da discutere. Giornalismo da discutere.

Quesito: Quali sono i punti su cui si dovrebbe ancora meditare, riguardo alle “Linee guida”?
 
Roberto Malini: Sulla carta, è quasi tutto condivisibile, perché sottolinea quello che l’etica professionale e il buon senso dovrebbero già ispirare a ogni giornalista. Ripeto che il vero problema, in Italia, è la “vicinanza” fra media e istituzioni, che inducono il giornalista a un trattamento di riguardo nei confronti della figura istituzionale o del partito (anche quando commette azioni politiche riprovevoli), mentre, per esempio, i difensori dei diritti umani – se non collegati ad associazioni gravitanti attorno a organismi istituzionali – vengono spesso ignorati, travisati o censurati, proprio perché sono in grado di rivelare ciò che conoscono bene: la verità riguardo a eventi che toccano minoranze perseguitate! E purtroppo l’80% delle violazioni dei diritti umani sono commesse dalle istituzioni o comunque da organismi istituzionali. Non a caso gli human rights defenders difficilmente vengono consultati, persino in occasione di studi e documenti programmatici legati alle politiche sulle minoranze. A proposito delle linee guida, vi è un punto che andrebbe approfondito. In genere i governi, sempre in lotta contro il fenomeno migratorio, cercano di dissuadere attivisti e giornalisti dal pubblicare nomi, cognomi, foto e dati identificativi riguardanti profughi e richiedenti asilo. Da parte nostra, abbiamo ottenuto il rispetto dei diritti di questi esseri umani particolarmente vulnerabili, proprio diffondendo (con il loro consenso) i loro nomi. L’anonimato dei rifugiati è il migliore alleato di chi vuole deportarli nell’indifferenza del mondo (anche le autorità nazifasciste “suggerivano” alle associazioni di non diffondere i nomi degli individui soggetti a deportazione). Anche se i media di molti stati membri Ue seguono questa direttiva (l’anonimato), da parte nostra siamo convinti che – sotto l’aspetto umanitario – sia un errore e produca, attraverso il meccanismo delle deportazioni, molti più drammi umanitari di quelli che produrrebbe la diffusione dei nomi dei soggetti a rischio di deportazione, anche se in possesso dei requisiti per l’asilo politico o la protezione internazionale. Il Gruppo EveryOne alcuni anni fa subì molte critiche da parte di importanti organizzazioni umanitarie proprio per le sue strategie della trasparenza; oggi le stesse associazioni ci riconoscono di aver tracciato una strada virtuosa, che ha consentito di salvare molte vite umane (nel nostro sito www.everyonegroup.com molti casi di questo tipo curati da noi) e attualmente seguono quelle tracce e collaborano anche con noi, come nel recente caso del tanzaniano Eddy Cosmas, che ha avuto l’asilo nel Regno Unito da pochi giorni; ma i casi di questo tipo sono ormai – per fortuna – numerosi.

Linee-guida per l’applicazione di Carta di Roma

 

Condividi sui social

Articoli correlati