Ilva. Servono ultime modifiche all’AIA per voltare definitivamente pagina

ROMA – La chiusura dell’altoforno 5 non può essere rimandata di 20 mesi e manca la previsione di chiusura immediata di alcune batterie delle cokerie e di alcuni altiforni, in evidente e inaccettabile difformità con le prescrizioni della Magistratura.

Tre anni per la copertura dei parchi minerali sono un tempo eccessivamente lungo, e la riduzione della produzione di acciaio è un imperativo necessario per limitare le emissioni inquinanti in atmosfera e nel mare. Serve quindi adeguare la nuova autorizzazione anche a tutte le prescrizioni che la magistratura ha imposto all’azienda con il sequestro dell’impianto di fine luglio, senza le quali l’Aia non sarebbe efficace per la riduzione delle rilevantissime emissioni in atmosfera.
Questi, in estrema sintesi, i punti contestati da Legambiente alla nuova Aia per gli stabilimenti dell’Ilva di Taranto, nelle osservazioni  presentate in Conferenza dei Servizi.

“Il riesame – ha dichiarato il vicepresidente di Legambiente Stefano Ciafani presente alla Conferenza dei Servizi – avrebbe dovuto tenere maggiormente conto dell’attuale contesto e quindi delle legittime aspettative dei cittadini esasperati dalla situazione sanitaria e ambientale. Seppure crediamo che questa nuova Aia presenti alcuni passi avanti importanti rispetto al passato, non possiamo accettare la sua incompletezza e quindi il rimandare a momenti successivi la definizione delle soluzioni relative al problema dei rifiuti, alla depurazione delle acque e alla gestione delle discariche”.

L’associazione ambientalista chiede quindi un’Aia maggiormente rigorosa, definita sulla base delle valutazioni del danno sanitario indotto dall’esercizio dello stabilimento; l’adozione delle migliori tecnologie in assoluto e la prescrizione all’azienda di una fidejussione di importo adeguato per eventuali futuri interventi di dismissione e bonifica.

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