Il Ponte sullo Stretto è insostenibile per l’ambiente e per le casse dello Stato

Chiudere subito con il General Contractor e con la Stretto di Messina SpA. FAI, Italia Nostra, Legambiente, MAN e WWF e parlamentari oggi a convegno

ROMA – Rischia di trasformarsi in un terreno minato, invece di essere un’exit strategy, il percorso per il ponte sullo Stretto di Messina individuato dal Governo Monti il 31 ottobre (poi codificato nel decreto legge 187/2012, in vigore dallo scorso 2 novembre) che prevede di dilazionare per un periodo massimo di due anni le verifiche tecniche sul progetto definitivo e sulla bancabilità dell’opera (e quindi sulla sua fattibilità economico-finanziaria).

“La decisione definitiva del Governo sul ponte sullo Stretto è stata quella di non decidere, addentrandosi in un rischioso, quanto evitabile, terreno minato. Il Governo dei tecnici avrebbe potuto (e potrebbe ancora) decidere subito di chiudere o, comunque, assumersi sino in fondo le proprie responsabilità nei confronti del Paese, assicurando che prima della fine della legislatura sia conclusa dal CIPE la verifica sulla (impossibile) bancabilità di un’opera che non regge dal punto di vista economico-finanziario”, queste le prima valutazioni che emergono dal convegno promosso oggi alla Camera dei deputati da FAI, Italia Nostra, Legambiente, MAN e WWF Italia e da molti parlamentari intervenuti.

“E’ dal 2003 che è stato redatto il progetto preliminare del ponte e delle opere connesse e dal settembre 2011 che un progetto ‘definitivo’, molto lacunoso ed omissivo, è all’esame della Commissione speciale per la Valutazione d’Impatto Ambientale (VIA). Non si capisce quali altre verifiche tecniche  si debbano fare su un progetto irrealizzabile e insostenibile.. E a proposito della bancabilità  è bene ricordare che per ben 9 anni non è stato individuato, nonostante i ripetuti annunci e road show in Italia e all’estero, alcun  partner privato che si sia dimostrato disponibile a finanziare con una quota del 60% un’opera il cui costo iniziale era di 3,9 miliardi di euro (offerta con cui l’associazione temporanea di imprese che faceva capo ad Impregilo vinse la gara internazionale), ed oggi viene valutato di 8,5 miliardi di euro, oltre mezzo punto di PIL”.

Le associazioni ambientaliste e i parlamentari intervenuti al convegno ritengono invece che il Governo in carica abbia già oggi tutti gli elementi per: considerare non meritevole di approvazione il progetto definitivo del ponte sullo Stretto di Messina (sottoposto a ben 223 richieste di integrazioni della Commissione speciale di Valutazione di Impatto Ambientale a cui SdM ed Eurolink sinora non hanno saputo rispondere conclusivamente); chiudere con il General Contractor Eurolink, capeggiato da Impregilo  (senza pagare penali, dal momento che il progetto definitivo è ancora in via di perfezionamento);cancellare la Stretto di Messina SpA (dopo 41 anni di attività e 300 milioni di euro circa spesi invano dalla concessionaria pubblica).

Il decreto 187/2012 prevede, invece, in sostanza, che entro il primo marzo 2013 sia redatto un atto aggiuntivo tra Stretto di Messina SpA e il General Contractor e che entro 60 giorni SDM SpA produca piani economico-finanziari che attestino la sostenibilità dell’investimento. Su questi documenti il CIPE è chiamato ad esprimersi. Nel decreto poi stabilisce un termine di 540 giorni entro il quale devono essere concluse le verifiche tecniche sul progetto definitivo e la selezione della migliore offerta di finanziamento dell’infrastruttura con capitali privati. Il provvedimento stabilisce che in caso di mancata approvazione si proceda definitivamente all’annullamento di tutti gli atti che regolano i rapporti di concessione, nonché le convenzioni e ogni altro rapporto contrattuale stipulato dalla società concessionaria rapporti convenzionali e contrattuali i cui effetti sono sospesi anche durante tutto l’iter decisionale. Dopo questi atti conclusivi è prevista anche la messa in liquidazione della SdM SpA.

LE CRITICITA’ DELLA ROADMAP DEL GOVERNO IN 4 PUNTI. Le associazioni ambientaliste osservano che il Governo tecnico deve: 1. assicurare la massima trasparenza, che non è stata garantita sinora dalla SdM SpA, sugli atti convenzionali e contrattuali esistenti del 2006 e del 2009 e sulle comunicazioni connesse e conseguenti (ad oggi non conosciuti nella loro integrità né dal Governo né dal Parlamento) per escludere appigli per possibili e futuri contenziosi; 2. verificare se il percorso individuato con l’atto aggiuntivo previsto nel decreto sia coerente con le norme comunitarie sugli appalti di lavori pubblici, che vietano di rinegoziare le condizioni sostanziali per la realizzazione di un’opera sottoposta a gara con il rischio di violazione dei principi europei sulla concorrenza; 3. valutare se è opportuno che – in assenza di un Piano Economico-Finanziario e non potendo escludere un futuro contenzioso – si attesti ufficialmente nel X Allegato Infrastrutture (settembre 2012) un costo dell’intervento di 8,5 miliardi di euro, con un aumento ingiustificato in un anno di oltre 1,5 miliardi di euro rispetto al costo ‘aggiornato’ al 2011 di 6,9 miliardi; 4. stabilire tempi serrati per decisioni che tutelino gli interessi pubblici e garantiscano l’univocità di indirizzo politico e dell’azione amministrativa fondamentale in una vicenda così complessa.

Le associazioni ambientaliste e i parlamentari che partecipano al convegno osservano che la chiusura immediata della “vicenda ponte” sarebbe conseguente al de-finanziamento di 1.300 milioni deciso dal CIPE lo scorso 20 gennaio e con la proposta di andare a transazione contenuta nella Legge di Stabilità 2013 (che pur va verificata nella sua entità), nonché con la decisione della Commissione Europea che già a fine ottobre 2011 ha escluso il ponte dal Piano di investimenti per le opere prioritarie su scala continentale per il periodo 2014-2020 Connecting Europe Facility.

Rispetto al pagamento delle penali è bene ricordare che il Contratto del 2006 è molto chiaro sul fatto che nella fase in cui siamo (integrazione del progetto definitivo ancora non “completo” e non approvato dal CIPE), il General Contractor non può pretendere nulla (secondo il combinato disposto degli artt. 11 e 44 del citato Contratto 2006)  se non: “a definitiva e completa tacitazione di ogni diritto e pretesa (…) esclusivamente il pagamento delle prestazioni correttamente eseguite al momento del recesso e al rimborso delle spese sino a quel momento sostenute”.

Ambientalisti e parlamentari intervenuti all’iniziativa di oggi chiedono quindi al Governo in carica di dimostrarsi coerente e di ritornare sui suoi passi non dando seguito alla decisione assunta in Consiglio dei Ministri il 31 ottobre scorso e di assumersi la responsabilità della decisione di sospendere per altri due anni il progetto del ponte sullo Stretto di Messina per compiere verifiche sulla fattibilità dell’opera e sulla sua bancabilità, mentre il Paese versa in serissime difficoltà economico-finanziarie e sociali, particolarmente drammatiche nel Mezzogiorno.

ALMENO CINQUE MOTIVI PER DIRE NO AL PONTE. L’esecutivo in carica ha già oggi tutti gli elementi per valutare come questa opera:

1.  abbia un costo ingiustificato di 8,5 miliardi di euro,  più del doppio di quello con cui il General Contractor Eurolink, capeggiato da Impregilo, ha vinto la gara (3,9 miliardi rispetto ai 4,4 miliardi di euro posti a base di gara)
2. non si ripaga con il traffico stimato, visto che le previsioni degli stessi progettisti valutano, a regime, un utilizzo del ponte che si aggirerebbe attorno all’11% della capacità complessiva (11,6 milioni di auto l’anno, a fronte, appunto, di una capacità complessiva teorica dell’opera di 105 milioni di auto l’anno nelle due direzioni);
3. è irrealizzabile dal punto di vista tecnico: si tratterebbe di costruire, in una delle aree a più alto elevato rischio sismico del Mediterraneo, un ponte sospeso, ad unica campata di 3,3 km di lunghezza a doppio impalcato stradale e ferroviario, sorretto da torri di circa 400 metri di altezza (quando allo stato attuale delle conoscenze tecniche il ponte più lungo esistente al mondo con queste caratteristiche è quello del Minami Bisan-Seto in Giappone di 1118 metri di lunghezza);
4. va ad incidere su un’area ampiamente vincolata per gli straordinari valori paesaggistici e severamente tutelata dall’Unione Europea poiché l’opera ricade interamente nell’area di due ZPS – Zone di Protezione Speciale (“Costa Viola”, in Calabria e dei “Monti Peloritani, Dorsale Curcuraci, Antennammare e Area marina dello Stretto”, in Sicilia) e interferisce in entrambe le regioni con 11 SIC – Siti di Interesse comunitario;  
5. il progetto ‘definitivo’ presenta gravi carenze tecniche rilevate già dalla Commissione VIA – Valutazione Impatto Ambientale (con ben 223 richieste di integrazione), secondo cui: “gli studi relativi [ad alcuni] interventi … non hanno un livello di approfondimento tale per essere parte di un progetto definitivo”.

I parlamentari che hanno aderito all’iniziativa sono: i senatori Roberto della Seta (PD), Roberto Di Giovan Paolo (PD), Francesco Ferrante (PD), Alberto Maritati (PD), Oskar Paterlini (UDC/SVP); i deputati Stefano Esposito (PD), Francantonio Genovese (PD), Fabio Granata (FLI), Ermete Realacci (PD), Tino Iannuzzi (PD), Alessandra Siragusa (PD). Elisabetta Zamparutti (PD).

Al convegno sono inoltre intervenuti esperti che fanno parte del gruppo di lavoro tecnico delle associazioni ambientaliste tra cui: Claudio Villari, ingegnere; Alessandro Guerricchio, geologo, già professore ordinario Università della Calabria; Alberto Ziparo – Dipartimento di Urbanistica – Università di Firenze; Guido Signorino – Dipartimento di Scienze Economiche, Aziendali, Ambientali e Metodologie Quantitative – Università di Messina; Anna Giordano – Responsabile Policy Natura 2000 WWF Italia.

Le associazioni sono state rappresentate da Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale Legambiente Teresa Liguori, vicepresidente nazionale Italia Nostra, Costanza Pratesi, responsabile ufficio ambiente e paesaggio FAI, Fulco Pratesi, presidente onorario WWF Italia.

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