Il bollettino del benessere: un Paese in via di auto consunzione

ROMA – Con la presentazione del primo rapporto sul Benessere Equo e Sostenibile (BES) elaborato dal CNEL e dall’ISTAT, si avvicina sempre più (forse) il giorno in cui, alzandoci la mattina, oltre all’oroscopo, al bollettino meteorologico e all’andamento del PIL, della borsa e del mitico “spread”,  potremmo ascoltare dalla radio il bollettino del benessere.

Probabilmente  quel giorno scopriremmo un altra faccia del mondo. Non so se migliore o peggiore, certamente più reale in quanto saranno informazioni su di noi e su cose a noi vicine, di cui facciamo esperienza quotidiana e su cui, molto spesso ci interroghiamo senza sapere dove trovare le risposte.     Un bagaglio di informazioni che consentirà di colmare quell’abissale asimmetria informativa tra cittadino comune e chi è chiamato a ricoprire responsabilità pubbliche e, quindi, a creare una dialettica virtuosa ai fini  di un governo più sensibile ai veri problemi dei cittadini. Dialettiche virtuose anche tra i cittadini perché, nel tempo, si svilupperà una maggiore sensibilità a favore di priorità condivise ai fini di un maggiore benessere individuale e collettivo.  
Per queste ragioni non sfugge l’alta “sensibilità” sociale e politica degli indicatori di benessere presentati l’11 marzo alla presenza del Capo dello stato. E’ questa una materia a cui si dovrà prestare sempre più grande attenzione anche perché, come giustamente ha affermato Chiara Saraceno non riguardano solo “scelte teorico-metodologiche, ma anche visioni del mondo da un lato, rapporti di potere dall’altro, nella misura in cui gli indicatori sono utilizzati per valutare la performance di un paese, una regione, un gruppo sociale rispetto ad altri”.  Ad essi, quindi, deve essere prestata la massima attenzione e garantito il massimo della trasparenza, della  affidabilità e della rigorosità.
Per queste ragioni è importante cominciare a prender confidenza con questo nuovo strumento di misurazione andando a vedere cosa ci dice il set di ben 134 indicatori ripartiti in 12 domini, messo a punto da CNEL e ISTAT e in che misura riflettono l’attuale disagio del Paese che si registra sulla base dei più tradizionali strumenti di analisi.

In sintesi le cose secondo il BES stanno così: come salute si vive più a lungo, ma con forti disuguaglianze sociali; per l’istruzione e la formazione siamo in ritardo rispetto all’Europa, ma in lento miglioramento; su lavoro e tempi di vita c’è un grave spreco di risorse, accentuato dalla crisi; relativamente al benessere economico il BES ci dice che gli ammortizzatori sociali e la solidarietà familiare tamponano la crisi, ma deprivazioni e povertà sono in aumento; nelle relazioni sociali è bassa la fiducia negli altri, è forte il carico sulle reti familiari, ma non su tutto il territorio; in merito alla politica e istituzioni  si registra un progressivo allontanamento dai cittadini; per la sicurezza  diminuiscono i reati, anche se il calo si è fermato, ma aumenta il senso di insicurezza; per il benessere soggettivo è buona la soddisfazione per la vita, anche se in calo nell’ultimo anno; per il paesaggio ed il patrimonio culturale gli indicatori ci dicono come il nostro grande patrimonio non è adeguatamente tutelato; mentre per l’ambiente c’è qualche segnale positivo, ma anche persistenti criticità; su ricerca e innovazione cresce l’impegno delle imprese, ma resta la distanza dalla media europea; infine sulla qualità dei servizi ancora ritardi, ma anche significativi progressi.
Tutto questo casa ci dice? Che il livello di benessere sembra maggiore di quanto  la gravità della crisi potrebbe indurre a pensare. Che questo dato trova spiegazione nelle strategie di erosione della ricchezza privata e sociale accumulata nel tempo, in un progressivo processo di auto consunzione. Che questo processo, se non invertito tempestivamente cambiando di segno alle politiche restrittive nazionali ed europee, toccherà presto il punto di non ritorno con effetti irreversibili. Il dato sul peggioramento del benessere soggettivo registrato nell’ultimo anno è una spia che segnala questo gravissimo rischio.
Se, come giustamente sostiene Stiglitz “cosa si misura influenza cosa si fa” è venuto il momento di guardare con più attenzione alle diverse dimensione del benessere e non più solo al PIL e allo Spread. Con il BES questo oggi è possibile.

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