Rachitismo, studio internazionale scopre il ruolo dell’osteopontina

ROMA – Il rachitismo ipofosfatemico legato all’X (XLH) è la forma più comune di rachitismo ereditario. I bambini affetti da questa malattia sono di bassa statura, essenzialmente a causa della deformazione ad arco degli arti inferiori, e presentano inoltre deformazioni scheletriche di tipo rachitico e una ridotta mineralizzazione ossea.

Colpisce circa un caso ogni 20.000 individui ed è causato da tre difetti principali: un ridotto riassorbimento renale di fosfato che determina iperfosfaturia e ipofosfatemia, livelli sierici di 1,25-diidrossi vitamina D (calcitriolo) ridotti in termini assoluti o in relazione al grado di ipofosfatemia e ridotta attività osteoblastica con deficit minerale perilacunare.

Un gruppo internazionale di ricercatori ha però scoperto che l’osteopontina, proteina del substrato di denti ed ossa, svolge un ruolo importante nella XLH. La loro scoperta potrebbe aprire la strada alla creazione di un trattamento efficace per questa malattia rara.
Lo studio, pubblicato su Journal of Bone and Mineral Research è stato realizzato sotto la supervisione di Marc McKee (Professore presso la Facoltà di Odontoiatria e il Dipartimento di Anatomia e Biologia Cellulare della McGill University) e di Nilana MT Barros (Professore presso la Federal University of Sao Paulo). Il team di ricercatori aveva già effettuato precedenti ricerche, che avevano dimostrato che le mutazioni nel singolo gene PHEX causano la XLH.

“La XLH è causata in parte dalla perdita di fosfato nei reni, che avviene attraverso l’urina. Il fosfato è un componente importante di ossa e denti, insieme al calcio – ha affermato il Prof. McKee – Per scoprire gli altri fattori che potrebbero contribuire al manifestarsi della XLH, abbiamo utilizzato un’ ampia varietà di metodi di ricerca per dimostrare che l’attività enzimatica PHEX porta ad una essenziale diminuzione e quasi totale assenza dell’ osteopontina nelle ossa.”

Questa perdita di osteopontina, noto e potente inibitore di mineralizzazione (o calcificazione) nello scheletro e nella dentizione, permette normalmente la rimineralizzazione di ossa e denti e li indurisce per soddisfare le esigenze biomeccaniche a cui sono sottoposti. Nei pazienti affetti da XLH, privi dell’ enzima PHEX, l’osteopontina e alcuni peptidi inibitori meno potenti si accumulano all’interno dell’osso. Questo impedisce il loro indurimento e porta a ossa morbide e deformate (che generano disturbi quali ad esempio le gambe arcuate).

Tale diminuzione nella mineralizzazione dello scheletro (osteomalacia), anche se non mette a rischio la vita, comporta ben presto denti morbidi, un’andatura ondeggiante, bassa statura, dolore osseo e muscolare, debolezza e ascessi dentali.

Il fatto che questi sintomi siano solo parzialmente migliorati dal trattamento standard con fosfato ha spinto i ricercatori a continuare lo studio identificando fattori locali, all’interno dell’osso, che potrebbero essere la causa del blocco della mineralizzazione in questi pazienti.

“Con la scoperta che l’osteopontina è una proteina substrato per PHEX – ha affermato il professor Barros -possiamo cominciare a sviluppare una terapia di sostituzione enzimatica per il trattamento di pazienti affetti da XLH che hanno PHEX non funzionale. Molto è stato fatto nel caso di un’altra malattia ossea rara chiamata ipofosfatasia, utilizzando un enzima diverso per il trattamento.”

Condividi sui social

Articoli correlati