Oggi 17 febbraio è stato bruciato vivo Giordano Bruno

Il 17 febbraio del 1600, alle sei del mattino, veniva assassinato Giordano Bruno il quale, come leggiamo dal “Giornale” della Confraternita di San Giovanni Decollato, “stette sempre con la sua maledetta ostinazione aggirandosi il cervello e l’intelletto con mille errori e vanità”.

Da queste fonti si evince che il nolano fu condannato non tanto per i suoi scritti eretici ma per la sua caparbietà e il suo eroismo di fronte alla violenza fisica e soprattutto psichica da parte della chiesa. Fu condannato perché era eretico nel vero significato etimologico cioè: colui che fa una scelta. Il nolano era uno spirito libero, ed era contro qualsiasi credenza e dogma.
Su La Repubblica di oggi il teologo ‘eretico’ Vito Mancuso cerca, onnipotentemente, di impossessarsi dell’immagine del Bruno. Scrive Mancuso nella recensione del libro di Matthew Fox, ‘Il principio era la gioia’, che Fox, ex frate benedettino, espulso da Ratzinger dalla Chiesa cattolica, per la sua pericolosità si potrebbe paragonare a Giordano Bruno. Come se non bastasse Mancuso ha editato il libro di Matthew nella sua nuova casa editrice che, guarda caso, si chiama ‘Campo dei Fiori’. Il teologo dopo una dotta, quanto metafisica, dissertazione sul panteismo bruniano, dichiara che se Bruno abitasse i nostri giorni, crederebbe nell’immanenza di Dio nella natura; nella spiritualità come riconoscenza verso la vita e lotterebbe contro la cupa ideologia del peccato originale.

Di fatto Mancuso parte dall’assunto che un caratterino come quello di Giordano Bruno, il quale, senza aver mai visto un cannocchiale, usando solo il proprio pensiero, aveva intuito l’esistenza di ‘infiniti mondi’, anche adesso sarebbe un credente. Giordano Bruno non è mai stato un credente, era ateo dalla testa ai piedi perché il suo pensiero che voleva disperatamente la verità e la conoscenza, non poteva piegarsi a fantasticherie onanistiche e a deliri religiosi come quello del peccato originale. Perché, caro Mancuso, il peccato originale non è un’ideologia, è un delirio religioso. Pensare che un bambino nasca con una colpa è un delirio pericoloso.
Oggi, né mai, Giordano Bruno starebbe a lambiccarsi il cervello inseguendo, come fanno Mancuso e Matthew, un ‘cristianesimo delle origini’. Il nolano, che intuì gli ‘infiniti mondi’, oggi, forse sarebbe uno scienziato e/o uno psichiatra che cercano nella realtà umana l’esistenza di infinite realizzazioni. Cercherebbe anche le ragioni irrazionali di quella malattia invisibile chiamata ‘alienazione religiosa’ la quale impedisce il divenire nell’essere umano del dono ricevuto alla nascita, quando al venire alla luce il neonato ‘sceglie’ il rapporto con gli esseri umani e rifiuta la natura matrigna. Giordano Bruno sarebbe anche oggi un ostinato e non si accontenterebbe del ‘già dato’, del ‘già conosciuto’, figuriamoci la favola del cristianesimo delle origini.

I suoi ‘eroici furori’ sarebbero rivolti a ciò che è inconcepibile per un essere umano degno di questo nome e forse il suo rifiuto assumerebbe parole simili a quelle di Giorgio Caproni che negli anni ’80, vedendo delinearsi lo schifo, che ora ci ha sommersi, scriveva nella sia poesia Show: Guardateli in faccia//guardateli./Sono loro i ‘governanti’./Le nostre ‘guide’./I ‘tutori’ -/eletti  – della nostra vita./Guardateli./Ripugnanti./Sordidi fautori /‘dell’ordine’, il limo/del loro animo tinge/di pus la sicumera, /dei lineamenti. //Sono/(ben pasciuti) i nostri/illibati Ministri…/Guardateli, i grandi attori:/i guitti./Degni/tutti – dei loro elettori./Proteggono i Valori/(in Borsa!) e le Istituzioni/Ma cosa si nasconde/dietro le/invereconde maschere?/Il Male/Che dicono di combattere?/Toglieteceli davanti./Per sempre/Tutti quanti.

Ma, tornando al Bruno assassinato nel 1600 dai criminali della Chiesa cattolica, per comprendere, dobbiamo cercare nel suo percorso intellettuale e umano la genesi della sua ubris cioè del suo ‘smisurato orgoglio’ che gli fece scegliere il proprio destino. Ci dispiace per Mancuso ma il suo eroismo ha nulla a che fare con i martiri cristiani. Il martire rinuncia a se stesso in nome di una divinità nella quale ha alienato il suo pensiero trasformandolo in credenza. Giordano Bruno decide di sfidare i suoi carnefici in nome di un pensiero libero che cerca la verità. Sono due caratteristiche umane diametralmente opposte: nella prima c’è l’annullamento dell’essere, nella seconda c’è la rivendicazione dell’essere.
Possiamo dire che il filosofo nolano possedeva ‘un’anima corporea’, senza scissione tra mente e corpo e uno “spirto inquieto che subverte gli edifici de buona disciplina”. Nello ‘Spaccio della bestia trionfante’ egli dichiara di non voler altro che sincerità, semplicità, verità, forse intuiva quale malattia poteva invadere il proprio essere per l’annullamento della propria immagine interna, o come egli la chiamava la propria “sembianza”:

Voi siete quello che abbandonò se stesso,/la sua sembianza desiando in vano;/(……..)/Lasciate l’ombre et abbracciate il ver,/non cangiate il presente col futuro,
/io d’aver dì meglior già non dispero;/ma per viver più lieto e più sicuro,/godo il/presente, e del futuro spero:/cossì doppia dolcezza mi procuro.

Giordano è costretto dal proprio essere ad andare al di là del naturalismo rinascimentale di Telesio e Campanella , egli cerca di aprire “ la cripta della verità” e guardare oltre ciò che non è percepibile dai sensi della coscienza. Egli non può più credere che l’anima umana sia solo una zona in balia di diavoli o angeli, cerca disperatamente di capire quel mondo che scivola tra le dita come una nebbia, quel mondo ove le dinamiche psichiche giocano il gioco della vita. Vuole dare un’immagine e quindi un nome agli affetti, alle pulsioni, al desiderio.

All’inizio della sua ricerca Bruno si trova di fronte a universi di conoscenza degradati e prova ad uscirne. Per far ciò egli cerca nel microcosmo dell’umano le forze, le attrazioni, i vincoli, i moti interni degli esseri umani e in che modo, questi, ‘sentono’ questa realtà nascosta. Queste proprietà specificatamente umane egli le chiama Fantasia o Senso interno, facendo questo egli nomina quel mondo immateriale che la sapienza del XVI secolo chiamava genericamente anima. Anima sottoposta al male diabolico o al “bene” divino ma non “percepita” come qualcosa tra il corporeo e l’inorganico, tra materia e energia come invece l’immaginava il nolano: “ oltre alle qualità sensibili, ce ne sono altre meno avvertibili, le quali agiscono oltre il corpo e i sensi, e giungono a toccare facoltà dell’anima più profonde, inducendovi affetti e passioni determinate”.
Questo per la chiesa era già un buon motivo per la condanna a morte. Il volgo doveva continuare ad essere accecato dalla credenza. Ma il popolo sa leggere tra le righe, e gli epiteti  Bestemmiatore, Impenitente, Ateo giunsero ai loro orecchi con un altro significato: scienziato. L’immagine, appena percepita, di un essere umano diverso, cominciava a farsi strada nella mente di uomini e donne, forse subito negata in quanto lo stimolo della libertà interna era ancora eccessivo: non era ancora tempo. ”Non invidio chi son servi nella libertà e morti nella vita”, scriveva Bruno.

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