Candida Curzi. Un ricordo della giornalista recentemente scomparsa

ROMA – Per ricordare Candida Curzi, redattrice in cronaca all’epoca del rapimento Moro, l’Ansa ha riproposto online i suoi “lanci” che confermarono la terribile verità : il presidente della Democrazia Cristiana era   stato rapito dalle Brigate Rosse dopo l’agguato di via Fani.

Fino a quel  momento nella Roma giornalistica  si erano accavallate le più diverse voci, che  sulla sorte di Aldo Moro  erano passate di bocca in bocca, di telefonata in telefonata (non esistevano ancora i twitter, né le dirette streaming, tanto meno  I pad. smartphone e tutto la tecnologia  che oggi consente la diffusione immediata di ogni news, anche di quelle non confermate). E quando l’Ansa dava una notizia, potevi star certo  che era controllata e  vera. La chiamavano, sbagliando, l’agenzia di stampa ufficiale, quasi fosse  la Tass di Mosca o la BBC di Londra. L’Ansa era molto di più: ci lavoravano giornalisti di una razza speciale: faticavano  molto di più dei colleghi dei giornali quotidiani, avevano orari da posto di polizia più che da redazione, in cronaca soprattutto. 

 

Candida Curzi l’ho  conosciuta in cronaca, nelle due stanzette del  seminterrato del monumentale palazzo della Dataria, nella via omonima, ai piedi del Quirinale, dove l’agenzia si era trasferita da via di Propaganda, con finestre su piazza di Spagna. Giornalisti  con grinta ma senza volto né nome: non scrivevano articoli ma notizie, che nel migliore dei casi andavano in rete con una sigla  nella quale non era facile riconoscere l’autore (Candida Curzi  era cz) . 

Erano gli anni di piombo, le Brigate Rosse si facevano pubblicità telefonando ai giornali per  recapitare i loro comunicati, in genere lasciati nei cestini dei rifiuti. Ma soprattutto telefonavano all’Ansa, in cronaca: “Qui Brigate rosse, il comunicato numero tal dei tali è nel cestino dei rifiuti di Fontana di Trevi, accanto al posteggio delle carrozzelle”. Il cronista  aveva pochi secondi a disposizione:  balzare dalla sedia, correre a Fontana di Trevi (a poche decine di metri, in verità),  prelevare la busta anonima  di tipo commerciale con dentro il comunicato farneticante e fare ritorno in agenzia. Dopo pochi minuti ecco già il maresciallo di turno della Digos che con garbo si faceva consegnare il documento (al massimo concedeva il tempo di fare una fotocopia)  che sarebbe andato ad arricchire  l’archivio della Questura.  La telefonata delle Bierre era stata naturalmente intercettata dalla Digos e il tutto si era risolto in pochi minuti.  

Candida Curzi in cronaca ha fatto anche questo. Era giovane, determinata, con la professione nel sangue. Gliel’aveva trasmessa, insieme con tutti gli altri  geni, papà Sandro, il Curzi che sarebbe negli anni diventato  un direttore scomodo di una testata difficile della Rai,, il TG 3, è entrato nella storia del giornalismo televisivo come “TeleKabul”.

La mattina del 9 maggio 1978 Candida  Curzi era di turno in cronaca. I telefoni erano stranamente silenziosi: “Sai che c’è, è l’una, quasi quasi me ne vado, devo ancora fare la spesa”.  Chi scrive, anche lui di turno in cronaca,  non ebbe nulla in contrario. Ma di colpo un telefono squillò. Il collega informatore dalla sala cronisti della Questura di via San Vitale avvertì:” Hanno trovato  un morto in via Caetani. Non so altro”.   Candida Curzi aveva  la mano sulla maniglia della porta della redazione, con il suo impermeabile chiaro stretto in vita dalla cintura  frettolosamente  annodata con  gesto  automatico. Fuori, sulla strada,  (allora si poteva parcheggiare in via della Dataria) l’aspettava la sua Fiat 500 blu, l’unica a Roma con  a bordo un impianto di  radiotelefono: era un privilegio  dell’Ansa, un benefit dei suoi cronisti di nera.

Il tempo di posare la borsa  sulla scrivania che il telefono riprende a squillare. La stessa voce, prima annoiata, ora allarmata: “’Sto morto di via Caetani non si capisce che roba è. Ti richiamo”.  

“Candida, ti è di strada, facci un salto”  fu  l’esortazione  del collega anziano.

Via Caetani è una traversa di via delle Botteghe Oscure, vertice di un triangolo con il PCI e la Democrazia Cristiana di piazza del Gesù. E  da 55 giorni si protraeva il rapimento Moro.  Candida  non perse un istante: arrivò sul luogo del ritrovamento  del corpo esanime di Aldo Moro  pochi istanti  prima che tutte le strade intorno alla Renault  rossa si chiudessero blindate per tutti, ma soprattutto per  giornalisti, fotografi e tele cineoperatori.  Il resto è cronaca di quei giorni , e storia dell’Italia repubblicana. Cronaca e storia di cui è stata  testimone discreta una brava giornalista d’agenzia come Candida Curzi, prematuramente scomparsa  e doverosamente ricordata in Campidoglio, un omaggio in genere riservato ai  grandi del giornalismo. Ma  Candida, forse senza saperlo, nella sua professione  è stata anche lei grande. 

   

 

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