Bambini affetti da Anemia Mediterranea. Risonanza Magnetica anche prima dei 10 anni

Uno studio  MIOT (Myocardial Iron Overload in Thalassemia) allinea le procedure sanitarie e cliniche degli adulti con i casi pediatrici 

ROMA -Anticipare, anche prima dei 10 anni di età, il primo esame di Risonanza Magnetica cardiaca potrebbe risultare positivo ai fini della personalizzazione delle cure dei bambini affetti da Anemia Mediterranea. Questo esame quantifica l’accumulo di ferro nel cuore e nel fegato – dovuto alle continue trasfusioni – con l’obiettivo di programmare una cura personalizzata al fine di prevenire le complicanze da accumulo di marziale, in particolare quelle cardiache che rappresentano la prima causa di morte tra le persone affette da questa patologia.
Lo afferma lo studio intitolato “Myocardial iron overload in thalassaemia major. How early tocheck? ” e pubblicato nel mese di novembre sul “British Journal of Haematology”, frutto della collaborazione scientifico-editoriale fra la Prof.ssa Caterina Borgna-Pignatti, direttore della Clinica Pediatrica dell’Università di Ferrara/Azienda Ospedaliera Sant’Anna e la Dott.ssa Alessia Pepe responsabile della rete MIOT (Myocardial Iron Overload in Thalassemia), presso il Cor Lab di Risonanza Magnetica di Pisa della Fondazione Toscana Gabriele Monasterio.
L’articolo si inserisce nel controverso dibattito su quale sia l’età a cui avviare i soggetti con talassemia major alla prima valutazione in Risonanza Magnetica con tecnica T2 per quantificare l’accumulo del ferro nel cuore e nel fegato.

“Il messaggio importante di questo studio per la gestione dei nostri piccoli pazienti con talassemia major – afferma Alessia Pepe, responsabile progetto MIOT – è che la prima valutazione con Risonanza Magnetica T2 dovrebbe essere fatta non appena sia possibile eseguire l’esame senza la necessità di una sedazione. Il tutto col fine di prescrivere un’appropriata terapia chelante ‘cucita’ sul singolo paziente in modo da prevenire le complicanze a lungo termine (in primis cardiache) correlate all’accumulo di ferro. La prevenzione sui piccoli pazienti con talassemia major rappresenta infatti la via privilegiata per aprire ulteriormente la prognosi di questa malattia rara”. 

Prima di questo studio l’età consigliata per poter effettuare la prima valutazione per quantificare l’accumulo di ferro cardiaco ed epatico era di 10 anni. Da un’analisi retrospettiva su più di 2000 pazienti arruolati nel MIOT network, si sono invece analizzati i dati di 35 pazienti di età inferiore ai 10 anni, il più piccolo aveva 4 anni, sottoposti a Risonanza Magnetica.

Grazie ad un percorso motivazionale che ha visto una stretta collaborazione degli operatori sanitari con le famiglie, tutte le Risonanze Magnetiche sono state effettuate senza la necessità di ricorrere alla sedazione.
Lo studio ha dimostrato che il 12% di questa giovanissima corte di pazienti aveva un significativo accumulo di ferro cardiaco e tutti avevano assunto, mediante le sacche trasfusionali, meno di 35 g di ferro altro cut off tradizionalmente utilizzato per inviare i piccoli pazienti a Risonanza Magnetica ed oggi sconfessato. Solo il 26% dei soggetti presentava valori di T2 non riferibili ad accumulo di ferro in tutti i segmenti del cuore. Il 74% dei pazienti presentava accumulo di ferro epatico. 

La tecnica diagnostica
Gran parte dei pazienti affetti da Anemia Mediterranea deve sottoporsi a continue trasfusioni di sangue che hanno come effetto collaterale l’accumulo di ferro nel cuore e in altri organi come il fegato ed il pancreas con conseguenti complicanze quali anche problemi cardiaci (prima causa di morte delle persone affette da questa patologia).
Fino a pochi anni fa la quantità del ferro nel cuore non poteva essere quantificata e quindi i farmaci specifici per la chelazione del ferro venivano somministrati sulla base di parametri indiretti quali la ferritina sierica, dimostratasi oggi non correlare con l’accumulo di ferro nel cuore.
La rete scientifica sanitaria MIOT, fondata nel 2006 ha invece sviluppato una tecnica di diagnosi (T2 multislice multiecho) – condivisa dai centri appartenenti al network – che attraverso la Risonanza Magnetica cardiaca è in grado di quantificare in modo non invasivo l’accumulo di ferro con la diretta conseguenza di poter curare in modo personalizzato i pazienti attraverso i farmaci chelanti del ferro.
Alla rete MIOT, guidata dalla Fondazione Toscana Gabriele Monasterio di Pisa, aderiscono 9 centri di Risonanza Magnetica in Italia tutti pubblici: Ancona, Campobasso, Catania, Ferrara, Lamezia Terme, Palermo, Pisa, Roma e Taranto.

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