Atocha, dieci anni fa l’apocalisse

11 marzo del 2004: gli attentati terroristici più sanguinosi in Europa

MILANO – E’ stato uno degli avvenimenti più drammatici accaduti in Europa dalla fine della Seconda guerra mondiale. Nel giro di pochi minuti una serie esplosioni colpirono il sistema ferroviario della Spagna causando un’ecatombe. Il Paese e l’intero vecchio continente rimase sotto choc. Mai era avvenuto un attentato terroristico di simili dimensioni. L’attacco dell’integralismo islamico, dopo aver colpito gli Stati Uniti nel 2001, arrivava anche in Europa. La Spagna era infatti uno dei Paesi che aveva aderito all’invasione dell’Iraq progettata da George Bush nel marzo del 2003. Nessuno aveva previsto un simile chirurgico attacco ai trasporti della capitale della Spagna. Come nessuno si accorse che poi sarebbe stato il turno di un’altra capitale europea come Londra. Ma questa è un’altra (tragica) storia.

Veniamo alla dinamica dei fatti dell’apocalisse che colpì Madrid. Ricorre oggi il decimo anniversario del peggiore attentato della storia della Spagna: decine di bombe esplosero su più treni a Madrid, uccidendo 191 persone e ferendone oltre 2.057. Nella capitale spagnola, nella cattedrale dell’Almudena, si terrà una cerimonia di commemorazione delle vittime, cui parteciperanno anche i reali di Spagna, e nell’arco della settimana si terranno eventi, mostre e concerti.

Era l’11 marzo del 2004 quando la città fu svegliata alle 7 e 37 da un’ondata di esplosioni. La prima si registrò su un treno in arrivo alla stazione di Atocha e, solo un minuto dopo, altre tre bombe scoppiarono su treni che circolavano in periferia, creando caos e panico. La rete di trasporti si bloccò, mentre le linee telefoniche collassarono ed i taxi si trasformarono in ambulanze per trasportare i tantissimi feriti.

Gli attentati si verificarono tre giorni prima delle elezioni generali, stravolgendo la vita politica del Paese. A dispetto dei sondaggi precedenti la tragedia, l’allora premier Jose Maria Aznar fu sconfitto dal socialista Jose Luis Rodríguez Zapatero. Aznar – che attribuì la responsabilità degli attacchi all’Eta – fu ‘punito’ dagli elettori che lo accusarono di avere mentito sugli autori degli attentati. La tesi del terrorismo di matrice basca venne sostenuta dal governo anche dopo che vennero trovati indizi sulla responsabilità di al Qaeda, che chiedeva il ritiro delle truppe spagnole dall’Iraq. Cosa che avvenne con il nuovo premier Zapatero.

Diversi leader mondiali dichiararono la loro condanna degli attentati e la solidarietà con le vittime. Così fecero gli organismi internazionali come Amnesty International. Il Parlamento Europeo dichiarò l’11 marzo “Giorno delle vittime del terrorismo”. Gli Stati Uniti d’America offrirono il loro sostegno alla lotta antiterroristica e per l’identificazione dei responsabili. Israele mandò esperti nel riconoscimento dei corpi e nell’analisi del Dna. In Francia, tutte le bandiere nazionali furono poste a mezz’asta durante i tre giorni di lutto ufficiale in Spagna, e così fu deciso per le bandiere dell’Unione Europea. La maggior parte delle borse valori europee caddero l’11 marzo fra un 2% e un 3%, mentre l’indice Dow Jones cadde solo un 1.6%. Le azioni più colpite furono quelle delle imprese di turismo e aviazione. Polonia e Portogallo dichiararono il 12 marzo giorno di lutto nazionale. Personalità pubbliche come Romano Prodi, Silvio Berlusconi, Jean-Pierre Raffarin e Joschka Fischer viaggiarono il 12 marzo a Madrid per partecipare alla grandi manifestazioni silenziose e di massa contro il terrorismo, che partirono in tutta Spagna alle 7 del pomeriggio.

In una intervista televisiva, il 13 marzo, Fidel Castro accusò il governo spagnolo di ingannare i suoi cittadini sugli autori degli attacchi per ottenere benefici elettorali; e affermò che José Maria Aznar preferiva accusare ETA pur sapendo che un gruppo islamista stava dietro gli attentati. In Romania, tutte le bandiere nazionali ondeggiarono a mezz’asta e il governo dichiarò il 14 marzo giorno di lutto nazionale in solidarietà con le vittime spagnole e rumene (9 morti, 8 scomparsi e 76 feriti ancora in ospedale).

Lunedì, il ministro dell’Interno, Jorge Fernandez Diaz, ha presieduto una cerimonia al Teatro Real in onore delle vittime e dei sopravvissuti alla tragedia. “Gli spagnoli hanno sofferto molto e per molto tempo per colpa del terrorismo. Mai ci abituiamo al dolore. Oggi è il giorno in cui il ricordo e la memoria delle vittime rimangono per sempre in forma indelebile tra di noi”. Nel frattempo, ha fatto sapere il governo spagnolo, è “alto” il livello di allerta per il rischio di un attacco jihadista.

Intervistato dalla radio ‘Onda Cero’, il ministro dell’Interno ha riferito che l’esecutivo ha attivato il “livello 2” di allerta, questo significa che “esiste un pericolo probabile di attacco terrorista”. Questo livello, ha spiegato il ministro, non è cambiato negli ultimi anni ed è simile a quello della maggior parte dei Paesi vicino alla Spagna. Fernandez Diaz ha poi sottolineato che dagli attentati di 10 anni fa il numero degli agenti impegnati nella lotta antiterrorista è aumentato fino a 1.800 unità.

Da parte sua, Pilar Manjon non riesce a trattenere le lacrime quando parla di quel tragico giorno. Daniel, suo figlio, fu una delle vittime degli attentati e perse la vita all’età di 20 anni. “Ricordo ancora il bacio dell’11 marzo quando andò all’università”, racconta all’agenzia di stampa Dpa la donna, che adesso si occupa dell’Asociacion 11-M Afectados del Terrorismo. “C’erano solo due possibilità: o restare sul divano di casa a piangere o farsi avanti per cercare giustizia e memoria. Sono un po’ come le madri di Plaza de Mayo – ha aggiunto Manjon, che nel 2012 è stata inserita da ‘Newsweek’ nella sua lista delle 150 donne più influenti e coraggiose del mondo – né dimentico, né perdono. Ma l’odio è un tale spreco di energia che non vale la pena trascinarlo nella vita”.

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