Venezia, arriva il verdetto del Tar, le Grandi Navi tornano in laguna

«Mancano praticabili vie di navigazione alternative a quelle vietate». Altre petizioni, niente soluzioni

ROMA – Non c’è pace per la Laguna: il 17 marzo 2014, il Tar del Veneto boccia i limiti introdotti dalla Capitaneria di Porto dopo il decreto di Palazzo Chigi del 5 novembre 2013, che aveva deciso di «vietare il transito delle navi da crociera dirette o in partenza da Venezia per il canale di Giudecca, e di prevedere una nuova via di accesso alla Stazione marittima, individuata nel canale Contorta Sant’Angelo, come diramazione del Canale Malamocco-Marghera».

«Non c’è altra via». Il motivo della sospensione dei vincoli, dice il Tar, è che «mancano praticabili vie di navigazione alternative a quelle vietate». In sostanza, la società privata che gestisce la stazione marittima, la Venezia Terminal Passeggeri, insieme ad alcune aziende del settore nautico, aveva chiesto la sospensione del decreto, e il Tar la accoglie. Nello specifico, il decreto prevedeva che  dal 2014 fossero permessi soltanto 708 passaggi di navi da crociera, superiori alle 40 mila tonnellate, e che dal 2015 il transito ai giganti superiori alle 96 mila tonnellate fosse completamente vietato.

 

Tutto per nulla. Il vertice per le Grandi navi, in realtà, sarebbe addirittura dovuto essere convocato pochi giorni dopo la manifestazione, il 1 ottobre. Poi però, la crisi di governo lo ha inevitabilmente fatto slittare, così si è arrivati al 5 novembre. E il governo Letta aveva deciso di compiere il passo, che inoltre attuava il decreto Passera-Clini del 2012 (che permette la rotta, ma ne determina le regole); decreto cui si appellava il comitato “No Grandi navi”, che ha manifestato il 22 settembre 2013 contro il passaggio dei “mostri” in Laguna.

Il patrimonio. Innumerevoli sono i rischi dovuti al passaggio delle Grandi navi: soprattutto quelli ingenti per il patrimonio culturale, a causa dei quali persino il Wmf, Fondo mondiale per i monumenti, a ottobre 2013 ha inserito la città lagunare nella lista biennale dei Beni culturali in pericolo. Eppure, aggiunge il Tar, l’ordinanza che «traduce» in regole pratiche il dettato del governo, «non appare sostenuta da una adeguata attività istruttoria preliminare, volta all’identificazione dei rischi connessi ai traffici nei canali in questione e ai transiti delle navi con stazza superiore a 40 mila tonnellate».

 

Appelli. E a questo proposito, le mobilitazioni continuano: il regista Gabriele Muccino ha realizzato un documentario sul tema per continuare a sensibilizzare l’amministrazione, e lo ha diffuso su Facebook. Nella lettera che lo accompagna, indirizzata al Sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, alla Regione e a tutti gli amministratori, Muccino scrive: «Sapete meglio di me che le fondamenta della città non sono altro che millenari pali di legno sui quali si posa in un assoluto miracolo di ingegneria, l’intera città. È innegabile che le immense eliche di quelle spaventose navi che attraversano i grandi canali, erodano il fondale togliendo solidità alle suddette fondamenta della città. Il risultato è che verrebbe tutto giù come un castello di carte. Non voglio nemmeno pensare a cosa accadrebbe se solo una di queste navi grandi quanto interi quartieri, sbagliasse per pochi centimetri manovra e col suo inimmaginabile abbrivio, si schiantasse sulla città». E a partire dall’iniziativa di Muccino, è stata anche lanciata una petizione: oltre 51 mila firme raccolte in 48 ore, in media mille adesioni all’ora.

Stranezze. Qualcosa, a settembre, i manifestanti l’avevano ottenuta, rischiando anche salatissime multe per essersi tuffati nel canale della Giudecca (in modo talmente teatrale che il fotografo Oliviero Toscani ha invitato tutti i reporter a recapitargli gli scatti rubati nella manifestazione per pubblicare un libro). Ma ora il Tar annulla tutto: tabula rasa. Una situazione singolare quella del nostro Paese, dove spesso una decisione dei tanti tribunali amministrativi regionali riesce ad abolire numerose iniziative.

 

Amarezza. «È l’ora delle decisioni, uno stop immediato al passaggio di queste navi», affermava a settembre Orsoni, centrosinistra; «è una schifezza immonda» gli faceva eco il governatore leghista del Veneto, Luca Zaia. E adesso, per Orsoni, resta una grande delusione, insieme a quella della neo sottosegretaria ai Beni culturali, Ilaria Borletti Buitoni, che ritiene la decisione «grave per il futuro di Venezia».

Soddisfazione. Contenta invece Confindustria: «È un primo segnale positivo del fatto che i fattori economici e occupazionali finora sottovalutati siano diventati parte integrante di ogni valutazione sul tema», commenta il presidente di Confindustria del Veneto, Matteo Zoppas. Del resto, Zoppas è fedele alla linea dell’amministratore delegato della Terminal Passeggeri, che già a settembre, dopo la manifestazione, diceva che eliminare le Grandi navi avrebbe procurato gravi danni all’economia, aggiungendo: «Zero rischi, poco inquinamento e tanti soldi, se c’è un problema è la bellezza del mondo, come dice Celentano, ma ci si può lavorare».

Nessuna soluzione. Celentano, infatti, il 22 settembre ha comprato un intera pagina di un quotidiano nazionale per pubblicare un articolo in cui, per così dire, non le ha “mandate a dire”. Era lo stesso giorno della manifestazione, non a caso: il giorno precedente, il 21 settembre, Venezia era stata teatro di una serie di passaggi come mai prima. In 24 ore, 18 navi, di cui 11 da crociera, nel canale di San Marco e della Giudecca. «Ci si può lavorare», diceva l’amministratore delegato. Va bene, ma come?

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