Crisi. Gli italiani spendono meno in abbigliamento, chiudono 34 negozi al giorno

ROMA – L’abbigliamento non è più una delle priorità degli italiani. Effetto della crisi economica? A quanto pare sembra proprio essere così.

La crisi infatti ha avuto un impatto particolarmente forte sui beni di consumo non proprio primari, cambiando quelle che fino a poco tempo fa erano considerati invece appunto priorità quasi irrinunciabili. Conseguenza immediata di questo cambio di ‘abitudini’ è stata la  chiusura di numerosi esercizi commerciali. Secondo la Confesercenti chiudono 34 negozi di abbigliamento ogni giorno.

Da dicembre 2013 ad oggi le cessazioni di imprese nel comparto tessile, dell’abbigliamento e delle calzature, sono state 14.500, più di 34 al giorno. Nel primo bimestre 2014 si contavano 131.682 imprese, contro le 158 mila del 2011, con una riduzione quasi del 17%. Il 2013  si è chiuso con un saldo negativo tra iscrizioni di nuove imprese e cessazioni di quasi 6.000 unità a cui si aggiungono le 2.342 imprese scomparse durante lo scorso anno. In termini assoluti le cinque città con saldi negativi più alti nei primi due mesi del 2014 sono: Roma, Napoli, Torino, Milano e Brescia. Da prima della crisi ad oggi ciascun italiano ha ridotto la propria spesa in abbigliamento e calzature di circa 150 euro. Nel 2007 si spendevano circa 1000 euro pro-capite, nel 2013 se ne sono spesi 850. Per l’intensità della crisi – fa notare la Confesercenti – nel 2012 per la prima volta la quota di prodotti venduti in saldo o in promozione ha superato il 50% del fatturato e tra i canali distributivi perdono più terreno i piccoli esercizi (-10,3% nel 2012), poi la grande distribuzione de-specializzata (-9,9%) e crescono solo outlet (14,2%) ed e-commerce.

In controtendenza dunque l’e-commerce. Il 2012 registra un +31% rispetto al 2011, con un fatturato di oltre un miliardo. Si stima che la crescita del commercio elettronico italiano per il 2013 (+17% valore di poco inferiore a quello dello scorso anno) sarà trainata proprio dall’andamento positivo di abbigliamento e informatica che pesano per oltre il 40% sul totale.  I consumatori comunque non si sono solo spostati verso il commercio on line, si registra infatti anche un ritorno agli acquisti nei mercati.

Roberto Manzoni, presidente della Fismo, spiega: «Dobbiamo fronteggiare non soltanto gli effetti della crisi economica  ma anche il cambiamento nelle abitudini degli italiani in fatto di consumi che la nuova, difficile, situazione ha determinato. L’abbigliamento non è più tra le priorità d’acquisto e tra gli status symbol come alcuni anni fa ed anche il modo di acquistare è profondamente cambiato con l’affermarsi dell’e-commerce ed il proliferare di siti specializzati». 

 

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