Valerio Verbano. 35 anni fa il suo omicidio, nessuna verità

ROMA – “Una presenza che come Regione rinnoviamo, 35 anni dopo l”omicidio di Valerio Verbano, per chiedere ancora una volta che sia accertata la verità sui fatti del 22 febbraio del 1980″.

Così la consigliera regionale di Sel Marta Bonafoni, intervenuta questa mattina in via Monte Bianco per la deposizione della corona di  alloro sotto la casa del militante di sinistra ucciso in un agguato ritenuto di stampo neofascista, in circostanze però ancora prive di una verità giudiziaria.

“Negli anni – afferma la consigliera di Sel – ho partecipato al corteo organizzato dagli amici e dai compagni di Valerio nel le strade del suo quartiere, oggi sono qui in rappresentanza della Regione Lazio. Ma l’intento è sempre lo stesso: essere parte attiva nella custodia della memoria di ciò che furono Valerio e la sua militanza, in continuità con la battaglia della sua minuta e fortissima madre Carla, scomparsa ormai quasi tre anni fa, per chiedere verità e giustizia per Valerio”.

“Tra l’altro – prosegue Bonafoni – proprio le recenti intercettazioni di ”Mafia Capitale” hanno restituito nuove voci con tutta probabilità riferite a quell’omicidio. Già all’epoca della prima inchiesta, piena di buchi e di prove scomparse, i nomi di Massimo Carminati e dei fratelli Bracci tornavano in alcune testimonianze. L”auspicio oggi che commemoriamo il trentacinquesimo anno dall”uccisione di Valerio è che si possa arrivare finalmente a scrivere la parola ”fine” su quei giorni”.

L’omicidio
Il 22 febbraio del 1980, intorno alle 12:44, tre giovani armati e coperti da un passamontagna si introducono con una scusa in casa Verbano, al quarto piano di via Monte Bianco 114, nel quartiere romano di Monte Sacro. Spacciandosi per amici del figlio riescono a convincere i genitori di Verbano ad aprire le porte della loro abitazione; una volta introdottisi all’interno dell’appartamento, armati di pistole con silenziatore, i tre legarono e imbavagliarono i genitori che, immobilizzati con nastro adesivo, furono portati nella loro camera da letto. A quel punto, rimasero in attesa del rientro di Valerio, non ancora rincasato da scuola.
Al suo ritorno, intorno alle 13:40, aperta la porta di casa, Verbano fu subito assalito dai tre. Nella colluttazione che seguì riuscì a disarmare uno degli assalitori e a tentare la fuga attraverso una delle finestre dell’appartamento. Fu però raggiunto da un colpo di arma da fuoco alla schiena che gli entrò nella spalla sinistra recidendogli l’aorta e facendolo cadere morto sul divano del salotto. Quando gli aggressori si danno alla fuga, nella concitazione, lasciano nell’appartamento un passamontagna, una pistola calibro 38 con silenziatore, un guinzaglio per cani, un paio di occhiali da sole e un bottone di camicia.
Allertati dallo sparo, i vicini di casa accorsi nell’appartamento dei Verbano immediatamente dopo la fuga degli assassini, si attivarono per liberare i genitori e per soccorrere invano il ragazzo che morirà poco dopo, ancor prima di essere caricato nell’ambulanza che lo avrebbe trasportato all’ospedale.
L’omicidio ebbe una grandissima risonanza cittadina, grazie anche alla militanza politica di Verbano. Il 25 febbraio, giorno dei funerali (e del suo compleanno), si registrarono diversi episodi di violenza dei gruppi legati all’Autonomia duramente repressi con cariche e lacrimogeni dalla polizia, fin dentro il cimitero del Verano, dove Verbano fu sepolto. Dalle finestre del commissariato di San Lorenzo, quartiere romano attiguo al cimitero, vengono addirittura esplosi diversi colpi di pistola sul corteo funebre.

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