Mortalità infantile, a rischio 69 milioni di bambini

NEW YORK – Se il mondo non si concentrerà sulla drammatica situazione dei bambini più svantaggiati, entro il 2030 (data conclusiva degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile) 69 milioni di bambini sotto i 5 anni moriranno per cause prevalentemente prevenibili, 167 milioni di bambini vivranno in povertà e 750 milioni di donne si saranno sposate da bambine; più di 60 milioni di bambini in età da scuola primaria saranno esclusi dalla scuola: questo l’allarme lanciato oggi dall’UNICEF con il rapporto annuale ‘La Condizione dell’Infanzia nel Mondo 2016- La giusta opportunità per ogni bambino’. 

Secondo il rapporto sono stati fatti importanti progressi nel salvare le vite dei bambini, riportandoli a scuola e aiutando le persone ad uscire dalla povertà. Il tasso di mortalità infantile sotto i 5 anni, dal 1990, è più che dimezzato ed in paesi come Etiopia, Liberia, Malawi e Niger il tasso è sceso di oltre due terzi; in 129 paesi un eguale numero di bambini e bambine frequentano la scuola primaria e, rispetto al 1990, a livello globale, il numero delle persone che vivono in povertà estrema si è ridotto quasi della metà. Dal 1990 Il numero di morti tra le madri è diminuito del 43%; il numero annuale di morti di bambini sotto i 5 anni per polmonite, diarrea, malaria, sepsi, pertosse, tetano, meningite, morbillo e AIDS è diminuito da 5,4 milioni nel 2000 a 2,5 milioni nel 2015. I programmi per le vaccinazioni hanno portato ad una diminuzione di circa l’80% dei decessi per morbillo tra il 2000 e il 2014, prevenendo così la morte di circa 1,7 milioni di bambini. 

Secondo il rapporto, questo progresso però non è ancora equo. I bambini più poveri hanno il doppio delle probabilità, rispetto a quelli più ricchi, di morire prima del loro quinto compleanno e di soffrire di malnutrizione cronica. Attualmente un bambino nato in Sierra leone ha probabilità 30 volte maggiori di morire prima dei 5 anni rispetto ad un bambino nato nel Regno Unito. 

Nell’Africa Subsahariana le donne corrono un rischio di mortalità materna pari a 1 su 36, mentre nei paesi ad alto reddito tale rischio è pari a 1 su 3.300. In molte aree dell’Asia del Sud e dell’Africa Sub sahariana, un bambino che nasce da un madre non istruita ha circa 3 probabilità in più di morire prima del quinto compleanno rispetto a un bambino nato da una madre con un livello di istruzione secondaria. Le ragazze delle famiglie più povere hanno il doppio delle probabilità di essere sposate da bambine rispetto alle ragazze di famiglie più benestanti. La prospettiva più incerta è in Africa Sub Sahariana, dove almeno 247 milioni di bambini – 2 su 3 – vivono in condizioni di povertà multidimensionale, deprivati di ciò di cui hanno bisogno per sopravvivere e svilupparsi, e dove circa il 60% dei giovani tra i 20 e i 24 anni, che appartiene al quinto più povero della popolazione, ha meno di quattro anni di scolarizzazione alle spalle.

Stando alle tendenze attuali, secondo il rapporto, entro il 2030, in Africa sub Sahariana si verificheranno: – la metà delle morti per cause prevenibili dei 69 milioni di bambini prima del loro 5° compleanno; – Oltre la metà dei 60 milioni di bambini che in età da scuola primaria non frequenterà le scuole – 9 bambini su 10 vivranno in condizioni di povertà estrema. Sebbene l’istruzione giochi un ruolo fondamentale nel fornire le stesse opportunità a tutti i bambini, dal 2011 il numero di bambini che non frequentano la scuola è aumentato e un numero significativo di coloro che vanno a scuola non apprende. Circa 124 milioni di bambini oggi non frequentano la scuola primaria e la secondaria inferiore, e almeno 2 su 5 che finiscono la scuola primaria non hanno imparato a leggere, scrivere o svolgere semplici operazioni aritmetiche. La Condizione dell’Infanzia nel Mondo presenta un quadro preoccupante per ciò che il futuro riserva ai bambini più poveri del mondo, a meno che i governi, i donatori, le organizzazioni internazionali e del mondo economico non accelereranno i propri sforzi a favore dei bisogni di questi bambini. 

“Non dare una giusta opportunità nella vita a centinaia di milioni di bambini significa minacciare ancora di più il loro futuro – in questo modo si alimentano i cicli di svantaggio intergenerazionale, mettendo in pericolo il futuro delle loro società” – ha dichiarato Anthony Lake, Direttore generale dell’UNICEF. “Abbiamo una possibilità: investire per questi bambini adesso o contribuire a rendere il nostro mondo ancora più diseguale e diviso.” Dal rapporto emerge che investire sui bambini più svantaggiati può dare benefici nell’immediato e nel lungo periodo. I sussidi in denaro, per esempio, aiutano i bambini ad andare a scuola più a lungo, consentendo loro di raggiungere livelli di istruzione più alti. In media, ogni anno in più di scuola per un bambino rappresenta da adulto un incremento di circa il 10% della paga da lavoro. E, in media, per ogni anno di scuola in più completato da un giovane adulto in un paese, il tasso di povertà di quel paese diminuisce del 9%. 

La diseguaglianza non è permanente o insormontabile. Una raccolta di dati più approfondita su: condizioni di vita dei bambini più svantaggiati, soluzioni integrate per le sfide che i bambini devono affrontare, strade innovative per risolvere vecchi problemi, investimenti più equi e un maggior coinvolgimento delle comunità – tutte queste misure insieme – può aiutare a dare ai bambini opportunità più eque.

DATI SULL’EUROPA- Povertà- Nel 2014, nei 41 paesi più ricchi, quasi 77 milioni di bambini vivevano in condizioni di povertà monetaria. Prendendo come riferimento i livelli pre-crisi, dopo il 2008 i tassi di povertà infantile sono aumentati in 23 paesi 

OCSE. In cinque di questi, i tassi di povertà infantile sono saliti di più del 50%. Nella maggior parte dei paesi dell’Unione Europea, la percentuale dei bambini che vive in povertà è superiore a quella degli adulti. Disuguaglianze- Comunità emarginate come la popolazione rom in Europa centrale e orientale, per esempio, subiscono continuamente disuguaglianze nell’accesso e nell’utilizzo dei servizi sanitari. Un bambino rom su cinque in Bosnia ed Erzegovina e uno su quattro in Serbia presenta moderati o gravi ritardi nella crescita. Nel 2012, solo il 4% dei bambini rom tra i 18 e i 29 mesi in Bosnia ed Erzegovina aveva ricevuto tutte le vaccinazioni raccomandate, in confronto al 68% dei coetanei non rom. 

ISTRUZIONE NELLE EMERGENZE E NELLE CRISI CRONICHE – Secondo un recente rapporto, le emergenze umanitarie e le crisi protratte hanno interrotto l’istruzione di più di 75 milioni di bambini dai 3 ai 18 anni di età in 35 paesi. Di questi, più di 17 milioni sono rifugiati, sfollati o appartenenti a un’altra popolazione a rischio. In particolare, le bambine in contesti colpiti da conflitto, hanno probabilità 2,5 volte superiori di non andare a scuola rispetto alle coetanee in ambienti più pacifici. 

Nel 2014 in Nigeria, il gruppo armato Boko Haram ha rapito centinaia di donne e ragazze nel corso di pesanti attacchi. Tra il 2012 e il 2014, il gruppo ha ucciso 314 bambini nelle scuole della Nigeria nord-orientale. Dall’inizio della rivolta alla fine del 2015, più di 600 insegnanti hanno perso la vita e più di 1.200 scuole sono state danneggiate o distrutte. Docenti e alunni sono stati attaccati, rapiti e uccisi anche nello Yemen, nella Repubblica araba di Siria e in molti altri paesi. Solo nel 2014, sono avvenuti 163 attacchi contro scuole in Afghanistan, nove istituti nella Repubblica Centrafricana e 67 scuole in Iraq. (Ses/AdnKronos)

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