Biodiversità. Da Capocotta l’Anteprima Spiagge e Fondali Puliti di Legambiente

Legambiente: “I rifiuti in mare minacciano la biodiversità e mettono a rischio le specie marine. Necessario mettere in campo politiche di prevenzione e sensibilizzazione coinvolgendo i cittadini e le giovani generazioni”

Dal 26 al 28 maggio oltre 300 iniziative in tutta Italia all’insegna dell’amore per il mare e centinaia di eventi di pulizia straordinaria in tutto il Mediterraneo con Clean up the Med     

È partita oggi da Capocotta (Rm), a pochi chilometri dall’Area Marina Protetta Secche di Tor Paterno, l’anteprima di “Spiagge e fondali Puliti – Clean up the Med”, la storica campagna di volontariato ambientale organizzata ogni fine maggio da Legambiente in Italia e in tutto il Mediterraneo e dedicata alla pulizia degli arenili e dei fondali. Quest’anno l’associazione ambientalista ha inaugurato in anticipo il week-end di pulizia, in programma dal 26 al 28 maggio lungo tutta la Penisola, con un’anteprima eccezionale a Capocotta e Ostia che ha visto la straordinaria partecipazione della Presidente della Camera Laura Boldrini e della Sottosegretaria al Ministero dell’Ambiente Silvia Velo.  

Una giornata importante quella che Legambiente ha voluto organizzare oggi 22 maggio, in concomitanza della Giornata Mondiale della Biodiversità, per lanciare un messaggio forte e chiaro in difesa della biodiversità che in Italia – tra paesi europei più ricchi di specie vegetali e animali attualmente in Europa – sta rapidamente diminuendo. L’associazione ambientalista ha chiesto oggi, insieme alla Presidente della Camera e ai tanti ragazzi che hanno partecipato all’Anteprima di Spiagge e Fondali Puliti, maggior rispetto e tutela per il mare e la biodiversità marina e ha ribadito la necessità di mettere in campo politiche di prevenzione e sensibilizzazione per ridurre gli impatti ambientali ed economici del marine litter che costa all’Ue ben 476,8 milioni di euro l’anno, sensibilizzando le persone sui danni diretti e indiretti che i rifiuti in mare e spiaggiati (marine litter), frutto della cattiva gestione dei rifiuti a monte ma anche dell’abbandono consapevole, causano in primis all’ecosistema e alla biodiversità.

Ad esempio tartarughe, mammiferi e uccelli marini possono morire per soffocamento dovuto all’ingestione accidentale di rifiuti (in particolare buste di plastica) scambiati per cibo oppure possono  restare intrappolati nelle reti da pesca e negli attrezzi di cattura professionale. I rifiuti in plastica, in particolare, sono stati associati all’88% delle ingestioni o degli intrappolamenti; mentre carta, vetro e metallo lo sono per meno del 2%. Molte delle specie che incorrono nei danni causati dai rifiuti marini, sono protette, il 15% è sulla Lista Rossa delle Specie Minacciate dell’IUCN, l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura. Ci sono poi le microplastiche che rappresentano un pericolo di contaminazione della catena alimentare, essendo questi piccoli frammenti di plastica ingeriti dai pesci che poi possono finire sulle nostre tavole.  

A Capocotta oggi i volontari, insieme ai ragazzi di diverse scuole del litorale romano, hanno ripulito l’arenile raccogliendo anche tanti piccoli rifiuti che hanno trovato sulla spiaggia: cotton fioc, tappi di plastica, buste e altri piccoli rifiuti che sono un pericolo per l’ambiente e la biodiversità. Ad aiutarli nella pulizia straordinaria la Presidente della Camera Laura Boldrini, la Presidente di Legambiente Rossella Muroni e la Sottosegretaria all’Ambiente Silvia Velo. All’Anteprima di Legambiente, che si è svolta poi anche presso la Casa del Mare di Ostia sede di Roma Natura, hanno inoltre partecipato Francesco Ferrante Vicepresidente Kyoto Club, Maurizio Gubbiotti Presidente di Roma Natura, Stefano Ciafani, Direttore generale di Legambiente, Roberto Scacchi, Presidente di Legambiente Lazio, Cristiana Avenali, Consigliera Regione Lazio e Rosalba Giugni Presidente Marevivo.  

“In Italia –  ha dichiarato Rossella Muroni, Presidente nazionale di Legambiente – la biodiversità sta rapidamente diminuendo anche a causa dell’inquinamento legato al marine litter che ha conseguenze anche sulla salute dei cittadini, l’economia e in settori come la pesca e il turismo. Per contrastare questo problema, l’Italia faccia la sua parte e raccolga la sfida lanciata dalla direttiva Marine Strategy ai paesi membri: raggiungere il buono stato ecologico per i nostri mari entro il 2020. In questa partita è fondamentale puntare anche sulla prevenzione e una corretta gestione dei rifiuti coinvolgendo prima di tutto i cittadini come facciamo da anni con la campagna Spiagge e Fondali puliti dimostrando che un cambiamento dal basso è possibile rendendo partecipi in Italia e in tutto il Mediterraneo le persone e soprattutto le giovani generazioni”.  

“Quello che occorre incentivare oggi – ha spiegato Maurizio Gubbiotti, Presidente di Roma Natura – è un nuovo approccio nell’utilizzo del mare e delle coste, condividendo percorsi strategici con gli attori del territorio, favorendo una fruizione sempre più ampia e raccogliendo la sfida dello sviluppo locale che passa per valorizzare la piccola pesca artigianale, un turismo più ecosostenibile e una mobilità alternativa. Quel modello virtuoso che ci è imposto dall’Europa e per il quale la Regione Lazio e l’Area marina protetta Secche di Tor Paterno, che rappresenta un tassello fondamentale del sistema dei Parchi di RomaNatura e un’eccellenza del mare di Roma e del nostro Paese per il suo patrimonio di biodiversità, hanno dimostrato nella governance di questi ultimi quindici anni, di avere tutti i numeri e le idee e le infrastrutture per diventare un modello a livello nazionale, coniugando salvaguardia della biodiversità e fruizione sostenibile dell’area marina protetta”.

Gli impatti sulla biodiversità: I principali tipi di impatti causati dai rifiuti marini sulla biodiversità sono l’aggrovigliamento (intrappolamento) e l’ingestione. Stando agli ultimi dati disponibili, riportati nell’ultimo report dell’UNEP Marine litter assessment in the Mediterranean (2015), il 35% della fauna vittima di aggrovigliamento è rappresentato dagli uccelli marini, seguiti dai pesci (per il 27%), dagli invertebrati (20%), mammiferi marini (circa 13%) e rettili (5%). I rifiuti più dannosi, in questo caso, sono gli attrezzi da pesca abbandonati o dispersi in ambiente marino, responsabili del 72% degli aggrovigliamenti, in primis le lenze (ne causano il 65%), ma anche reti, cime, ami, esche, nasse e altri tipi di attrezzature. Le reti continuano ad essere trascinate dalle correnti anche dopo il loro abbandono e sono anche responsabili dei danni a diversi ecosistemi, tra cui quello bentonico o le barriere coralline.  

Altro problema è l’ingestione dei rifiuti marini. Gli studi sul bacino del Mediterraneo documentano che oltre 180 specie marine, tra diverse specie di uccelli e mammiferi marini, organismi filtratori,pesci, specie planctoniche e tartarughe, incorrono nell’ingestione accidentale o volontaria di alcuni rifiuti, come buste o i piccoli granuli di plastica che possono essere scambiati per cibo come meduse o uova di pesce. Tra le conseguenze dovute all’ingestione ci sono la malnutrizione, la morte per soffocamento, l’ostruzione del tratto intestinale o inedia a causa dell’ingannevole senso di sazietà o, ancora, l’esposizione alle sostanze tossiche contenute o adsorbite dalla plastica che comportano anche disturbi al sistema endocrino. Le particelle più piccole entrano così nella catena alimentare. L’escrezione di frammenti o piccoli rifiuti marini è molto comune per tutti i tipi di organismi, come documentano anche i campioni raccolti nel Centro di Recupero Tartarughe Marine di Legambiente, a Manfredonia (Fg).

La biodiversità e l’integrità degli ecosistemi è anche minacciata dall’invasione di specie aliene, che spesso trovano nei rifiuti marini galleggianti il mezzo di trasporto o il nascondiglio attraverso il quale raggiungere i nuovi ambienti posti al di fuori dei loro confini naturali. In aggiunta a pezzi di legno, gusci di frutta o altro materiale organico galleggiante, l’aumento di micro e macro particelle di plastica sulle superfici marine, secondo gli ultimi studi, sta raddoppiando le opportunità di questo tipo di migrazione. Più dell’80% delle specie aliene note nel Mediterraneo potrebbero essere state introdotte attraverso i rifiuti marini o potrebbero comunque utilizzare questi ultimi per espandersi ulteriormente.

Tartarughe – Tra gli animali a rischio ci sono le tartarughe marine. In particolare la Caretta caretta, la specie di tartaruga marina più diffusa nel bacino del Mediterraneo, è inclusa nella lista delle specie in via di estinzione della IUCN. Le stime fatte nel corso degli ultimi anni, nel Mediterraneo ogni anno sono oltre 130 mila le tartarughe marine della specie tartaruga Caretta caretta che rimangono vittime di catture accidentali da parte dei pescatori professionisti. Circa 70.000 abboccano agli ami utilizzati per la pesca al pescespada, oltre 40.000 restano intrappolate nelle reti a strascico e circa 23.000 in quelle da posta per un totale di 133.000 catture con oltre 40.000 casi di decesso. (fonte tartalife.ue)

Per quanto riguarda gli impatti negativi dei rifiuti marini, per tutte e sette le specie conosciute di tartaruga marina è stata documentata l’ingestione o l’intrappolamento in rifiuti marini, rappresentati da plastica per circa il 90%. Il recente studio guidato dall’Università di Siena e condotto nel Tirreno settentrionale sulla Caretta caretta, documenta l’ingestione di rifiuti di plastica nel 71% degli individui per i quali è stato analizzato il tratto gastro intestinale. In 22 campioni sono stati trovati 483 frammenti di rifiuti marini, con una media di oltre 16 pezzi a campione. Il 92% è plastica e di questi quasi tre quarti sono frammenti sottili che vengono probabilmente scambiati per meduse, di cui le tartarughe si nutrono.

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