Ambiente. Colleferro e la monnezza: una storia disonesta tutta italiana

COLLEFERRO (ROMA) – Definire Colleferro un “polo della monnezza” non ci sembra scorretto. Per determinate attività vengono scelti territori, per così dire sacrificali, che accettano consapevolmente questo destino, e Colleferro è uno di questi.

Ma come si è giunti ad avere in un fazzoletto di terra, già estremamente compromesso dal punto di vista ambientale,  un così tale assembramento di impianti per lo smaltimento dei rifiuti, quale quello costituito dalle due linee di incenerimento e da una enorme discarica, tutti altamente inquinanti?

La discarica di Colle Fagiolara nasce come sito di stoccaggio provvisorio nei primissimi anni ’90, ad opera di un commissario prefettizio, dopo la scoperta di illeciti traffici di rifiuti destinati in Campania. La provincia di Roma, durante la presidenza di un ex-sindaco di Colleferro, fece diventare la discarica permanente, affidandola in gestione alla neonata società GAIA, costituitasi per l’occasione . Per raccogliere una mole maggiore di rifiuti (e di denaro), la cavità iniziale non fu più sufficiente e l’incavo naturale fu ingrandito, nel silenzio generale. La fretta e la mancanza di trasparenza che hanno segnato l’avvio di tali lavori generano seri dubbi sulla continuità del manto d’impermeabilizzazione e sulla sagomatura del fondo. In seguito alla fondazione del consorzio Gaia la gestione della discarica non è più di pertinenza del comune di Colleferro, ma ne intasca però  il cosiddetto “ristoro ambientale” (denaro in cambio di salute), che oggi si aggira intorno ai 5 mln di Euro. La discarica solleva dubbi e sospetti: cosa vi entra? Che tipo di rifiuti ospita? Sarebbe interessante leggere le bolle di accompagnamento dei primi anni di funzionamento della discarica. Prendendo in mano la gestione di Colle Fagiolara, inoltre, Gaia aveva l’obbligo economico in base alle norme vigenti, di accantonare fondi per la gestione “post-mortem” e la bonifica della discarica stessa (13 milioni di euro): questi soldi sono spariti dalle casse della società, probabilmente stornati per coprire il dissesto finanziario in cui è precipitata, soprattutto a seguito di incaute  acquisizioni economiche. Il consorzio Gaia infatti, nel 2005 è divenuto una SpA a totale capitale pubblico. Come tutte le società per azioni ha un  obiettivo primario: fare utili, a qualunque costo.  

Storie di amministrazione straordinaria: il Governo in seguito al dissesto finanziario nomina un commissario straordinario per dare continuità alle società del gruppo e attuare un programma di ristrutturazione, con conseguente recupero dei debiti accumulati nel tempo, circa 380 mln. di Euro. E come accade per tutte le SpA in crisi, la cura è sempre la stessa: svendita di alcune attività, occupazione da 1300 a circa 650 addetti. Avverrà lo stesso con la paventata ipotesi di acquisto di Gaia da parte di Lazio Ambiente SPA?

Torniamo al 1999, anno in cui viene dato il via alla costruzione di due linee di incenerimento. A nulla valgono  il parere negativo della USL, che richiama l’incidenza sul territorio di numerose industrie con carichi ambientali rilevanti, e le rimostranze dei cittadini, alcuni  dei quali vengono denunciati e indotti a desistere.
Siamo dunque nel 2002-2003, anno dell’avvio degli impianti, gli inceneritori vengono già definiti obsoleti, nonostante siano stati pagati decine di  milioni di Euro, a detta di molti ben oltre il loro valore commerciale.  
Nel 2009, grazie alla denuncia di alcuni lavoratori, si scopre che negli inceneritori, destinati a bruciare solo CDR garantito, si brucia di tutto, dai copertoni delle auto ai rifiuti ospedalieri altamente tossici, alterando al contempo i dati sulle emissioni dei camini. Tutto ciò senza che gli enti  preposti al controllo se ne accorgessero, nonostante l’evidenza.

Dal 2005 sono numerose le inchieste delle procure  che si sono succedute: tangenti per assegnazione di lavori, irregolarità nei bilanci della società Gaia, traffico e smaltimento illecito di rifiuti, vessazioni su dipendenti. Sotto inchiesta gli alti vertici della società, compreso il commissario straordinario, e, per quanto riguarda lo smaltimento illecito, anche diverse attività imprenditoriali in mezza Italia.
Una storia disonesta che molti non conoscono o che molti fingono di non conoscere. Il business dei rifiuti a Colleferro nasce per caso da un atto dovuto di un commissario prefettizio e i “padrini politici”, che la Commissione Bicamerale sul traffico illecito dei rifiuti sta ancora cercando, ne traggono beneficio clientelare sostituendolo alla dismissione occupazionale dell’azienda madre di Colleferro, la Snia BPD. La stessa Commissione Bicamerale rimane sconcertata quando scopre, durante le audizioni, che una società pubblica come l’AMA frodava, conferendo CDR non conforme, una società pubblica come Gaia, oltre a frodare se stessa, dato che AMA possedeva il 40% di uno degli impianti di incenerimento di Colleferro; Gaia a sua volta frodava un’altra società pubblica come il Gestore di energia elettrica, utilizzando in modo inappropriato i famosi CIP6, frode anche questa ai danni dei cittadini sull’utilizzo dei fondi per le energie rinnovabili.

Oggi sembra che quanto avvenuto sia stato dimenticato dai più. Restano i processi in corso e speriamo che venga finalmente ripristinato il diritto alla legalità.
Abbiamo colto l’occasione dello spettacolo teatrale gratuito di Ulderico Pesce, “Asso di monnezza”, che si terrà a Colleferro il 3 Settembre alle ore 21,00 nel piazzale della Piscina Comunale, con stand e attività varie dalle 17,30, il tutto in occasione della rassegna “Contemporanea Teatro” itinerante in diversi comuni dal 26 agosto al 4 settembre e per raccontarvi questa storia.

Ulderico Pesce mette in evidenza due punti essenziali: il sistema di smaltimento dei rifiuti urbani, di cui si parla abbondantemente sulla stampa, che vede il Sud dell’Italia “incapace di gestire la monnezza” perché nelle mani della malavita e della clientela politica, e un Nord capace ed efficiente; il sistema di smaltimento illegale dei rifiuti industriali, di cui la stampa non parla mai,  che vede il ricco Nord produrre rifiuti chimici pericolosissimi, che spesso vengono scaricati nel Sud dell’Italia, sulla terra agricola, nelle fabbriche di fertilizzante per l’agricoltura, nel mare, nei fiumi. Lo spettacolo sottolinea altresì la necessità di punire penalmente i reati ambientali inserendo nel Codice Penale Italiano il reato contro l’ambiente. Spettacolo al quale l’amministrazione di Colleferro lo scorso anno inspiegabilmente negò il suolo pubblico.
Evidentemente chi parla di queste cose qui da noi dà fastidio, molto più di chi reati del genere li ha commessi.

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