“This is my land…Hebron” di Giulia Amati e Stephen Natanson. Un film da non perdere

ROMA – Arriva nelle sale il film  “This is my land…Hebron”  realizzato da Giulia Amati e Stephen Natanson.

Vincitore del premio di Cinema Doc al Festival dei popoli ex-equo con Left by the ship di Emma Rossi Landi e Alberto Vendemmiati sya riscuotendo un grande successo.

La storia

Hebron si trova a 30 chilometri a sud di Gerusalemme ed è una delle più grandi città della Cisgiordania. Il suo mercato era famoso in tutto il Medio Oriente, una tappa importante per le carovane che da Damasco si dirigevano verso l’Egitto. Hebron è considerata una città santa, un luogo di pellegrinaggio per ebrei, cristiani e musulmani: qui è sepolto Abramo, il padre fondatore delle tre più importanti religioni monoteistiche.

Il 4 Aprile 1968, dopo la Guerra dei Sei Giorni e la schiacciante vittoria militare di Israele, il rabbino Moshe Levinger e un gruppo di 30 ebrei decisero di stabilirsi nella città per rivendicare quella che per loro è una parte importante della Terra Promessa. Fingendosi turisti svizzeri si registrarono al Park Hotel nella centro storico della città. Due giorrni dopo presero il controllo dell’albergo e rifiutarono di andarsene. Nel 1970 il Governo israeliano concesse al gruppo capeggiato dal rabbino Levinger di costruire al posto di una vecchia base militare abbandonata una nuova città. Il gruppo si trasferì allora a Kiryat Arba, nella periferia di Hebron. Nel 1979 Miriam Levinger, la moglie del rabbino Levinger, condusse un gruppo di 40 donne e bambini da Kiryat Arba di nuovo dentro il centro storico di Hebron per occupare il vecchio ospedale di Beit Hadassah che divenne la prima colonia israeliana nel cuore di una città palestinese. Oggi ad Hebron vivono 160.000 palestinesi, 600 coloni israeliani che abitano nel centro storico in quattro colonie composte da piccoli raggruppamenti di edifici e 2000 soldati. Nel 1994 Baruck Goldstein, un colono proveniente da Brooklyn, sparò e uccise 29 palestinesi mentre pregavano all’alba nella moschea di Abramo nel cuore della città vecchia. Temendo una rappresaglia palestinese, l’esercito israeliano adottò una politica di protezione dei coloni basata sul “principio di separazione”. Intere aree limitrofe alle colonie furono “sterilizzate”, cioè completamente interdette ai palestinesi. Al Shuhada Street e il mercato delle verdure, che erano i principali centri commerciali di Hebron, furono chiusi e centinaia di commercianti palestinesi furono sfrattati.

Quella che nasceva come una misura temporanea per evitare il conflitto divenne una soluzione permanente. Una tempo un luogo frenetico pieno di attività, oggi il centro storico sembra una città fantasma. Ad Hebron il conflitto ha preso la forma di una guerra tra vicini di casa dove l’obbiettivo è conquistare ogni giorno un metro in più di città, tenere il nemico sotto controllo o semplicemente resistere. Sputare, insultare, tirare pietre e calci, abusare degli altri sono attività della vita di tutti i giorni. Bambini, donne e militari partecipano a questa guerra quotidiana.
Hebron è una città dominata dall’odio e dalla violenza.

Sinossi
Hebron è un luogo conteso, dominato dall’odio e dalla violenza. Nel 1968, dopo la Guerra dei Sei Giorni e la schiacciante vittora militare di Israele, un gruppo di 30 coloni israeliani decise di trasfersi nella città per riprendere possesso di questa che considerano una parte importante della Terra Promessa.
Considerata una città santa da ebrei, cristiani e mussulmani perchè qui è sepolto Abramo, Hebron è l’unica città dei Territori Occupati ad avere una colonia israeliana nel cuore di una città palestinese.
600 coloni vivono protetti da 2000 soldati nel centro storico di una città di 160.000 palestinesi. Ad Hebron il conflitto ha preso la forma di una guerra tra vicini di casa dove l’obbiettivo è conquistare ogni
giorno un metro in più di città, tenere il nemico sotto controllo o semplicemente resistere. Sputi, calci, aggressioni, insulti fanno parte della vita quotidiana. Le donne, i bambini e l’esercito partecipano a questa guerra tra vicini.

Rompere il silenzio Giulia Amati è andata ad Hebron per insegnare un corso di “filmmaking” di tre mesi in un Media Center finanziato dall’Unione Europea. Quello che ha visto arrivata nella città era molto diverso da quello che si era immaginata.
Poco dopo il suo arrivo ha incontrato Yehuda Shaul, un ex soldato israeliano che ha fondato l’organizzazione “Breaking the Silence” con cui conduce delle visite guidate nel centro di Hebron. Grazie alla sua esperienza come soldato di base ad Hebron, Yehuda descrive a turisti, diplomatici e giornalisti le dinamiche della città sotto occupazione.
Dopo aver filmato le visite guidate di Yehuda e intervistato alcune famiglie palestinesi, Giulia si è resa conto che per capire veramente la situazione bisognava ascoltare il punto di vista dei coloni.
Stephen Natanson l’ha raggiunta per filmare e intervistare esponenti della colonia israeliana di Hebron.
Insieme hanno continuato le riprese del documentario.

Ulteriore materiale è stato donato da organizzazioni umanitarie internazionali e dall’archivio video di B’Tselem. B’Tselem è un’organizzazione per i diritti umani israeliana il cui archivio video è stato creato da Oren Yakobovich. Yakobovich ha inventato il progetto “shooting back” distribuendo piccole videocamere a famiglie palestinese in condizioni particolarmente esposte agli attacchi dei coloni e dell’esercito. Questa
campagna ha aiutato a portare all’attenzione pubblica alcuni dei casi più drammatici di ingiustizia degli ultimi anni.

Trailer

THIS IS MY LAND… HEBRON!

Montaggio Giulia Amati
Fotografia Stephen Natanson
Giulia Amati
Boris Sclauzero
Color Correction Gianluca Palma
Victor Perez
Visual Effects Victor Perez
Sound Design Matteo Di Simone
Sound Supervisor Piernicola Di Muro
Regia di Giulia Amati & Stephen Natanson

Per maggiori informazioni:
[email protected]
www.thisismylandhebron.com

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