Incendio all’Ilva di Taranto. I tarantini respirano polvere di ferro

ULTIMORA – Un trasformatore ha preso fuoco nel reparto Tubificio Erw dello stabilimento Ilva di Taranto, intorno alle 15 di oggi: un impianto nuovo,  andato in avaria proprio nella fase di avvio. Le fiamme, seguite da una esplosione,  si sono alzate dal bagno d’olio refrigerante.

Si e’ sprigionata una colonna di fumo nero alta alcune decine di metri e visibile anche a chilometri di distanza,  anche se non sono segnalati danni alle persone. Per spegnere le fiamme e mettere in sicurezza l’impianto, sono al lavoro i vigili del fuoco del distaccamento interno dello stabilimento e del comando provinciale di Taranto, coadiuvati anche ispettori del lavoro, dell’Arpa  e Carabinieri. Fonti aziendali confermano che il rogo e’ in fase di spegnimento. “Quanto oggi è accaduto a Taranto a causa della irresponsabilità delle istituzioni e delle autorità competenti che ci costringono a rischiare la vita, parla da sé”,  è il commento di Daniela Spera.


TARANTO – Una calamita  cattura la polvere di ferro su un balcone. Ce la mostra  a Taranto Alessandro Marescotti di “Peacelink”,  a tre chilometri dall’Ilva. Una maxiperizia che mette sotto accusa la più grande acciaieria d’Europa, e dove il Sindaco di Taranto, Ippazio Stefàno,  ha emesso un’ordinanza il 25 febbraio che sta facendo parlare tutti. Cinque, i punti chiave, ci spiega Daniela Spera di “Legamjonici”: che l’Ilva installi sul camino E312 un sistema di campionamento di lungo periodo, ma senza specificare a partire da quando; di adottare idonee ed efficienti modalità di contenimento del sistema di scarico delle polveri,  abbattute dagli elettrofiltri Esp e Meep,  del camino E312, ma senza indicare neanche qui la data; l’avvio delle attività finalizzate alla realizzazione, nel più breve tempo possibile, di adeguamento del sistema di abbattimento delle polveri relativo alle acciaierie,  con l’obbligo di comunicare il cronoprogramma entro 15 giorni e di aggiornare l’ente sullo stato di realizzazione.

Per l’area delle batterie il sindaco  chiede il completamento delle procedure operative e gestionali finalizzate ad evitare o minimizzare le emissioni fuggitive. Infine, sino all’adozione dei provvedimenti previsti dall’Aia, Stefàno chiede all’Ilva di limitare la produzione effettiva a non oltre 10 milioni di tonnellate annue. Si prescrivono sessanta giorni di tempo per proporre ricorso al Tar di Lecce, qualora decidesse di non ottemperare, entro trenta giorni, alle richieste avanzate.  
A tempo debito, non sono state inserite tutte le prescrizioni  previste negli articoli 216-217, del regio decreto 27 luglio 1934, numero 1265, al Tribunale dell’ AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), perché non accadesse che dall’Ilva polveri e fumi nocivi si spandessero per la città: si tratta solo di una fotocopia della prima ordinanza. L’Ilva potrebbe impugnarla al TAR.
“ Se il sindaco ci teneva realmente alla salute pubblica, poteva chiedere il fermo dell’azienda, ne aveva facoltà” conclude Daniela Spera. 
E non l’ha fatto.

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