Caso Sarah Scazzi. Omicidio passionale nella villetta degli orrori

Sabrina resta in carcere: “Il padre Michele è attendibile”

TARANTO –  L’omicidio di Sarah Scazzi si sta rivelando una vicenda sempre più inquietante. Ora anche Sabrina Misseri, la cugina 22enne della povera vittima di appena 15 anni, resterà in carcere con l’accusa di concorso in omicidio volontario e sequestro di persona. Così ha stabilito quest’oggi il gip del tribunale di Taranto Martino Rosati che ha accolto la richiesta di misura cautelare avanzata dal procuratore aggiunto Pietro Argentino e dal sostituto Mariano Buccoliero. Nelle 20 pagine del provvedimento cautelare emergono principalmente due ragioni per cui Sabrina dovrà rimanere come il padre in isolamento. La prima è il timore di inquinamento delle prove, mentre la seconda, ancor più grave, si basa sul fatto che le accuse mosse da Michele Misseri nei confronti della figlia minore siano ritenuti attendibili dagli inquirenti. Ma c’è di più, perchè secondo l’impianto accusatorio anche la madre Cosima, che la momento non è indagata,  avrebbe saputo del delitto che si consumò presumibilmente nel garage o forse in una stanza della villetta di via Deledda, e ora starebbe coprendo i familiari. Una vicenda davvero sconvolgente perchè se le ipotesi formulate fossero inequivocabilmente provate ci troveremmo di fronte ad un caso davvero incredibile, partorito da due menti complici che hanno agito in una sequenza diabolica, degna di un film horror. Il movente del delitto, sempre secondo l’accusa, sarebbe quello passionale, visto che entrambe le cugine erano amiche di Ivano Russo, un giovane di Avetrana di cui evidentemente Sabrina si era invaghita. E proprio questo particolare avrebbe innescato l’efferato omicidio per togliere di mezzo la cugina Sarah, più giovane e graziosa, la quale avrebbe ricevuto una certa attenzione dal giovane Ivano.
Nel frattempo i legali che assistono Sabrina parteciperanno lunedì prossimo alle operazioni peritali presso il Ris di Roma, dove sono in corso gli accertamenti sul cellulare di Sarah e sulla vettura di Michele Misseri, la Fiat Marbella dove  il corpo senza vita della nipote fu caricato prima di essere gettato in un pozzo nelle campagne limitrofe.

Tuttavia la cosa che fa più riflettere, sempre ammesso che Sabrina abbia avuto un ruolo chiave nell’omicidio, è proprio il suo comportamento  che ha tenuto per settimane davanti alle telecamere senza far trapelare nessun sospetto. Durante la trasmissione di Chi l’ha visto, appariva preoccupata per la sorte della cugina, che forse lei stessa aveva tenuto stretta per le esili braccia mentre il padre la soffocava con una corda. Piangeva, aveva partecipato alla fiaccolata del paese con tanto di striscione che recitava “Sarah torna a casa”. Un caso agghiacciante che non ha bisogno di essere commentato, ma che tuttavia è diventato il principale argomento nazionale  a cui tutti i media si interessano, spesso invadendo anche il rispetto per la privacy che in taluni frangenti dovrebbe essere in parte osservata. E’ indubbio che le continue evoluzioni di questo delitto complesso che coinvolge una famiglia, da sempre ritenuta per bene in paese, lasci lo spazio ad una profonda riflessione sulla società in cui viviamo. E c’è già chi azzarda similitudini tra questo omicidio  e quello di Cogne, quando la mente dell’assassino cancella il trauma di un delitto di cui è responsabile.

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