Una terra per due popoli. Nel baratro, il libro di Michele Giorgio

LECCE – Michele Giorgio ha presentato il suo ultimo libro, “Nel baratro” (I Palestinesi, l’occupazione israeliana, il Muro, il sequestro Arrigoni) – Edizioni “Alegre”, in un incontro in programma a Lecce presso la libreria Ergot: punto di partenza per riflessioni e domande sulla situazione palestinese,  anche dopo il riconoscimento come “Stato osservatore” delle Nazioni Unite.

Ha introdotto e moderato da Cinzia Nachira, della redazione di Jura Gentium (Centro di filosofia del diritto internazionale e della politica globale). Originario di Caserta, dove è nato nel 1961, Michele Giorgio è corrispondente dal Medio Oriente del quotidiano Il Manifesto e collabora con altre testate giornalistiche. Da due anni amministra il sito d’informazione Near East News Agency (Nena News).”Nel baratro” racconta il silenzio intorno ad un popolo costretto a vivere da decenni sotto occupazione e come una  selezione delle cronache, interviste, analisi e reportage, restituisca un’unica storia, che va dal 2000 al 2012. Pur seguendo un criterio cronologico, il testo riesce a cogliere prospettive analitiche, in merito allo scontro israelo-palestinese, ma ancor più politico, economico e sociale. Viene conferita a una realtà percepita spesso come molto lontana, una connotazione dì quotidianità e concretezza e si  che chiarisce come si è caduti  nel baratro: a causa delle politiche di occupazione e nel disinteresse della comunità internazionale, ma anche a causa di loro stessi. Ci sono attori regionali che  utilizzano e sfruttano la causa palestinese. Gli interventi, negli anni,  non sempre hanno aiutato, quando non hanno addirittura ostacolato il processo di pacificazione. La scelta della violenza, o la divisione interna, Cisgiordania/Gaza. Michele Giorgio trova estremamente positiva la lotta popolare e pacifica rilanciata in questi anni, la “resistenza popolare dei palestinesi”, perché  riesce a coinvolgere tante persone all’estero, e di come sia calato il silenzio sui campi profughi.
Ma questa è un’altra storia.

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