Venezia 70. “Die andere heimat”: quattr’ore di film e quatt’ore d’applausi

VENEZIA (nostro inviato) –  Gli spettatori della mostra di Venezia sono, in gran parte, professionisti, appassionati, cultori della settima arte, dunque la loro reazione non può essere presa come metro di paragone per il grande pubblico.

Se si aggiunge che il clima di un festival è sempre permeato di eccezionale coinvolgimento, non sappiamo, su larga scala, quale fortuna avrà l’opera fuori concorso di Edgar Reitz  Die Andere Heimat (L’altra patria), in bianco e nero, della durata di tre ore e cinquanta minuti. Resta il fatto che gli spettatori della Sala Perla, gremita come non mai, hanno reso tributo al regista con un applauso interminabile, che ha spinto Reitz e gli attori ad abbracciarsi commossi l’un l’altro. Un applauso difficile da strappare per la durata,appunto, ma nessuno o quasi ha abbandonato la sala – come a volte accade per film molto più brevi – a dimostrazione che la pesantezza non è commensurabile alla quantità dei minuti..

Il film racconta della famiglia Simon, che nell’anno 1840 vive in Prussia, tirando avanti con il lavoro del fabbro. Uno dei figli, Jakob, non è incline alle occupazioni manuali e ama lo studio. Jakob sogna il Brasile, all’epoca meta di molti emigranti ed è innamorato di Henriette, giovane contadina, che ammira il suo talento. Una catena di eventi imprevedibili saranno però causa di un incontro passionale tra  Henriette e il fratello di Jakob, sicché lei non sposerà Jackob ma suo fratello, innescando tra i due una rivalità profonda. Il racconto è costellato di piccoli drammi e insieme  di  tensione verso il miglioramento della propria vita. Vale a dire “l’altra patria” ( Heimat in tedesco significa luogo natio e materno) non è solo quella in cui si viene al mondo, ma anche quella cui profondamente si aspira per innalzare la nostra condizione.

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