Tracy Chapman, 50 anni di passione

La cantautrice afroamericana famosa per il suo impegno per i diritti civili dei neri 

 

“Hai un’auto veloce 

voglio un biglietto,

per qualsiasi destinazione
forse possiamo metterci d’accordo,

forse assieme possiamo andare da qualche parte
qualsiasi posto va bene
iniziando da zero non abbiamo nulla da perdere
forse riusciremo a fare qualcosa
ma io non ho niente da dimostrare”

(Dal brano “Fast Car”)

 

MILANO – La sua voce potente ed evocativa, i suoi accordi acustici semplici e penetranti, i suoi testi intensi e profondi ricordano che la strada per i neri americani spesso è ancora in salita dopo secoli di tragedie, sofferenze e angoscie. 

Queste in estrema sintesi il marchio di fabbrica di una delle più significative cantautrici afroamericane degli ultimi 25 anni. Nelle sue canzoni si “respira” l’epopea dei libri di Steinbeck e di Toni Morrison, ovvero le realtà dei poveri e delle ingiustizie perpetrate nei confronti dei neri.

Tracy Chapman è arrivata ad un importante traguardo umano e artistico della sua vita.

Spegnerà 50 candeline il 20 marzo, Tracy Chapman, la 

cantante, musicista, autrice e compositrice statunitense riconosciuta dal pubblico e dalla critica come una delle più intense e raffinate cantautrici afroamericane viventi, grazie soprattutto alla sua vacalità profonda e modulata. 

Nata il 20 marzo 1964 in un quartiere operaio di Cleveland, grazie ai buoni risultati ottenuti a scuola ottiene una borsa di studio per l’università, dove studia antropologia e cultura africana. Intanto, comincia a cantare nelle strade, poi nei locali, e a registrare demo. Studia antropologia e cultura afroamericana alla Tufts University di Medford (Massachusetts), anche grazie ad alcune borse di studio riservate agli studenti neri meno abbienti, e viene subito notata da un suo compagno di studi, Brian Koppelman, figlio del produttore Charles Koppelman, che le permette di pubblicare il suo primo disco nel 1988, intitolato semplicemente “Tracy Chapman”. Non passa molto tempo prima che la critica e il mondo musicale si accorgano del suo talento: il primo album fonde appieno i ritmi afro, folk e rock miscelati con testi molto toccanti e storie di povertà e marginalità delle periferie americane. Con oltre 10 milioni di copie vendute solo in America l’album diventa uno dei dischi di debutto di maggiore successo della storia della musica. Con la sua voce pacata anche nelle canzoni più sofferte, le sue melodie semplici e i suoi testi spesso caratterizzati da commenti sociali, la Chapman viene immediatamente riconosciuta come la prima cantautrice della nuova generazione, una erede di Dylan dopo gli edonistici anni ’80 di Madonna e dei Duran Duran. Viene definita da chi l’ha conosciuta una persona piuttosto chiusa, introversa, a volte burbera, incapace di adattarsi alle regole della musica commerciale di massa. Questo atteggiamento e le grandi aspettative rispetto all’album d’esordio hanno probabilmente smorzato le vendite dei suoi successivi lavori nella grande distribuzione musicale, ma non le hanno impedito di avere comunque una certa schiera di appassionati e critici musicali che la definiscono una delle migliori cantautrici afroamericane in circolazione. Così, il suo secondo disco, “Crossroads” del 1989 ottiene un’accoglienza piuttosto tiepida. Restìa, appunto, a concedersi ai media, si allontana dalla scena che conta e per molti anni viene considerata “bruciata” per l’impossibilità di realizzare qualcosa di paragonabile al successo del disco di debutto. Solo nel 1996 riesce a riguadagnare grande attenzione e plauso con l’album “New beginning”. L’album successivo, “Telling stories” del 2000 ha sonorità più rock e la riporta nelle hit parade. Segue, nel 2002, “Let it rain”, che viene coprodotto da un nome di culto del rock indipendente come John Parish. Da lì in avanti la carriera della Chapman trova una sua regolarità e credibilità anche nel giudizio della critica e un suo seguito costante, anche se più adulto e meno di massa degli esordi. Nel 2005 pubblica infatti un nuovo album”Where you live” e poi ancora nel 2008 “Our bright future”, entrambi seguiti da un tour mondiale. Nella sua carriera ormai ultraventicinquennale, la Chapman ha preso parte a diverse iniziative benefiche come il famoso tour “Human Rights Now!”, organizzato da Amnesty International, ma anche al concerto in onore del settantesimo compleanno di Nelson Mandela e al concerto-tributo a Bob Marley nel 2000. 

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