Intervista a Silvia Tancredi, che canta “The cage” nel film “Cam girl”. Video

ROMA – Silvia Tancredi è una cantante che spesso sentiamo in radio con il brano “The cage”, scelto come colonna sonora del film diretto da Mirca Viola, “Cam Girl”,  il cui cast annovera Antonia Liskova, Maria Grazia Cucinotta, Enrico Silvestrin e Marco Cocci. La carriera di Silvia Tancredi inizia come vocalist e la sua formazione si arricchisce con influenze r’n b, soul, del mondo del gospel.   

Quando hai deciso che la musica sarebbe stata la tua strada?

ST. Porto con me la passione per il canto fin da quando ero bambina. È stato quando andavo alle superiori che ho capito che il mio desiderio era quello di continuare gli studi in questa direzione. Così è iniziata la ricerca, che continua ancora oggi, verso le emozioni forti che la musica ogni giorno mi regala. Ho avuto la fortuna di poter fare una lunga gavetta e, davanti alla fatica, mi sono spesso domandata se fosse la strada giusta, ma c’è una voce dentro di me che ancora oggi mi dice che questa è la via.

Quali sono state le tue influenze musicali?

ST. Il mio background affonda le radici nella musica gospel. A partire dai primi amori musicali come A. Franklin e Ray Charles, la curiosità verso la black music mi ha portata ad approfondire sempre di più la mia conoscenza in questa direzione, fino ad arrivare ad abbracciare le più grandi voci che hanno fatto la storia della musica moderna come W. Houston, Steve Wonder e M. Jackson. Devo dire che proprio la ricerca della vocalità potente unita alla più profonda spiritualità sono stati i leitmotive che mi hanno fatta innamorare del gospel, genere che sono certa non potrò mai lasciare.

Com’è fare la vocalist In italia? Come hai iniziato con il gospel?

ST. La prima volta che ho avuto modo di fondare un coro gospel è stato quasi per gioco. Sull’onda dell’uscita del film Sister Act andammo alla ricerca di quel tipo di musica che ci aveva incuriositi da morire. All’epoca, ero molto giovane, e non essendo ancora arrivata la diffusione così capillare di internet, ricordo che andammo in un negozio di dischi a fare razzia di cd e spartiti per poter iniziare a studiare questa musica. Poi la passione mi ha guidata e mi ha spinta a specializzarmi sempre di più in questo settore fino alla fortuna di poter lavorare con “loro, i cantanti quelli veri”, gli americani. Devo dire che forse uno dei momenti per me più emozionanti è stato cantare al Festival del Gospel alla Southern Baptist Church di Harlem (NYC): ero l’unica artista italiana, e bianca, in mezzo ad una platea di cantanti di colore; comunicare con a loro attraverso la loro musica mi ha resa davvero orgogliosa.

Qual è la situazione italiana secondo te, oggi, a livello musicale?

ST. Penso che credere fortemente nei propri sogni sia una delle poche strade per poter rimanere a galla in questo momento così nero e buio. La crisi economica e, soprattutto, quella culturale ci vieta tutti i giorni di poter guardare lontano, approfittando delle nostre incertezze e delle nostre paure. Io penso invece che proprio perché la quotidianità ci impone questa negatività valga la pena pensare sempre positivo e cercare di vedere il meglio in ogni cosa, anche la più piccola. Si vive una volta sola, forse varrebbe la pena cercare di strappare ciò che di bello questa vita ci regala, respirando a pieno ogni momento.

Dalla tua tesi di laurea specialistica è stato tratto un saggio sulla “Voce i talent show”. Qual è la posizione espressa in questo saggio?

ST Il saggio è una ricerca di taglio antropologico-musicale. Attraverso le interviste fatte ai concorrenti, ai giudici e al pubblico ho cercato di riportare un quadro completo delle ragioni per cui il talent show oggi abbia così spazio. Fondamentalmente noi italiani siamo un popolo di sognatori ed è proprio sulla speranza di realizzare il sogno della propria vita che questo tipo di format fa leva. Ogni telespettatore in qualche modo si identifica e vive, seduto in poltrona, l’emozione che nasce in studio, esprimendo un giudizio che il televoto legittima, pur non avendo particolari specifiche a riguardo. La domanda a cui invece vorrei che si desse risposta è se davvero questo tipo di meccanismi giovino alla musica e ai giovani.

Come nasce “The cage”  e l’esperienza di  Cam Girl?

ST “The cage” è il primo singolo estratto dal mio nuovo album. È una canzone che ho scritto prima di incontrare Mirca Viola, lavorando insieme a Gigi Rivetti, per quanto riguarda la parte musicale, e a Fabrizio Consoli, per quanto invece concerne il testo. Penso che Mirca abbia scelto questo brano per il suo film proprio per l’idea della gabbia dorata a cui faccio riferimento nella canzone. L’illusione di poter spiccare il volo e l’amara delusione che arriva quando ci si rende conto di essere in trappola sono in comune con l’esperienza che faranno le quattro protagoniste di “Cam Girl”. Il miraggio di facili guadagni ci porta spesso a rincorrere falsi miti ma solo quando si ha il coraggio di liberarsi dalle proprie prigioni si può spiccare il volo.

In quali progetti sarai impegnata prossimamente?

ST. Il nuovo disco è pronto e presto ci saranno novità a riguardo. Nel frattempo sono impegnata con la promozione di “The Cage” ed il remix del singolo fatto da Jeffrey Jey, voce degli Eiffel 65. Inoltre, piccola anticipazione,  il videoclip di “The cage” è stato scelto come opera fuori concorso all’ International Tolfa Short Film Fest che si svolgerà in giugno.

 

Silvia Tancredi – The cage

 

 

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