Venezia 73. “Frantz”, dai molteplici messaggi subliminali

In una cittadina tedesca, la giovane Anna si reca tutti i giorni sulla tomba del suo amato Frantz, morto in Francia durante una battaglia.

Un giorno incontra Adrien, un ragazzo francese arrivato in Germania per portare i suoi omaggi al soldato defunto. Adrien, nonostante la differente nazionalità, dice di essere stato un grande amico di Frantz e viene calorosamente accolto dalla famiglia del ragazzo caduto al fronte. La presenza di un francese nella cittadina tedesca, però, inizierà presto a suscitare reazioni sempre più estreme.

Questa la breve sinossi di Frantz di François Ozon. La raffinata opera di Ozon, girata in bianco nero, tranne alcune brevissime scene a colori, viaggia su più livelli, a partire dal primo, la menzogna, che ha desiderato esplorare Murice Rostand, autore dello spettacolo teatrale scritto subito dopo la Seconda Guerra Mondiale. Stesso tema ripreso da Lubitsch nel 1931 nel film “Broken lullaby” fedelissimo all’opera teatrale. Ozon ha voluto da una parte spostare il punto di vista, da quello del protagonista maschile a quello della protagonista, e poi ha ampliato le tematiche, non solo affrontando la menzogna ma anche l’abbandono e la colpa.  La menzogna può fare male, ma anche bene. Non sempre la verità determina effetti costruttivi. Talvolta, ci sussurra il regista è meglio tacere se non mentire spudoratamente se questo permette di alleviare il dolore, di rendere la vita sopportabile.  

Le altre due tematiche, la colpa e l’abbandono, ricadono in modo completamente diverso sui due protagonisti. La colpa è portata sulle spalle da Adrien (interpretato da Pierre Niney) incapace di elaborare una giustificazione morale al suo atto (non vi dirò quale per non bruciarvi il film) malgrado il supporto non solo di tutta la famiglia, ma anche di tutte le persone che incrocia in questo cammino di espiazione. Colpa che gli impedisce di amare, vedendo nell’oggetto del suo amore l’ombra dell’atto che lo tormenta. 

Il tema dell’abbandono, invece, ricade sulla protagonista femminile, Anna (Paula Beer) prima abbandonata da Frantz morto in guerra lasciando una vedova, e poi abbandonata dall’uomo di cui s’innamora dopo aver rimosso con grande difficoltà la presenza del promesso sposo dal suo cuore. Un abbandono che però non determina gli effetti logici, e che opera sulla protagonista in modo anomalo determinando un’evoluzione emotiva davvero imponente che ci porta direttamente all’enigmatica scena finale. Sebbene il film abbia una coerenza narrativa salda, uno sviluppo dei personaggi naturale e dettagliato in ogni più piccola sfumatura, quest’ultima scena lascia alcuni dubbi. È certamente un finale felice, un inno alla vita, all’amore verso se stessi capace di superare qualsiasi tragico evento tuttavia sembra che in fase di montaggio qualcuno si sia dimenticato qualche scena, quella che renderebbe logica e coerente quest’ulteriore crescita di Anna.

Ma a parte quest’annotazione il film è certamente un’opera da vedere, capace di far riflettere su tematiche fondanti nella vita di ognuno permettendo però anche una visione più leggera. Una visione incentrata sulla storia d’amore dei protagonisti, mai scontata, in grado di coinvolgere anche senza riflettere. Riuscire a realizzare un’opera che offra diverse letture pur mantenendo un impianto narrativo solido, è qualcosa di unico nel panorama cinematografico. Ozon si è messo in gioco e ci ha stupito.  

Regia – François Ozon

 

Attori – Pierre Niney, Paula Beer, Ernst Stötzner, Marie Gruber

 

Genere Drammatico

 

Sceneggiatura – Philippe Piazzo, François Ozon

 

Fotografia – Pascal Marti

 

Montaggio – Laure Gardette

 

Musiche – Philippe Rombi

 

Produzione – Mandarin prod.

 

Distribuzione – Academy two

 

Nazione – Francia

 

Anno – 2016

 

Durata – 113 minuti

 

Data uscita  – 22-09-2016

Frantz – Clip: Non sento più le note

 

 

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