Mario Vargas Llosa: Tra Sartre e Camus, ideologia e verità

ROMA – Due divinità della cultura francese si incontrano e si scontrano nelle pagine di un libro passato inosservato dalla cultura italiana:  Tra Sartre e Camus, di Mario Vargas Llosa, premio Nobel per la letteratura 2010, edito, nel maggio 2010, da Libri Scheiwiller.

Questo libro, che raccoglie gli articoli scritti dello scrittore peruviano, su Sartre e Camus, dal 1962 al 1981, è un viaggio nel pensiero dell’autore e della sua trasformazione da un’identità fondata su un’ideologia astratta ad una presa di coscienza di un verità/realtà più profonda e sfaccettata. Trasformazione possibile solo a chi non ha perduto quell’onestà intellettuale che aiuta ad uscire dalle sabbie mobili ideologiche che creano credenze paralizzanti. Da questa opera emergono immagini ed ombre dei due intellettuali francesi, prima “creduti ideologicamente” e poi pensati da un intellettuale che ha saputo guardare al di là delle apparenze.
Vargas Llosa, in questo velato autodafé giornalistico, permette alla nemesis storica di riprendersi una revanche sulle verità letterarie ed umane dei due premi Nobel: Camus nel 1957 e Sartre nel 1964.

L’autore, in un articolo del ‘62, attacca ideologicamente Camus, morto due anni prima, arrivando a scrivere che egli nella situazione algerina: «optò per il silenzio e per le dichiarazioni ambigue» ed assimilandolo addirittura al Celine antisemita. Affermazioni assolutamente false. Camus, essendo un pies noire algerino, conosceva bene la situazione del paese nordafricano. La cultura francese, che ha ancora molto da farsi perdonare da Camus, non ha mai capito la sua frase che fece scandalo negli intellettuali dalla Rive Gauche: : «In questo momento ad Algeri si gettano bombe sui bus. Mia madre potrebbe trovarsi su uno di questi. Se questa è la giustizia, io preferisco mia madre».
Camus, che si era schierato sempre schierato dalla parte di coloro che egli riteneva suoi compatrioti, durante la guerra d’Algeria rifiuta il terrorismo e non giustifica l’assassinio di civili innocenti compiuti dai resistenti/terroristi dell’FLM, anche se questo lo rendeva inviso alla sinistra manichea francese guidata da Sartre il quale, con comode forzature ideologiche e senza dare peso e senso alla vita umana, plaudiva alle bombe dei terroristi.
L’allora trent’enne Vargas Lllosa  attacca addirittura quel capolavoro di umanità che sono le Lettere ad un amico tedesco tacciandolo di superficialità. Forse si devono comprendere, i motivi ideologici che annebbiavano il “sentire” di Vargas Llosa: la situazione in quegli anni in America latina era disperata e, in quel contesto, essere comunista era, forse, l’unico modo di essere.

Ma poi, avec les temps, il pensiero di Vargas Llosa si trasforma; un bel mattino di primavera del “64, su Le monde incontra una frase di Sartre e si rompe quell’incantesimo che lo aveva tenuto avvinto al suo maitre a pansè: «Che significa la letteratura in un mondo che ha fame?» Lì, dice l’autore, qualcosa si ruppe, perché vide l’ottusità di Sartre il quale, nella sua percezione razionalistica dell’essere umano, vedeva solo il soddisfacimento dei bisogni e non la realizzazione delle sue esigenze. Il rifiuto di Vargas Llosa fu immediato perché egli sapeva che la letteratura ha il potere di trasformare il pensiero degli esseri umani. Questo fu sempre il motivo per il quale tutti i regimi autoritari arsero i libri di Giordano Bruno, di Galileo, di Kafka e di altri “sovversivi del pensiero”. E se è vero che si deve assolutamente soddisfare i bisogni più elementari nel genere umano, è anche assolutamente vero che, parallelamente, non si devono annullare le esigenze umane. A questo convincimento etico Vargas Lllosa non verrà mai meno, e su questo tema, nel ‘87, scriverà un bellissimo libro El ablador.

Vargas Llosa, Da quel giorno, toltosi il velo della credenza ideologica dagli occhi, egli rivaluta, positivamente, Camus, e pone dubbi sulla validità letteraria ed umana di Sartre mettendo in luce anche il suo opportunismo durante l’occupazione francese da parte dei nazisti; egli cita Malraux: «Mentre io mi battevo contro i nazisti, Sartre faceva rappresentare le sue opere a Parigi, approvate dalla censura tedesca».
Negli anni settanta, Camus, diviene per Vargas Llosa, la voce del «coraggio e della libertà, della bellezza e del piacere»; diviene quella “voce” che egli per tanti anni aveva messo a tacere in nome di un’ideologia che non ha mai saputo vedere che, oltre il soddisfacimento dei bisogni, vi è la possibilità di realizzare una vita che non esclude la fantasia e il sogno.

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