Fotografia. Grande retrospettiva su Edward Weston

MODENA – Grande retrospettiva a Modena del fotografo americano Eduard Weston che nell’ex ospedale di Sant’Agostino lo celebra con 105 istantanee in bianco/nero, ricordando il suo messaggio artistico contenuto nell’importante produzione: la fotografia come mezzo che permette di indivuare la quintessenza delle cose, che si tratti di «un lucido acciaio o di carni palpitanti».

Le forme dei corpi e degli oggetti fotografati finiscono così per diventare altro, soprattutto se si guarda come nella sua espressione artistica, alle foglie di un cavolo, al corpo di una donna, alle dune del deserto. la fotografia come mezzo per reinterpretare le cose, per coglierne l’essenza. la sua corrente artistica si è alimentata anche dalla  conoscenza a New York del gruppo di Stieglitz, e poi in Messico dell’incontro con Tina Modotti, assistente, musa e amante, fotografa lei stessa di grande genialità.

Le donne infatti hanno sempre avuto un ruolo fondamentale nella sua vita e la sua professione si è arricchita spesso nel corso degli anni attraverso la frequentazione di donne bellissime e in parte ispiratrici della sua arte. Weston, era convinto che «registrare la forma fisica delle cose in modo oggettivo non preclude l’originalità né lasoggettività del fotografo». Si trattava di reinterpretare l’oggetto fotografato, di svelarne ‘l’anima’  in un certo senso, e questo funzionava nella sua arte non solo con le persone, ma anche con le cose, lo dimostrano proprio le 105 immagini selezionate da Filippo Maggia, nell’ex ospedale di Sant’Agostino, nell’esposizione messa a punto per la fondazione fotografia.

Cactus, gran canyon, peperoni, cipressi, nuvole, donne nude lo ‘svelamento’ del soggetto fotografato è la misssion del fotografo che deve avere già nella testa la sua immagine, quella che poi realizzerà con il click. Così la fotografia non collabora con il sociale, non descrive le grandi migrazioni del novecento o la povertà ma si avvicina sempre di più all’arte. Weston collabora con il governo per una campagna dedicata alle architetture di Monterey nel nuovo Messico.  E’ stato il primo fotografo a ricevere una borsa di studio sperimentare la sua arte dalla Fondazione Guggenheim. Scattò per quel progetto oltre 1500 negativi. Si ritirò a stamparli a Carmel, in una casa in riva al mare che sarebbe poi divenuta il suo ultimo rifugio.

Condividi sui social

Articoli correlati